Premessa probabilmente banale: puoi aspettare un album per più di un anno, e alla fine non trovare le parole adatte per parlarne, quando ti ritrovi appagata dopo averlo finalmente ascoltato. «Your words are broken up/The singer's tones/Outward flowing glow/Over into ears/Over into eyes/Deeper into chest»... esattamente come canta Loctaine, una delle punte più alte in un album di eccezionale pregio. Sarei banale anche nel dire ‘il re del goth ci regala un'altra perla’, come facilmente titola la stampa, perché Peter Murphy è molto di più del re del goth. Seppure ”Lion” di sicuro piacerà ai ‘childrens of the night’ per le sue sonorità, ma chi si ferma a questo, non vivrà tutto il resto.
“Lion” segue “Ninth” del 2011. Peter Murphy al decimo album sa ancora sorprendere, e pur essendo The Voice e potendo andare sul sicuro con la sua leggendaria voce di velluto che ti inchioda e ti fa librare nello stesso momento, sperimenta nuove strade e nuovi stili, come lui stesso ha raccontato a Rolling Stone lanciando la premiere dell'album. E come i fan hanno subito notato: c'è un cambiamento rispetto al precedente lavoro - il suono è più heavy, il cantato si mantiene su un registro alto (che lui stesso si è umilmente stupito di poter raggiungere e mantenere, abbiamo saputo da Rolling Stone) in questo album prodotto da Youth (Martin Glover) dei Killing Joke, che a molti ha ricordato la pietra miliare Dust del 2002. E ancora una volta ci sorprende: i toni bassi, uno dei punti forti di Peter Murphy, sensuali, magnetici come nessuno, si mostrano qui in tutta la loro capacità di innalzarsi ai registri più alti senza sbavature, senza spezzare l'incanto sensuale. Un album in cui vivono luce e ombra, dolcezza e furia, oceano e lava. Spazi siderali che diventano tutt'uno con l'universo dentro di noi. E luminescente brilla “the rare diamond” della spiritualità, ancora una volta. Quello che avviene quando il fuoco ama l'acqua.
Apre l’album il ritmo martellante di Hang Up con cori spettrali e ritmi metallici. «Hang up the phone/and come on over». Un invito a riscoprire il divino che è dentro di noi? I Am My Own Name è un urlo liberatorio che rivendica il diritto di essere se stessi, senza etichette. Musicalmente la costruzione è affascinante, si apre con un ipnotico ritmo orientale per poi recuperare toni strong e chiudersi ricordando Ramona Stone del Bowie di Outside. Low Tar Stars è un'altra delle più originali, esplosiva e trascinante, senza dimenticare la poesia («With love/we feel beauty») I toni, come già osservato, si mantengono ‘strong’ ma laddove molti avrebbero potuto dar vita a brani pompati, qui al contrario c'è equilibrio. I'm On Your Side, a seguire, è una ballata elettrica. Compression, una delle più belle dell'album, è inquietudine ed energia, d'atmosfera, fumosa, qui convivono i toni nervosi con i bassi a cui Peter Murphy ci ha abituati, unisce essenzialità ed epicità in modo magistrale e ricorda un quadro di Caspar David Friedrich. Holy Clown è un equilibrismo sul sole, incisiva ed evocativa di spazi aperti. Segue un'altra ballata, The Rose, un carillon fluorescente, un canto d'amore che affascina con il suo andamento a tratti salmodiale e insieme elettrico.
«Swimming in the sea looking for the water... » riferimento spirituale non manca neppure nella più classicamente goth delle tracce, The Ghost of Shokan Lake, un canto di pirati che avvince, dal sapore ambient. L'andamento da canto di pirati prosegue in Eliza descritta dallo stesso Peter Murphy come «una canzone di incoraggiamento, rivolta ad un personaggio fittizio, a lasciarsi alle spalle il senso di colpa e trovare la gioia di essere se stessa e la celebrazione della vita». Il ritmo sincopato ben si addice all'immagine della ragazza in gabbia che compare nel video (video ancora una volta affidati a Justin Coloma, di classe e pregio ma dispiace che Peter Murphy non compaia in essi, come avvenuto invece per Ninth), un ritmo che poi si trasforma in una promessa di libertà, se si è disposti a liberare se stessi. Segue la già citata, commovente Loctaine, liquida, accorata, suona come la nuova Marlene Dietrich's favourite poem, intima e preziosa come un ricordo condiviso, trasfigurato in immaginifici campi di luce. A concludere Lion la maestosa, splendida title track: un altro capolavoro, un brano che ha i riflessi e la maestà dell'oceano, in cui sembra risplendere al massimo quel “rare diamond”, e che invita all'audacia nel guadagnarselo.
Articolo del
04/06/2014 -
©2002 - 2025 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|