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“Gestire un’emittente pirata è una delle imprese più soddisfacenti e meno remunerative che abbia mai intrapreso.. non ci sono pupe ai tuoi piedi, non diventi automaticamente una star, non hai fan adoranti, niente. Ma hai la soddisfazione di fare un lavoro che le “vere” radio sono troppo vigliacche per fare!”. Con un inizio cosi folgorante la voglia di leggere “Radio Pirata” è assicurata. Autore e conduttore di programmi Rai e fondatore di Radio Black Out, Andrea Borgnino compie uno straordinario viaggio all’interno di un microcosmo, fatto di un groviglio di onde radio “rubate”, e di leggi fatte ad hoc per bloccare la pirateria radiofonica, di impianti allestiti, alla meno peggio, su barche dai proprietari fantasmi e sulle potenti lobby delle frequenze ufficiali. Ma c’è ben altro dietro questo racconto. Radio Veronica e Radio Merkur erano stati i primi segnali di una frattura, insanabile, con il mondo radiofonico conosciuto fino ad allora. Da li una miriade di frequenze venivano occupate, “illegalmente”, per “importare” il rock’n’roll e tutto ciò che proveniva da oltreoceano. Il 27 Marzo 1964 è Simon Dee a rompere ufficialmente il silenzio radio dal battello Caroline I. L’uso delle onde corte, dopo il calar del sole, permetteva di raggiungere un bacino d’utenza ben superiore alla media, andando a superare i confini dell’Inghilterra. Allo stesso tempo la mitica Radio London, conosciuta anche come “The Big L” , aveva in poco tempo annullato la superiorità della BBC. Migliaia di ragazzi, giornalmente, inseguivano le frequenze di questi pionieri della musica. Molte di queste trasmissioni, spesso, duravano solo poche ore, ma contenevano interviste e concerti, bootleg che toccavano i Beatles, per Radio Caroline, e i Beach Boys per Radio London. Tutti i dj venivano monitorati e inseriti in un lista nera, erano inoltre passibili di denuncia. Fra il 1964 e il 1966, grazie al silenzio del Governo inglese, il movimento delle radio conosce un ulteriore amplificazione che porta alla nascita di moltissime emittenti. I tentativi di controllo continuano a non ottenere i successi sperati. La totale rottura è rappresentata dall’Olga Patricia, rinominata Laissez Faire, di proprietà americana, sulla quale erano state installate due potenti antenne da 55 Kw, costruite in Texas, capaci di disturbare la stragrande maggioranze dei network europei, compresa la nostra Rai. Il 30 Giugno 1966, dopo l’approvazione delle legge antipirata Marine Broadcasting Offences Act, la maggior parte delle radio pirata smette di trasmettere, temendo un attacco violento delle autorità, mentre l’unica a rimanere ancora attiva è Radio Caroline, diventata ormai un mito. Dopo il 1974 la BBC produce Radio One, completamente dedicata al pop, nella quale i dj, fra cui pionieri come John Peel, spesso provenivano dalla radio illegali. Proseguendo in questo racconto si incontra il passaggio di testimone fra onde corte e frequenze Fm, gli squatter di Amsterdam, le pirates inglesi, l’impossibile intreccio di leggi, aggirate nei modi più disparati e le nuove tecnologie nate dalla rete, Per una “visione” completa e parallela si consiglia “I Love Radio Rock”, pellicola di Richard Curtis, basata sugli eventi della leggendaria Radio Caroline, ampiamente tratta da Borgnino. Un libro che fa venire nostalgia e, accade più volte durante la lettura, la voglia di osare, rischiando, in prima persona, l’apertura di un’ennesima radio LIBERA!
Articolo del
11/11/2009 -
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