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Steve McCurry
Icon & Women
Forlì
25/09/2015
di
Claudio Prandin
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Nella splendida cornice dell’antico refettorio al Museo S.Domenico di Forlì Steve McCurry ha presentato la sua nuova mostra intitolata “Icons & Women” composta da 180 fotografie da lui stesso selezionate; la mostra apre al pubblico il 26 Settembre e si concluderà il 10 Gennaio 2016. Compreso nel prezzo del biglietto verranno fornite le audioguide con la voce dell’artista che illustra la storia e le curiosità dei suoi stessi scatti.
Il sessantacinquenne americano è uno dei fotografi contemporanei più importanti e influenti degli ultimi decenni; dopo aver lavorato per tanti anni come free-lance e aver raccontato con i suoi reportage la guerra in Afghanistan e la vita quotidiana in giro per tutto il mondo è diventato collaboratore della rivista National Geographic che ha pubblicato alcune delle sue foto più belle e significative tra cui quella utilizzata per la locandina, lo scatto della ragazza afghana ritratta nel campo profughi di Peshawar nel 1985; il suo sguardo è noto in tutto il mondo e per la sua poesia è stata più volte paragonata alla Monna Lisa vinciana. Nella stessa sala di questo scatto compare la foto della medesima ragazza re-incontrata dall’artista a distanza di 17 anni; le differenze sono enormi tanto da rendere quasi irriconoscibile il soggetto; lo sguardo arrogante e pieno di sfida della ragazzina si è perso e al suo posto compare lo sguardo spento di una donna rassegnata; è questa la vera forza delle fotografie di Steve McCurry: rappresentando un volto ne esplicitano tutta la sua umanità trasformando il soggetto da personaggio a protagonista vero, umano, reale, si potrebbe dire “vivo”.
L’aspetto più affascinante dei suoi lavori è che diventano finestre aperte su mondi variegati e complessi: la foto delle donne che svolgono le abluzioni nel Gange è un fermo immagine che svela una tradizione millenaria, i bambini vestiti da monaci buddisti testimoniano un mondo che poco è cambiato negli ultimi secoli, i primi piani degli anziani nei loro vestiti tradizionali potrebbero essere stampati su enciclopedie antropologiche: le persone ritratte diventano, in sintesi, l’emblema di un intero popolo. E’ proprio questo sguardo umanistico appassionato ed innamorato di tutte le popolazioni che rende il lavoro di Steve McCurry culturalmente importante.
Lo scenografo Peter Bottazzi ha spiegato che «l’allestimento è stato pensato come ad un percorso durante il quale potersi soffermare e gustare le fotografie immersi in un intimo silenzio; anche se stiamo immaginando di arricchire l’esposizione con una musica adatta».
Steve McCurry nel suo breve intervento ha specificato che «questa mostra rappresenta una raccolta di 40 anni di lavoro al cui centro ci sono le donne di tutto il mondo che hanno ispirato e dato valore al mio operato. Il mondo è grande e meraviglioso e la cosa più importante che possiamo fare nella nostra vita è andare a vederlo».
Oltre alle tante fotografie di donne tra cui quella molto bella della ribelle birmana e premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, c’è un reparto dedicato al dramma della guerra; le immagini esposte sono un vero pugno allo stomaco perché pur non presentando scene violente o combattimenti esprimono in maniera nitida le sue nefande conseguenze; gli occhi dei bambini sono pieni di un’angoscia cruda e reale come solo un documentarista è in grado di esporre. Ma la grande forza dei bambini li spinge a trovare il gioco anche nelle situazioni più difficili fino a fargli utilizzare al posto dell’altalena il cannone arrugginito di un carro armato in disuso.
Il mondo di Steve McCurry è ‘Il mondo’; semplice e reale, triste e complesso allo stesso tempo; alla domanda perché preferisce le foto a colori rispetto al più elegante bianco e nero, con una semplicità fanciullesca ha risposto: «perchè il mondo è a colori e io lo fotografo così com’è».
Articolo del
29/09/2015 -
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