Un tributo caloroso e forte alla memoria di Fabrizio De Andrè, uno spettacolo volutamente sobrio ed essenziale scritto da Andrea Scanzi, giornalista e saggista, e da Giulio Casale, leader degli Estra, gruppo di Treviso, una delle più belle realtà musicali del rock italiano nei primi anni Novanta. Siamo molto vicini alla forma del Teatro Canzone che fu di Giorgio Gaber, un testo che non solo ricorda, ma fa riflettere e che vede Andrea Scanzi nelle insolite vesti del narratore, abile nell’alternare filmati d’epoca a canzoni dal vivo, eseguite con il dovuto rispetto ma anche con molta originalità da Giulio Casale, che regala nuovi arrangiamenti a brani storici del repertorio di Fabrizio De Andrè, a canzoni immortali come Geordie, Il Suonatore Jones, Verranno a chiederti del nostro amore o ancora Inverno o la toccante Preghiera In Gennaio.
La carriera artistica di De Andrè viene riproposta insieme ai lati più segreti della sua personalità, del suo carattere. Si racconta della sua timidezza, che lo teneva lontano dal suonare in pubblico, gli spettatori vengono a conoscenza delle sue lacerazioni, dei suoi dubbi, nonché di qualche piccolo dissapore avuto con Francesco De Gregori prima e con Ivano Fossati poi. Il testo è volutamente privo di qualsiasi retorica, riconosce la grandezza dell’artista, ma non si trasforma mai in un’agiografia. Se da una parte infatti sapevamo come Faber si fosse ispirato a grandi songwriter come George Brassens e Leonard Cohen, dall’altra scopriamo come nella sua storia De Andrè si sia dedicato più alla stesura dei testi che ad arrangiare musicalmente i suoi brani. Ma sapeva far lavorare bene quelli che di volta in volta collaboravano con lui, da Giampiero Reverberi a Mauro Pagani o Franco Mussida o ancora a Massimo Bubola. Ne esce fuori la figura di un intellettuale scomodo, mai completamente soddisfatto, che cerca di dare voce ai diseredati, agli ultimi, al Cristo del Vangelo, senza mai perdere di vista però l’ipocrisia e le falsità della Chiesa. Una inquietudine esistenziale che Fabrizio De Andrè riesce a trasformare in arte, in impegno morale, in una continua lotta contro qualsiasi forma di Potere costituito. Anche per questo non poteva esserci una figura migliore che quella di Giulio Casale per interpretare nuovamente le sue canzoni, in una chiave diversa, più attuale, con degli arrangiamenti presi in prestito dal rock.
Le canzoni rivisitate da Giulio Casale sono state pubblicate anche su un album che si intitola appunto 'Le Cattive Strade', un disco che avuto l’approvazione di Dori Ghezzi e della Fondazione De Andrè. Fra i tanti momenti dello spettacolo ricordiamo quando Andrea Scanzi cita Fernanda Pivano, nota giornalista e scrittrice specializzata in rock americano: “Non trovo giusto sostenere che De Andrè sia il Bob Dylan italiano. Credo che sia moto meglio affermare che Bob Dylan sia il De Andrè americano”. .
Articolo del
16/02/2015 -
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