4 – 23 febbraio 2025 di Lev Tolstoj adattamento Gianni Garrera e Luca De Fusco regia Luca De Fusco con in ordine di apparizione Pamela Villoresi, Federico Vanni, Paolo Serra, Giacinto Palmarini, Alessandra Pacifico Griffini, Raffaele Esposito, Francesco Biscione, Eleonora De Luca, Mersila Sokoli, Lucia Cammalleri
Mettere in scena un romanzo storico monumentale come Guerra e Pace di Tolstoj è non solo una sfida carica di rischi, ma un atto di coraggio che andrebbe premiato solo per il fatto di averci provato. Da una parte occorre condensare l’opera in una sintesi che, per renderla fruibile al pubblico senza risultare pesante e complessa da seguire, deve essere in grado di trovare il giusto equilibrio tra la caratterizzazione e la profondità dei personaggi principali e lo sfondo delle guerre napoleoniche nella Russia dello zar Alessandro I (1805-1812). Ebbene, siamo felici di poter affermare che l’adattamento costruito da Luca De Fusco e Gianni Garrera porta a casa un ottimo risultato, vincendo ampiamente la sfida. Gli eventi individuali, i turbamenti, i sogni, i dolori dei singoli personaggi vengono raccontati con un taglio di recitazione spesso portato al limite dell’ironia, che però non sminuisce la complessità delle dinamiche relazionali tra gli individui, né minimizza la drammaticità del contesto storico in cui i personaggi si muovono. Chi conosce l’opera di Tolstoj sa che in essa sono presenti tutti i grandi temi dell’umanità: la guerra e la pace, i vecchi e i giovani, l’amore per la vita e l’attrazione per la morte, la fedeltà e il tradimento, le illusioni e le disillusioni, le vittorie e le sconfitte. Per sviscerare almeno alcune sfumature di questi temi complessi occorre quindi costruire solidi personaggi che siano in grado di incarnare il dramma individuale immergendolo nel contesto storico. Cosa che riesce con la performance di tutti gli attori chiamati sul palcoscenico ad interpretare i protagonisti principali del romanzo. Come Anna Pavlovna (Pamela Villoresi), raffinata donna della nobiltà russa spesso dedita ai salotti nei quali non disdegna il gossip, i pettegolezzi e gli intrighi amorosi; che risulta credibile soprattutto in quel suo dubbio gridato ad alta voce che giunge fino ai nostri giorni senza aver trovato risposta: perché sono gli uomini, maschi, ad essere cosi incessantemente attratti dalla guerra, mentre le donne la ripudiano e vorrebbero solo vivere in regni di pace? O come Andrei, l’eroe romantico che dapprima vede nella guerra la rottura della monotonia della vita borghese e la sopravvivenza dell’anima rispetto alla probabile morte del corpo in battaglia, ma poi approda ad una riflessione più profonda sulla vita e sull’amore proprio per la drammatica esperienza vissuta della guerra e per la morte della moglie. Solo per citare due tra i protagonisti principali e facendo torto ai vari Maria, Natasa, Kutuzov, Pierre. A rendere completa la riuscita dello spettacolo non possiamo non menzionare la scenografia: tutta la scena si svolge lungo la scalinata di un palazzo in rovina, che già di per sé riesce a dare un grande impatto visivo. Impatto che aumenta in maniera esponenziale quando si sovrappongono le immagini proiettate su un telo antistante al palco, che da movimento, profondità e bellezza. Insomma: non c’è dubbio che di fronte alla grande opera letteraria siamo di fronte alla grande rappresentazione teatrale, e che il teatro è la forma artistica più vicina alla trasposizione viscerale e passionale dei grandi temi della vita. E non c’è dubbio che la Natura non possiede Storia e quindi non riconosce né la guerra né la pace. Se scomparisse la Storia resterebbe solo la Natura, senza più le guerre. Ma purtroppo è altrettanto vero che oggi è la Natura a soccombere di fronte alla Storia, una Storia fatta di guerra che trionfa sulla pace e che ci vede sempre più impotenti di fronte alla disfatta della Natura.
Articolo del
07/02/2025 -
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