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Di solito diffido dei saggi su musicisti stranieri scritti da italiani. Troppe cose che sfuggono, troppo milieu culturale che manca, dettagli rivelatori, riferimenti a fatti, personaggi, canzoni che semplicemente, vivendo qui, alla straperiferia dell’Impero (un Impero che ammiriamo e di cui vorremmo disperatamente fare parte a pieno titolo), neppure sospettiamo. Sono convinto che scrivere di musica straniera, al di là di una semplice recensione di un disco in uscita, sia da parte di un italiano un atto di presunzione buono tutt’al più come introduzione generica e generalista al mondo dell’artista “x”. Ma ogni tanto capitano delle eccezioni: il libro di Daniele Cianfriglia è una di queste. Il suo studio sull’ultima popstar Morrissey, uno di quei personaggi e artisti che in Italia semplicemente ce li sogniamo, e dei suoi tre amici/nemici Johnny Marr (sempre sia lodato), Andy Rourke e Mike Joyce, sfugge alle consuete categorie del banale, del raffazzonato e del deludente. Innanzitutto per la mole di materiale su cui l’opera di Cianfriglia si basa: in libreria date un occhio alle ultime pagine, quelle delle note (spesso interessanti e assolutamente da leggere, tra l’altro) e vi accorgerete che il buon Daniele non s’è basato solo sui dischi e due o tre libretti. No, no: s’è andato a recuperare una discreta messe di interviste rilasciate negli anni alla stampa inglese e americana. Da qui l’impostazione dello studio di Cianfriglia, che si pone realisticamente a metà strada tra il saggio e la biografia. Ci accompagna lungo la vita di Moz, ci illumina sui suoi riferimenti culturali, per lo più totalmente sconosciuti in Italia, data la loro profonda “inglesità” (e come poteva essere diversamente?), attraverso l’esame delle sue dichiarazioni. Cianfriglia si addentra anche in accenni di analisi musicale dei brani, che magari non risulteranno facilissime per i non musicisti, ma sono comunque un ottimo punto a suo favore: le canzoni, alla fine, sono fatte anche di musica, e il significato non lo costruiscono solo sul testo e sulla sua interpretazione. Altrimenti invece che ai concerti andremmo tutti a letture pubbliche di poesia. Se non è così, ci sarà un perché. In definitiva, davvero un buon libro che vale la pena di leggere. D’altro canto, essere appassionati di pop nel 2008 e non sapere cosa sono stati gli Smiths e come hanno cambiato questa musica per sempre non è concepibile. Non a caso, in Inghilterra, gli Smiths godono di una considerazione pari a quella di Beatles, Rolling Stones e David Bowie. Il libro di Cianfriglia ci aiuta anche a capirne il perché. Chapeau.
Articolo del
16/11/2008 -
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