Roberto Gatto è forse il batterista che più amo in ambito jazz. Credo sia anche quello di cui ho visto più esibizioni, tra Roma, Fara Sabina, Villa Ada.
Una personalità effervescente, sempre immerso in tanti e variegati progetti, ognuno caratterizzato dal suo sguardo curioso e competente, che poi trova espressione ultima nei concerti dal vivo. Dopo averlo visto lo scorso 23 luglio con “Progressivamente”, dove omaggiava i grandi gruppi storici del Rock Progressivo, nella serata odierna del 5 agosto alla Casa Del Jazz Gatto si è invece spostato su qualcosa di completamente diverso.
Un quartetto, formato 6 anni orsono, e composto da Alessandro Lanzoni al piano, Alessandro Presti alla tromba, Matteo Bortone al contrabbasso, e poi naturalmente Roberto, a dettare il ritmo con la sua batteria. Il gruppo, come ricorda Gatto durante alcuni interludi di pausa tra i vari brani, è uno dei suoi ensemble a cui è maggiormente legato, ed ha con loro avuto occasione di suonare in diversi festival spingendosi per un tour anche al di là dell’oceano, negli Stati Uniti D’America.
Si evince come questo quartetto, ed in generale l’idea stessa di “gruppo”, sia per Roberto qualcosa di molto importante, una delle tante fiamme accese che danno modo alla sua passione di ardere incessantemente, mantenendo sempre viva la sua costante crescita musicale. C’è un affiatamento palpabile che porta i suoi componenti a suonare durante il concerto un repertorio per forza di cose ridotto per via del tempo limitato di un evento, quando invece gli anni di prolifica attività hanno via via fatto crescere un bagaglio di brani eccezionalmente ampio, che avrebbe potuto riempire innumerevoli e bellissime serate di splendida musica.
Diverse sono state le composizioni originali del quartetto suonate durante la serata, con pezzi scritti da ciascuno dei membri ed anche dallo stesso Gatto. Una scrittura collettiva che si traduce in uno spazio di tempo astratto, con gli strumenti a trovare ognuno il proprio splendore attraverso momenti solitari, prima di convergere nuovamente su di un suono corale.
Nel brusio della notte romana il quartetto ha saputo dare un colore inedito alla strana estate che stiamo vivendo, riuscendo ad esaltare la poesia che solo la buona musica riesce ad evocare, mentre il grigio rimane fuori, ai margini della coscienza.
Articolo del
06/08/2020 -
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