Dopo tre anni di assenza dalle scene, torna A cuore aperto, lo spettacolo teatrale scritto e diretto da Patrizio Cigliano che dal 2004 ad oggi ha ottenuto un grande successo sia di pubblico che di critica. Nell’occasione la Compagnia Arca di Noè ha pensato di alternare due versioni della stessa opera: la prima a monologo, la seconda a dialogo, con due attori sulla scena e con le voci registrate di Arnoldo Foà e di Maria Rosaria Omaggio che scandiscono momenti particolari di una narrazione lunga ed intensa.
Proprio di quest’ultima siamo stati spettatori e dobbiamo dire che si tratta di un esperimento ben riuscito, in equilibrio fra testo e regia, con due attori come Davide Lepore e la giovanissima Giorgia Palmucci in buona evidenza. La storia è quella di un amore destinato a non finire, quello fra due coniugi ottantenni che si ritrovano a raccontare momenti delicati ed importanti della loro vita proprio quando il percorso esistenziale di lei sta per finire. Poco importa che i protagonisti che ci troviamo di fronte sul palco siano in realtà molto più giovani dei due anziani di cui si parla. L’anomalia infatti è solo apparente, al contrario sembra voler riaffermare l’idea che il vero amore non conosce le insidie del tempo che scorre e che ci conduce inesorabilmente alla fine. Sullo sfondo delle musiche approntate da Fabio Bianchini e con un allestimento volutamente scarno e minimale, i due protagonisti si cercano, scappano, danzano e si rincorrono lungo quasi un secolo di vita, dall’incontro sui banchi di scuola, alle difficoltà della guerra, fino alla nascita di una figlia, emigrata poi in Argentina. Momenti di tenerezza infinita, la scoperta della sessualità e poi le prime liti, un tradimento e qualche inevitabile contrasto. Nulla però che possa spegnere il loro amore, fatto di sguardi, frutto di una intimità cementata dal tempo e resa indissolubile da una vita passata insieme. Ecco allora che perfino la morte si piega a quel sentimento e diventa quasi una cosa lieve, un evento dolce. La scrittura teatrale diventa altamente poetica quando arriva il momento della fine con una condivisa certezza che saranno i ricordi a mantenere vivo quell’amore, senza tempo, senza luogo e ricco di simboli.
Molto evocativa infatti la scena finale quando lui immerge il corpo senza vita di lei in una tinozza piena d’acqua, quasi a volerla restituire a quell’elemento vitale attraverso cui siamo venuti al mondo. Lo scorrere fluido, naturale di un’esistenza fatta di un amore sempre vissuto a pelle, mai celato dietro opportunismo e paura, ma testimoniato... a cuore aperto.
Articolo del
10/02/2014 -
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