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Quando ho letto il sottotitolo di questo volume, “Vita, musica ed eventi nella provincia italiana degli anni ’80”, non mi pareva vero. Finalmente qualcuno che parla della provincia non solo come un serbatoio di sfiga, ma anche come una risorsa culturale. Uno che non era proprio un pirla qualsiasi, Lester Bangs, lo diceva sempre. E i fatti gli han dato ragione: come immaginare il rock Usa senza Saint Paul, Minnesota, Hoboken, New Jersey, Athens, Georgia? Per la cronaca, le patrie di Husker Du, Yo La Tengo, My Chemical Romance, Rem e B52’s. Mica ceci. Pensando all’Italia, bastano tre nomi: i Cccp/Csi/Pgr di Reggio Emilia, i Tre Allegri Ragazzi Morti di Pordenone, i Baustelle di Montepulciano. Perciò, mi sono catapultato a richiedere il volume in oggetto. Parziale delusione, però. Innanzitutto non si parla di tutta la provincia italiana, ma solo di Taranto. E vabbé. Mi sono detto: chi sono io per avercela con Taranto? E poi a Taranto ci fu un’interessante scena new wave, negli anni ’80, che produsse un disco collettivo assieme al Great Complotto di Pordenone (l’esperienza da cui più tardi nacquero proprio i Tarm). Seconda delusione. Alla scena tarantina sono dedicate 29 pagine su 224. Mah. Nonostante tutto, il libro è realmente interessante, perché tratta della piccola grande vicenda che portò un gruppo di liceali tarantini a organizzare nella propria città, tradizionalmente tagliata fuori da tutte le tournée, i concerti di Bauhaus, New Order, Simple Minds, Ultravox, The Cult, The Sound, Siouxsie & the Banshees, The Style Council, tra 1982 e 1987. Come dire il meglio della new wave inglese. C’è da levarsi il cappello. L’acquisto del libro vale la pena già solo per le bellissime foto inedite degli artisti in questione. Per i fans dei New Order, italiani e stranieri, uno stramotivo in più: la rivelazione del vero nome di Bernard Sumner, sbirciato sulla carta d’identità al momento della registrazione in albergo. Ovviamente non vi dico qual è. Altro spunto interessante del libro è l’analisi, sostanzialmente condivisibile, dei motivi per cui la provincia italiana, per lo più sonnecchiante nel corso degli anni 70, negli anni 80 aderì anima e corpo alla new wave, regalandole un seguito di massa e un’attività in proprio (come musicisti). Degna di attenzione anche l’intervista a David Richards dei Mountain Studios di Montreux, co-produttore di David Bowie e Queen. Irritano invece alcune cose. Il racconto in terza persona dei fatti, quando sono due dei protagonisti principali a narrarci la vicenda: il tono di falsa oggettività che ne deriva è fastidioso (ragazzi, è per i vostri ricordi che stiamo leggendo il libro). Alcune clamorose inesattezze su dischi e gruppi new wave e non solo (una su tutte: i Residents non nascono negli anni 80, ma nel 1969, anche se il loro primo album è del 1974). Una certa superficialità in alcune occasioni (il promoter di stanza a Bologna che in alcune occasioni è il contatto dei Nostri è definito “un certo Mauro Artico”: è uno dei più grossi tour manager new wave degli anni 80, ancora in ben avviata attività). E il tono nostalgico, per cui dopo gli anni 80 non sarebbe successo più nulla di buono e artisticamente rilevante. Non è così, lo sappiamo tutti, e lo dice uno che aveva vent’anni vent’anni fa, appunto. In sostanza, fatta la tara di pregi, difetti e degli euro da sborsare in tempi di crisi, direi che il libro è consigliabile solo agli studiosi, ai superappassionati e, ovviamente, ai tarantini. Ma quel sottotitolo ingannatore proprio non mi va giù.
Articolo del
19/11/2008 -
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