Succede raramente che uno spettacolo di danza moderna coinvolga in maniera così forte sensi ed emozioni e sia in grado di mettersi in rapida sintonia con il pulsare dei corpi degli spettatori. E’ invece accaduto ieri sera alla prima di “Plexus”, da un’idea del regista e coreografo francese Aurèlien Bory, che ha messo la sua arte a servizio di Kaori Ito, una danzatrice e coreografa giapponese che ha cominciato con la danza classica all’età di cinque anni in Giappone, ma che si è poi formata definitivamente più tardi negli Stati Uniti d’America, specializzandosi nei linguaggi contemporanei. Kaori Ito si è lasciata guidare da Bory nella realizzazione di uno spettacolo che lui aveva disegnato appositamente per lei, creatura di una fisicità straordinaria, artista molto richiesta sulle scene della danza moderna internazionale. Ma poi è stata la stessa Kaori ad intervenire personalmente sulla coreografia in quello che finisce per essere un suo assolo, una “performance” di grande impatto emotivo, oscura, talvolta angosciante. E’ stata lei infatti che ha voluto sul palco quella fitta pioggia di fili e di corde (resi più o meno invisibili dalle modalità con cui Arno Veyrat dispone le luci) che hanno dato vita e anche un elevato spessore artistico al “Plexus” di Bory. Accompagnata dalle musiche cadenzate e pesanti di Joan Cambon, con dei passaggi armonici che sottolineano la drammaticità dell’esibizione, Kaori Ito sembra quasi cercare una via, si arrampica, si contorce o si lascia andare all’interno di quel Plexus (letteralmente significa “intreccio”) che rappresenta in qualche modo la nostra vita, nei suoi momenti diversi, talvolta incubo, in altre occasioni rifugio o ancora espressione dei sensi. Quadri scenografici semplici, ma molto evocativi, in uno spazio oscuro, volutamente privo di supporti tecnologici in cui la danza moderna va ad incontrarsi con un suo antico precursore, il circo, grazie alle acrobazie di una Kaori Ito che dona per intero allo spettacolo la sua fisicità, un corpo stretto in una rete costituita da nervi e fasce muscolari che comunicano con il pubblico, in assenza di dialoghi. Una esibizione breve ma intensa, ricca di ritmo, un’esperienza artistica a carattere visionario ma che, al tempo stesso, risulta da un qualcosa di estremamente fisico, tangibile che consegna al pubblico chiavi interpretative inequivocabili.
Articolo del
28/11/2014 -
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