Ultimi giorni per visitare, al Caffè Letterario Le Murate di Firenze, la mostra fotografica Le Donne del Rock di Tania Bucci, che si potrà ammirare fino al 27 ottobre, all'interno del festival "L'eredità delle donne" diretto da Serena Dandini.
Si tratta di una selezione di 25 immagini tra gli innumerevoli scatti di un archivio quarantennale (1989-2019) delle più grandi donne italiane e straniere, che hanno fatto la storia della musica Rock in tutti i vari generi: PATTI SMITH, GIANNA NANNINI, CARMEN CONSOLI, TINA TURNER, ANNIE LENNOX, GRACE JONES, BJORK, PJ HARVEY, TORI AMOS, COURTNEY LOVE, SKIN. LAURIE ANDERSON, YOKO ONO, CINDY LAUPER, solo per citarne alcune, immortalate in espressioni e gesti che le contraddistinguono sul palco. Abbinati ad esse in uno spazio adiacente, saranno esposti 5 scatti di Uomini Icone del Rock: DAVID BOWIE, IGGY POP, LOU REED, BRUCE SPRINGSTEEN, PRINCE.
Ecco cosa ci ha detto Tania - ormai celebre fotografa fiorentina esperta nei settori di musica, teatro, spettacolo e cinema che collabora con l’agenzia fotogiornalistica New Press Photo di Firenze nella sezione spettacoli per il quotidiano La Nazione/QN – in occasione dell’inaugurazione della mostra.
Questa mostra a Firenze è qualcosa di particolare perché è dedicata alle donne nel rock. Il tuo occhio indagatore di donna cosa ha colto in queste 25 artiste che hai selezionato per la mostra?
Io ne ho fotografate ovviamente molte di più. Avevo fatto una scelta un pochino più ampia, inizialmente. Poi l’ho dovuta ridurre a 25 perché il locale non mi permetteva di esporne un numero maggiore. Io ne avevo scelte quasi il doppio, una cinquantina. E avevo pensato a fare un omaggio a tutte le donne della musica rock, soprattutto. Perché [il rock] è il genere che mi piace di più, che seguo di più, fin da quando ero adolescente. Ho sempre seguito le grandi icone, come Patti Smith e come Gianna Nannini. Ho scelto queste foto in base al movimento, alle espressioni che più caratterizzano l’artista quando è sul palco. Quindi, per dire, la grinta di Gianna Nannini quando è sul palco. E lo stesso di Patti Smith, che è molto aggressiva, nel senso buono: questa energia positiva che emana dal palco. E poi scatti più introspettivi, o più teatrali, come Siouxsie, che viene dal genere gothic/dark. Non solo per il trucco appariscente, il make-up del viso e l’abbigliamento, ma anche per i suoi gesti teatrali. Alanis Morrissette invece a me suscitava questa irrequietezza sul palco. Negli anni 2000, era una ragazzina. Era molto irrequieta, non faceva altro che andare avanti e indietro da un punto al centro del palco. Poi si spostava a sinistra, tornava indietro, si rispostava a destra… Non stava mai ferma. Per il fotografo era una grande sfida. Era sempre un terno a lotto fotografarla bene. Esprimeva questa inquietudine interna. Ora (l’ho vista tre anni fa) è più solare. Poi anche PJ Harvey. PJ è una grande donna rock. Anche lei ha questa energia sul palco, però ha anche queste movenze – soprattutto nell’ultimo tour – un pochino più ricercate, un pochino più di charme, più affascinanti… Ha comunque una grande presenza.
La mostra raccoglie 40 anni di foto, dal 1989 a quest’anno, il 2019. Come sei cambiata, o maturata, tu in questi anni come fotografa?
E’ cambiato non solo il mio approccio. Sono cambiate anche le luci [dei concerti dal vivo]. Non hanno la stessa intensità di anni fa, la stessa colorazione.
E’ più facile o più difficile?
Mah, a volte secondo me – io non sono un tecnico di luci – sono un po’ troppo impastate, oppure sparano troppo. Non ci sono quelle colorazioni un pochino più nette che c‘erano prima. Però sì, è cambiato anche il mio modo di riprendere.
Anche la tecnologia è cambiata. Oggi scatti in digitale, rispetto all’analogico degli inizi.
Esatto. Che poi io sono stata una delle ultime [a passare al digitale], un po’ per pigrizia, un po’ perché ho sempre amato alla follia la pellicola. Per questo sono stata una delle ultime a passare al digitale nel 2004. Con David Bowie avevo sempre la pellicola, quando andai a fotografarlo in Francia. Quindi sono passata tardi. La gente era già passata al digitale, altri colleghi fotografi già dal 2001, 2002… Sono stata anche costretta…
Ma ora sei pienamente convertita al digitale o rimpiangi in qualche modo la pellicola?
A volte la rimpiango, sì. Perché mi dava un’altra dimensione. Quando si parla di “foto rock”, vedi, la “foto rock” non deve essere precisa e nitida, proprio come una cartolina, di una nitidezza incredibile come tante volte vedo e come ormai l’editoria (i giornali eccetera) richiedono. Anche perché col digitale, con tutti i vari programmi di ritocco, uno riesce quasi sempre a fare una foto “precisa”. Per me invece la “foto rock” deve essere – proprio perché è “rock” – più “sporca”. Non dico sbagliata, sfocata, mossa… Ma può essere anche così, basta che abbia una visione un pochino più artistica. Magari potrebbe essere un “mosso”, però un “mosso” non perché è sbagliata, ma un “mosso” creativo: anche una sfocatura ci può stare. Ma più che altro perché deve “esprimere”. E a me la foto precisa precisa, soprattutto di un artista molto ribelle – molto rock – mi intriga meno di una foto come erano, per esempio, negli anni 70: sai, le classiche foto in bianco e nero dei Rolling Stones, di Jimi Hendrix, o pure Patti Smith. Mi hanno sempre “parlato” (perché secondo me una foto deve “parlare”, si deve esprimere), più di queste classiche foto che si vedono sempre - perché i giornali comunque le richiedono - e che sono precise al millimetro.
Le foto della mostra sono state tutte scattate dal vivo, tranne una: quella di Madonna, che hai colto mentre si trova in strada su una macchina scoperta. Me ne vuoi parlare?
Quella foto lì di Madonna l’ho scattata a Firenze due giorni dopo il suo concerto, il 14 giugno 2012. Stavano girando un video, sul Lungarno a Firenze. Lei era su una Cadillac, c’era questo cordone di sicurezza, e [noi fotografi] non la potevamo oltrepassare. La Cadillac si muoveva a passo d’uomo, molto lenta, faceva questo giro e poi tornava indietro verso l’albergo, faceva insomma questo tratto di Lungarni. La gente la rincorreva o a piedi o in bicicletta. Io, mi ricordo, stavo in bicicletta oppure in motorino, quindi ero con una scia di persone - non di controfigure - ma proprio di persone che sapevano questa cosa, che Madonna doveva girare il video. E a un certo punto, siccome mi trovavo incastrata tra le persone, sono svicolata sotto il cordone della sicurezza – ma è stato un attimo, perché poi giustamente ti fanno allontanare – un po’ da paparazza, diciamo… E mentre lei, come fosse su un carro da carnevale di Viareggio sfilava, e alzava le mani…con quest’espressione di allegria, di energia, mi passava proprio davanti, in quel momento lì io ho fatto tre-quattro scatti velocemente prima di essere allontanata. Mi ha anche guardato. In quel momento lì non aveva gli occhiali da sole (perché ne ho altre con gli occhiali scuri). Volevo il viso completamente libero, senza occhiali. Ha dei bellissimi occhi, espressivi, quindi ho aspettato quel momento lì. Mi hanno allontanata, però io ecco, insomma, la foto l’avevo già scattata.
In questa mostra oltre alle foto di 25 icone femminili, ce ne sono 5 di icone maschili. Tu le hai scelte, penso, perché “loro” sono molto importanti per te.
Sì, soprattutto Bowie. Ne dovevo scegliere 5, e quindi ho scelto Bowie in primis, perché è da quando avevo 9 anni che ascolto la sua musica e da quando ne avevo 14 che lo fotografo. Il primo concerto che ho fatto – pellicola in bianco e nero – è del 1987, il Glass Spider Tour, e quindi il 9 giugno 1987 a Firenze. Poi Iggy Pop, che mi è sempre piaciuto. Molto scatenato, molto ribelle, ed è un grande amico di David. Come Lou Reed. Sono tutti legati, dall’amicizia e dalla collaborazione.
C’è anche Springsteen.
Sì, e quello è uno Springsteen in tour “teatrale”, quando è passato a Perugia con Pete Seeger. Nel 2006. Era questa data all’Arena Santa Giuliana di Perugia. E c’erano queste luci molto particolari. Quindi non è uno Springsteen scatenato. Ho voluto scegliere quella. Mi piaceva perché dalle tinte sembra quasi un quadro, piuttosto che una foto. Lui che china dolcemente il viso sulla chitarra – aveva questa chitarra acustica – era appunto un concerto più acustico.
E c’è anche Prince.
Quella foto lì è dell’Umbria Jazz del 2011 a Perugia. Lui è sempre stato un artista che non gradiva molto i fotografi. Infatti all’ultimo momento di quella data a Umbria Jazz, un’ora prima del concerto disse: “niente foto”. C’era gente che si era spostata dal Nord, io mi ero spostata da Firenze… E allora ci dissero: magari se volete fare qualche foto cercate di non farvi notare, andate tra il pubblico e fate qualche scatto. Io così feci. Prince soprattutto negli ultimi anni non gradiva essere fotografato ed era veramente un peccato. Perché era veramente un artista a 360 gradi, un perfetto performer, ballerino, cantante, e un eccellente chitarrista. Io non l’avevo mai visto prima d’allora dal vivo, e sono rimasta estasiata. E in quello spazio lì, in quei pochi minuti, si era accorto probabilmente di me: ho diverse foto dove mi guarda in macchina. Tanto è vero che ero anche molto preoccupata perché gli ero proprio vicina (mi sembra seconda o terza fila) e avevo paura che magari chiamasse il servizio di sicurezza e mi facesse allontanare. E invece no. Mi guardava tranquillamente, mi ha guardata più di una volta, qualche volta mi ha anche sorriso… Mah! Strano! Aveva detto che non si voleva far fotografare, e invece mi è sembrato molto propenso… E sono venuti fuori quegli scatti lì.
Hai realizzato diverse mostre negli ultimi anni. Ma hai mai pensato invece a realizzare un libro fotografico che raccolga le migliori foto da te scattate nel corso degli anni?
Sì, è da un pezzo che ci sto pensando. Tanto è vero che sono in contatto con un editore. E’ già da un paio d’anni che mi consiglia di realizzare un catalogo oppure proprio di scrivere un libro. Il prossimo anno probabilmente il catalogo uscirà, perché ho intenzione di fare un’altra mostra, che è il mio progetto completo. Questa, per “L’eredità delle donne”, dedicato alle donne della musica, praticamente è stata un’anteprima. Però il prossimo anno vorrei fare una mostra completa con 100 scatti. Ho già le foto pronte, le avevo già stampate per le precedenti mostre. Ne dovrò aggiungere qualcuna. E comunque ho altro gruppi, come i Kiss, Ac/Dc, i Muse... Quindi per il 2020 ho intenzione di fare un’altra mostra. Ora dobbiamo trovare il posto adatto, soprattutto dal punto di vista dell’illuminazione, che per le mostre fotografiche è fondamentale.
Sempre a Firenze?
Per ora sì. Poi vediamo che succede. Mi piacerebbe andare anche all’estero. Anche perché, ripeto, non sono scatti giornalistici, di quelli che si vedono spesso sui quotidiani o su quelle poche riviste cartacee che sono rimaste. Sono foto particolari. Sono momenti, scatti particolari, “da mostra”.
La foto di Pj Harvey è tratta dalla mostra fotografica "Le Donne del Rock" di Tania Bucci, che si potrà vedere fino al 27 ottobre, all'interno del festival "L'eredità delle donne" diretto da Serena Dandini, al Caffè Letterario Le Murate di Firenze.
Articolo del
24/10/2019 -
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