|
Quarta puntata della serie di interviste ispirate dal libro di Graham Jones Last Shop Standing – Whatever Happened To Record Shops? - vedi RECENSIONE - sulle condizioni in cui versano le rivendite di dischi che operano al di fuori delle grandi catene.
Intervista rilasciata da Maurizio di Backdoor (Torino)
1. Da quanto tempo esiste il negozio?
M: Backdoor esiste dal 1982, ed è attualmente il più vecchio negozio specializzato in vinile di Torino. Lo ha aperto Franco (il Signor Franco, come viene ossequiosamente appellato) chiamandolo inizialmente Metal Bridge (si vendeva anche heavy metal, e c’era una gigantografia del ponte di Brooklyn su un muro, coperta ormai da due mani di vernice).
2. Quante persone ci lavorano?
M: Due. Il signor Franco e io (Maurizio).
3. Com’è nata l’idea di aprire un negozio di dischi?
M: Il signor Franco abbandonava una carriera da rappresentante e io una da avvocato. La passione per la musica, ovviamente, è stato il motore principale.
4. I rapporti con le case discografiche? Nel libro, Jones mette in evidenza che le major favoriscono le grandi catene (gli ipermercati) ai danni dei “pesci piccoli”, completamente trascurati. Confermate o smentite la sua asserzione?
M: Mai trattato direttamente con le major. La semplice idea del rappresentante che tenta di farmi comprare in prevendita cento copie di Human Touch di Springsteen mi ha sempre atterrito. Abbiamo sempre lavorato con distributori indipendenti e ora spesso direttamente con le etichette, soprattutto quelle piccole e “amatoriali”. È comunque evidente che non puoi gareggiare con le grandi distribuzioni. I numeri d’acquisto della Fnac non possono essere i nostri, e così le condizioni di pagamento o gli eventuali sconti. A ognuno il suo, tutto il mondo della vendita è comunque diviso così ormai: l’ipermercato e la piccola bottega che resiste. Avanti un altro vs rapporto umano.
5. Veniamo agli acquirenti di dischi: nel vostro negozio entrano più clienti “occasionali” o abituali? Sui guadagni incidono di più le spese dei primi o dei secondi?
M: Abituali, sempre. La nostra offerta non soddisferebbe comunque gli “occasionali”. Con i nostri clienti si instaura spesso un rapporto realmente di amicizia. Si va a cena fuori, ai concerti, si discute di cinema, di libri e di calcio. Ma soprattutto di dove diavolo riusciremo a mettere tutto quello che compriamo.
6. Età media dei clienti? È vero che gli adolescenti si accontentano di file scaricati dalla Rete?
M: Età media direi 40. Moltissimi giovani sono cresciuti con la convinzione che la musica non debba essere pagata e che non esista “fisicamente”. Ma il vinile (e profetizzo anche il cd in campo lungo) cambia le carte in tavola: l’oggetto è irripetibile, bello e di valore. Questo ha portato clienti nuovi e spesso giovani. Magari prima scaricano e poi acquistano un originale o una bella ristampa 180 grammi.
7. Scelta dei titoli da tenere in negozio e dei generi musicali trattati: è influenzata dai vostri gusti personali? Dalle recensioni di testate specializzate (quali?)? Prendete in considerazione le hit-parade? M: Le passioni personali sicuramente incidono e c’è maggiore coinvolgimento nel proporre i dischi che ami o che ti hanno influenzato. Tra le riviste italiane, sicuramente “Rumore” e “Blow-Up” orientano o stimolano i clienti e i loro acquisti. Io leggo anche “Mojo”, “Uncut”, (saltuariamente) “Wire” e sul Web “Pitchfork” (molto influente). Direi però che i miei consigli “diretti” sono spesso determinanti.
8. Quali dischi avete venduto di più negli ultimi mesi?
M: XX, “s/t”; Fuzz Orchestra, Comunicato No.2; Flaming Lips, Embryonic; Fine Before You Came, Sfortuna; Grizzly Bear, Veckatimest. Questi tra le novità. Tra i classici: Pink Floyd, The Dark Side Of the Moon; Velvet Underground, The Velvet Underground & Nico e Led Zeppelin, II (incredibile, no?).
9. Le richieste più stravaganti ricevute?
M: La migliore rimane sempre questa (direttamente dal nostro sito www.backdoor.torino.it, sezione richieste bizzarre): San Valentino. Entrano due ragazze giovani con figli, borse della spesa e sguardo risoluto. “Ce l’ha l’ultimo di Ramazzotti?”. “No, guardi, mi spiace, noi siamo un negozio particolare, non teniamo musica commerciale e abbiamo pochi dischi italiani da classifica”. “Ah, ho capito. Quindi non ha nemmeno quello della Pausini”. “Eeeh, no”. “Senta, ma Che Guevara ha fatto più niente di nuovo?”. Panico. Ancora panico. Panico ovunque. “Mah, a dirla tutta è un po’ che non fa più uscire niente”. “Vabbè. Non importa”. Interviene l’altra amica: “Ma chi è ’sto Che Guevara. L’ho già sentito”. “Boh, è uno che ci piace a mio marito. Sai lui si ascolta le canzoni dei partigiani”. “Partigiani! Io e mio marito ci ascoltiamo Renato Zero, Baglioni, quelli lì!”. “Allora niente. Arrivederci”. “Arrivederci a voi e grazie”.
10. Avventori bizzarri?
M: Anche per questo vi rimando al sito, oppure dovrete attendere il mio libro (anche) sull’argomento, in uscita a settembre per Castelvecchi (per quel che vale, questa è una notizia in anteprima assoluta).
11. Il disco, o i dischi, di cui mai avreste sperato di sbarazzarvi, che tra l’altro siete riusciti a vendere a un prezzo folle?
M: Una volta uno spese quasi 40 euro per un vinile di Orietta Berti che usavamo come ferma libri: mi sembrò un gesto carino.
12. Internet: quanto ha inciso sui ricavi del negozio? Il Web va demonizzato? Lo utilizzate per reperire dischi, anche per le vostre collezioni personali? Vendete dischi on line?
M: Di sicuro ne ha erosi parecchi con il download illegale. Ha garantito però visibilità mondiale (aumentando parallelamente la concorrenza) incrementando così le vendite per corrispondenza. Compriamo (anche per noi, se capita) e vendiamo on line, spesso direttamente dal nostro sito.
13. Ha senso concepire ancora un negozio di dischi come spazio di scambio culturale?
M: Più che mai, ma dipende molto da chi lo gestisce. Personalmente sono parte attiva di un “piccolo circolo Pickwick” di amanti della musica che qui si riunisce e libera tutte le proprie manie e passioni. Si sono formati qui gruppi musicali, amicizie di ferro; abbiamo organizzato vacanze, scambi di libri e dvd, intavolato infinite e amabili discussioni, stilato classifiche a non finire...
14. Secondo Jones a sopravvivere saranno le rivendite in grado di adattarsi ai tempi che cambiano. Portando esempi concreti, l’autore intravede uno spiraglio di luce nella scelta di specializzarsi in determinati generi musicali, di ampliare la gamma di prodotti esposti senza snaturare il negozio (ad esempio, con uno stock di strumenti musicali), di sfruttare le potenzialità di Internet per il commercio on line. Visione semplicistica? Soluzioni troppo onerose? M: In parte concordo, ma è l’esperienza “slowfood” musicale a fare la differenza. Offerta, competenza, ma non solo. Chi viene qui compra il suo disco o Cd, ma pure i suoi dieci minuti di “respiro”.
15. Dieci titoli da portare su un’isola deserta?
M: Ecco i miei (almeno per oggi):
The Smiths, The Queen Is Dead The Velvet Underground, The Velvet Underground & Nico Massimo Volume, Lungo i bordi Miles Davis, Bitches Brew (posso prendere il box con tutte le session?) Joy Division, Closer Josef K, The Only Fun In Town Burt Bacharach, Reach Out Pavement, Slanted And Enchanted Josh Rouse, 1972 Joni Mitchell, The Hissing Of Summer Lawns
---------------------- Backdoor Via Pierdonigi Pinelli, 45 10144 Torino 011/482855 http://www.backdoor.torino.it
GIA' PUBBLICATE:
Intervista "Last Shop Standing" #1: Hellnation (Roma)
Intervista "Last Shop Standing" #2: Rock Bottom (Firenze)
Intervista "Last Shop Standing" #3: Soul Food (Roma)
Articolo del
02/03/2010 -
©2002 - 2025 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|