«La ruggine non dorme mai»; potremmo partire da questo assunto younghiano per descrivere la rocambolesca parabola artistica dei Rusties. Un accostamento quello con il vecchio canadese non del tutto casuale visto che i bergamaschi possono esserne considerati, musicalmente, i “figli illegittimi”, essendosi dedicati, fin dagli esordi con maestria e passione, all'esplorazione dell'opera di quest'ultimo tanto da diventarne in breve tempo una delle più apprezzate band tributo a livello europeo. Un ‘rugginoso’ cammino che, tuttavia, ha visto i nostri, in seguito, svoltare per altri sentieri, pur viaggiando sempre in parallelo alle polverose strade battute dagli zoccoli del Bisonte e dei suoi Cavalli Pazzi, in cerca di una personale direzione musicale, culminata con la pubblicazione di due album di inediti, “Move Along” e “Wild Dogs”, salutati dalla critica come «i dischi più affascinanti in stile Americana mai prodotti da un gruppo italiano». Ed oggi, dopo un lungo iato discografico, durato quattro anni, la ‘ruggine’ bergamasca che nel frattempo, rimarcando ulteriormente le proprie affinità con quella younghiana, non si era per nulla assopita, torna ad intaccare con la propria ‘ossidante’ visione musicale, ma in modo del tutto inedito, pentagrammi altrui. ”Dalla Polvere E Dal Fuoco” raccoglie infatti, per usare le parole degli stessi Rusties, nove “cover d'autore”, liberamente tradotte e riadattate in italiano da Marco Grompi, chitarrista, cantante e de facto mente, insieme all'amico Osvaldo Ardenghi, dietro al monicker Rusties, selezionate con cura, andando ad attingere al repertorio di artisti ai quali i nostri sono legati da un profondo rapporto tanto di ammirazione quanto di amicizia. Si spiega in tal modo una selezione alquanto variegata, a coprire un arco temporale piuttosto ampio, dalla fine degli anni Sessanta fino ai giorni nostri, passando, senza apparente soluzione di continuità dal già, ampiamente, frequentato songbook younghiano, per quello di un altro canadese doc, Bruce Cockburn, rendendo omaggio al compianto Warren Zevon, arrivando ad includere “nuovi” songwriter quali Chris Eckman e Robert Fisher.
È il pregevole lavoro in fase di arrangiamento, operato dai Rusties medesimi, a legare brani sulla carta diversi tra loro, grazie ad un comune fil rouge, un impasto folk rock elettroacustico debitore tanto delle sonorità settantiane, a stelle e strisce, quanto della più pura tradizione cantautorale nostrana. Arrangiamenti che traggono ulteriore beneficio da una registrazione in presa diretta, avvenuta in quel di Grosseto, all'Ortostudio, sotto la supervisione attenta di Filippo Gatti, dalla quale si avverte lo sforzo collettivo di un quintetto forse mai così coeso e conscio dei propri mezzi espressivi. E se l'intrecciarsi delle corde delle due chitarre, acustica ed elettrica, affidate alle capaci mani dei succitati Grompi e Ardenghi, è da sempre uno dei tratti distintivi del "rusties sound", notevoli sono gli apporti strumentali delle tastiere di Massimo Piccinelli e del violino dell'ospite Jada Salem (loro vecchia conoscenza, avendo già preso parte alle sedute di registrazione di “Move Along”), ad arricchire armonicamente il preciso, costante pulsare di una sezione ritmica del tutto rinnovata, composta da Fulvio Monieri al basso e Filippo Acquaviva alla batteria, ma già dimostratasi perfettamente integrata nell'economia sonora collettiva. Ad emergere, in modo preponderante, è tuttavia la sensibilità narrativa di Grompi, autentico artigiano della parola, capace di uscire, più che, vincitore dall'ardua impresa di piegare all'italico idioma le liriche originarie. Se forse è scontato appurare come il quintetto si trovi perfettamente a proprio agio nel rivisitare e riadattare la, già familiare, opera del proprio padre putativo, con una grintosa Powderfinger, tramutatisi in “Dalla Polvere E Dal Fuoco”, il cui testo è un libero adattamento della, precedente, traduzione ad opera di Mimmo Locasciulli e Cereno Diotallevi (all'anagrafe Francesco De Gregori), e l'etereo incanto de La "Signora", in origine The Old Laughing Lady, qui avvolta da una parsoniana aura cosmic country, è quando essi rivolgono la propria attenzione verso altri autori, che giungono le più inaspettate quanto gradite sorprese.
A tal proposito come non menzionare una cockburniana Pacing The Cage dalla sommessa fragilità acustica, qui diventata Dentro La Gabbia, tra il metallico risuonare di un glockenspiel, e il flessuoso muoversi dell'archetto sul violino della Salem. Non manca tuttavia quella fisicità febbrile anch'essa caratterizzante, da sempre, l'operato rustisiano, e qui affiorante in modo deciso, nella furia elettrica di Se Solo Avessi Un Lanciarazzi (If I Had A Rocket Launcher), ad enfatizzare ulteriormente le originarie, rabbiose liriche poste su carta dalla penna del medesimo Cockburn. E se la gemma martyniana Solid Air (Aria Solida) viene qui riproposta in una lisergica, rallentata versione forse più vicina alla California dei Crazy Horse, che alla Scozia del suo autore, ad impressionare, per resa finale, è la riedizione di The Logical Song dei Supertramp, in una sussultante Canzone Logica sintomatica dell'onnivora fame musicale dei bergamaschi. Ottimo anche il trattamento riservato tanto a Ombre All'Orizzonte (Ghost Along The Borders), facente parte dell'ultimo, stupendo parto solista di Chris Eckman, “Harney County,” in una dimessa ballata dalla paradisiaca grana melodica, quanto a Le Intenzioni Di Harrison Hayes, la The Trials Of Harrison Hayes di fisheriana memoria, ideale anello di congiunzione tra l'alternative country dei Willard Grant Conspiracy e la pregnanza letteraria del cantautorato nostrano. Da brividi lungo la schiena è poi la conclusiva, elegiaca Tienimi Con Te, ovvero Keep Me In Your Heart, uno degli ultimi, strazianti brani incisi da Warren Zevon prima di dare l'addio a questo crudele mondo. Una riuscita scommessa quella effettuata dai Rusties con “Dalla Polvere E Dal Fuoco”, in un primo tentativo di riappacificazione lirica con l'italico idioma, perpetrato grazie all'aiuto di spartiti “amici” e che, visti i considerevoli risultati ottenuti, ci auguriamo sia solamente un preambolo ad un nuovo, autografo percorso autoriale in italiano.
Articolo del
15/02/2015 -
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