Quando si decide di raccontare la propria vita il rischio di scadere in un egocentrismo poco interessante è sempre altissimo. Ma quando la propria personale storia incrocia in molti snodi fondamentali la grande Storia, rimane solo un altro tipo di rischio: il saperlo raccontare. E Curzio Maltese, giornalista, scrittore, sceneggiatore, scomparso nel 2023 dopo una lunga malattia, lo ha fatto alla sua maniera. Raccontando quella sua vita in un libro con uno stile ironico ma profondo, divertente ma mai superficiale. E da quel libro Paola Ponti ha adattato uno spettacolo teatrale interpretato dall’ottimo Antonio Catania, che si cala profondamente nella vita dell’autore portando sul palcoscenico quella sofferenza, quel dolore, quella nostalgia per il tempo che fu, che attraverso il suo corpo riesce a toccare il pubblico come una scarica elettrica. Già, il tempo che fu. Il tempo in cui persino i poveri potevano essere felici; il tempo del boom economico, vissuto in una periferia milanese (Sesto San Giovanni) dove molti ragazzi spacciavano, molti uscivano dalla galera, molti ci entravano. Un tempo in cui una semplice impiegata della Rinascente, mamma del piccolo Curzio, ha coscienza di quello che accade intorno alle loro vite, e quando nel 1969 scoppia la bomba (Piazza Fontana) porta suo figlio di appena nove anni ai funerali delle vittime, perché è necessario sapere ed è necessario capire. Ed è proprio a quel funerale, a soli nove anni, che il piccolo Curzio capisce da che parte stare: sarà sempre un antifascista. Poi gli anni delle risate adolescenziali, gli anni della lotta di classe al parco Lambro, gli anni del liceo durante quelli che tutti hanno etichettato come gli anni di piombo; e poi quelli dell’Università, alla facoltà di Scienze Politiche, non terminata, e quelli del corso di giornalismo, terminato. E finalmente il lavoro, come giornalista: prima sportivo, alla Gazzetta dello Sport, poi alla Stampa e poi ancora a Repubblica. Un mestiere bellissimo, che gli permetteva di scrivere, commentare, analizzare, e “pensate un po', mi pagavano pure”. Un mestiere che gli ha permesso di conoscere personaggi straordinari come Roman Polansky, Ken Loach, Renzo Piano, Paolo Conte. E poi gli anni del berlusconismo, che già si intravedono nel discorso dell’allora presidente del Milan dopo la vittoria della Champions nel 1990; gli anni di Mani Pulite, ultima occasione mancata per l’Italia di diventare una democrazia solida, perché ferita a morte prima dagli attentati di Falcone e Borsellino (1992) e poi dalle bombe a Milano e a Firenze (1993), e la conseguente deriva autoritaria che arriva ai nostri giorni: Una dittatura arriva sempre dopo, quando la democrazia è stata svuotata Insomma 60 anni di storia del nostro paese, raccontati in maniera molta appassionata e partecipata da un attore che sfrutta al meglio il palcoscenico. Un palcoscenico che gli permette, attraverso una scenografia scarna ma efficace, di spaziare nelle varie dimensioni delle fasi di vita, attraverso l’ausilio di uno schermo che proietta immagini. Cosi come gli permette di rafforzare le varie emozioni di quelle fasi, come il dolore, la nostalgia, la rabbia, attraverso l’accompagnamento musicale al piano e batteria dell’ottimo Sergio Colicchio. Una storia che quindi non è più solo la storia di un grande giornalista, ma quella di noi tutti, e che quindi non può lasciarci indifferenti!
Teatro Sala Umberto dal 15 al 17 novembre 2024
Articolo del
18/11/2024 -
©2002 - 2024 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|