In Italia non abbiamo molta dimestichezza con il talento di Bouli Lanners, ma in Belgio e nel mondo francofono in genere l’attore, sceneggiatore e regista - nato nel 1965 a Plombières, città di confine in cui Belgio, Olanda e Germania si sfiorano e le culture si intrecciano – è molto apprezzato, sia per la sua lunga carriera di attore sia per il grande talento visivo come regista e l’approccio malinconico ma generosamente umano nella scrittura dei suoi film.
Per questo film ha dichiarato: “Volevo scrivere una storia d'amore, ma non su due giovani, né una su due persone belle. Volevo scrivere una storia d'amore su due persone normali. Persone che sono più grandi, la mia età. Persone che non sono particolarmente belle; persone che non hanno un corpo perfetto. Solo persone normali. Perché penso che tutti possano essere amati e capaci di amare, anche quando sono un po' più grandi. Ecco perché ho voluto scrivere questa particolare storia. Ho una prospettiva diversa e volevo scrivere una storia d'amore che non sei abituato a vedere”.
Basta questo a descrivere la trama, che vede sullo schermo due eccezionali attori nel ruolo dei protagonisti: lo stesso Lanners, che interpreta Phil, un robusto e tatuato belga ultracinquantenne che da tempo si è rifugiato in mezzo alla bellezza selvaggia e genuina di un’isola scozzese, fuggendo da chissà quale controverso passato, che resta misterioso allo spettatore, e la splendida attrice nord-irlandese Michelle Fairley, anche coautrice con Lanners della sceneggiatura, Millie, matura e affascinante figlia dell'anziano e severo proprietario della fattoria in cui lavora Phil, che a dispetto del suo temperamento algido e della rigida morale protestante dominante nell’isola si innamora e si prende cura di Phil dopo l’improvvisa – ma, scopriremo, non così inaspettata – malattia dello stesso.
Una storia d’amore inusuale per il contesto in cui matura e l’età dei protagonisti, ma così comune nella sua genesi e nel suo sviluppo, sino al finale teneramente e disperatamente umano: questa contraddizione è l’essenza stessa del film e lo caratterizza nella sua indiscutibile bellezza e purezza narrativa. Le splendide immagini, per metà merito naturale dei paesaggi scozzesi e per il resto frutto del talento del regista, fanno il resto, in uno con la colonna sonora, mai invasiva ma sempre suggestiva. La scrittura, inoltre, non fa mai una piega, porta per mano lo spettatore nei meandri di un racconto che non sconvolge ma stupisce e sorprende a ogni sequenza.
Una coproduzione anglo-belga-francese - gli attori parlano inglese, in coerenza con l’ambientazione, fatta eccezione per un breve ma intenso colloquio del protagonista con il fratello arrivato dal Belgio - apparentemente minimalista ma che in realtà realizza un prodotto molto ambizioso, una epica ode all’amore, in tutte le sue sfaccettature. Da incastonare il cameo di Julian Glover, nei panni dell’anziano patriarca della fattoria, vero e proprio monumento attoriale al cinema e al teatro britannico, noto assieme alla stessa Fairley, anche per la partecipazione alla saga de “Il Trono di Spade”.
Articolo del
01/12/2022 -
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