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Quaranta anni fa cambiava il mondo. L’avete già letta l’anno scorso questa frase? Può essere. Fatto sta che è più appropriata al 1969 che al suo fratellino più famoso, il mitizzato 1968. Tra le decine di libri tributo all’anno della contestazione giovanile e della Primavera di Praga, il migliore forse era stato quello che ne ricostruiva la colonna sonora, a cura del dinamico duo Franco Zanetti e Riccardo Bertoncelli, “Avant Pop ’68”: dunque, perché non riprovarci?
Stavolta il padrone di casa è Bertoncelli, curatore della collana “Bizarre” (e del libro stesso) in cui esce questo “1969. Da Woodstock ad Abbey Road” per i tipi di Giunti. È un libro a più mani, ma sono sempre Bertoncelli e Zanetti a far la parte del leoni. Zanetti compone con straordinaria perizia 68 pagine dedicate al calvario dei Beatles in quell’anno fatale, che li vede partire dal progetto “Get Back”, che prevedeva un ritorno live e sfociò in acri dissapori e nella registrazione di quello che sarebbe diventato “Let It Be”, ultimo disco dei Fab Four, e si concluse con le registrazioni di “Abbey Road”, uno dei capolavori della band, che già effonde meravigliosi profumi prog, captati fiutando l’aria dell’epoca. In mezzo, le numerose imprese di un John Lennon in libera uscita dal gruppo con Yoko Ono. Bertoncelli verga le 13 pagine dedicate alle drammatiche vicissitudini degli amatissimi Rolling Stones: un annetto in cui, anche se partoriscono “Let It Bleed”, il disco della rinascita, madonna Morte si ostina a far loro compagnia, prima portandosi via un Brian Jones appena uscito dal gruppo e poi giungendo a un passo da loro stringendo tra le grinfie il povero fan Meredith Hunter, accoltellato sotto i loro occhi mentre sul palco di Altamont eseguono “Sympathy For The Devil”. Così, il 6 dicembre, muoiono definitivamente il sogno hippie e le buone vibrazioni degli anni 60. Altre 12 pagine Bertoncelli le dedica alla “Vera e bislacca storia di Zabriskie Point”, il brutto film di Antonioni che sfoggiò la colonna sonora più rappresentativa dell’anno, e altrettante alla follia di Charles Manson, che in quel fatidico anno pensò male, ma proprio male, di iniziare il proprio piano di sterminio dell’umanità dalla povera Sharon Tate, moglie del regista Polanski, incinta all’ottavo mese, nella maledetta Bel Air. Stranamente, ma non tanto, Bertoncelli delega all’esperto zappiano Alessandro Pizzin il resoconto dell’indaffaratissimo 1969 del chitarrista italo-americano: fra le altre cose, pubblica “Hot Rats”, produce “Trout Mask Replica” dell’amico Captain Beefheart e scopre Alice Cooper. Ma il 1969 è anche l’anno delle definitiva (così sembrava allora, ma fu provvisoria) svolta verso il country di Nashville di Bob Dylan, che ci racconta Michele Murino, creatore del sito italiano dedicato a Bob Dylan (www.maggiesfarm.it). Marco Grompi, dotto conoscitore di Neil Young & affini, illustra le vicende che partorirono il supergruppo hippie per antonomasia, Crosby, Stills, Nash & Young, tra amori che si intrecciano, piste di coca, crociere caraibiche e troppa eroina. Alfredo Marziano, uno dei due autori di “Floydspotting. Guida alla geografia dei Pink Floyd”, uscito lo scorso anno, ci dettaglia del travagliato anno dei quattro, orfani di Barrett e senza una direzione sicura da seguire e sulle vicende relative al festival di Woodstock. Eddy Cilia, prestigiosa firma del Mucchio e non solo, ci illustra il 1969 di Miles Davis, passato a progettare e registrare – in soli tre giorni – “Bitches Brew”, uno degli album che han cambiato la storia della musica, non solo rock.
Completano il volume una cronologia, schede sugli altri festival, sulla programmazione del Fillmore West (da paura!) e sui 20 dischi del 1969 che hanno cambiato la storia. Agile e utile, scritto bene, appassionante guida introduttiva a uno degli anni centrali del rock.
Articolo del
27/05/2009 -
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