Ancora una volta Recanati diventa residenza di riallestimento per il ritorno in scena di Gabriele Lavia con lo spettacolo "Il sogno di un uomo ridicolo" di Fedor Dostoevskij.
Lavia riprende un classico del suo repertorio, portato in scena per la prima volta a Spoleto a soli 23 anni e riproposto nel tempo sempre con grande successo. A ottanta anni l'attore ha accettato l'invito del Piccolo teatro di Milano e ha deciso di rimettersi in gioco, per amore del personaggio e per rendere omaggio al maestro Giorgio Strehler. Il racconto (di una modernità ed attualità sconcertante) scritto nel 1877 è la storia di un uomo, deriso da tutti e da sempre estraneo alla società, è deciso a suicidarsi. Siede sulla poltrona a fianco della scrivania, apre il cassetto ed estrae la pistola.
Ma, improvvisamente, si addormenta e inizia a sognare la propria vita oltre la morte, in un pianeta del tutto simile alla Terra, abitato da splendidi esseri non ancora corrotti «dalla prima caduta, dal primo peccato. Dostoevskij riflette sulla disperata condizione umana condannata ad una continua sofferenza, che porta alla distruzione, senza una vera e propria redenzione. Lavia ha tradotto, adattato, interpretato e curato la regia dello spettacolo. Sul palco pochissime cose: L'erba , la scivania con la poltrona ala Voltaire, la bambina con cui interagisce rappresentata da una bambola, l'attore Lorenzo Terenzi che è il ricordo proiettato del protagonista e che interviene in pochissimi momenti della rapresentazione e le eleganti luci di Giuseppe Filipponio che lo illuminano strategicamente ad ogni stato d'animo Lavia giganteggia vestito dalla camicia di forza che non gli permette di muoversi adeguatamente e che rende ancora più sofferente il suo personaggio. L'attore offre un'interpretazione viscerale, intensa, magnetica.
Lo fa con le parole che vengono scaraventate come una valanga di proiettili , lo fa con la voce che scandisce ogni singola sillaba con cura maniacale. Una voce sussurrata, urlata , commossa senza bisogno di microfoni e lo fa fisicamente quando crolla a terra, quando striscia, quando si trascina, quando torna in piedi smuovendo la polvere sul palcoscenico. Lo spettacolo in un atto unico è tutto un crescendo, con continui rimandi al passato, con momenti introspettivi e altri più esplosivi. Il pubblico che è rimasto incantato per tutta la durata, non può che esplodere in un interminabile applauso per un maestro del teatro italiano che ancora una volta ha dimostrato una classe immensa.
A fine serata oltre alla bellezza e alla consapevolezza di avere visto qualcosa di veramente unico, ci restano impresse le parole del protagonista, che oggi risultano come un insegnamento da seguire: "Gli uomini possono essere bellissimi e felici, senza perdere la capacità di vivere sulla terra. Io non voglio e non posso credere che il male sia lo stato normale degli uomini".
Articolo del
30/11/2022 -
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