«Ci siamo accorti in quel momento che dal nulla, da un “terreno sterile”, stava “germogliando” quella cultura musicale che mancava e che noi volevamo tanto. La sfida adesso sta nel tenere tutto in vita.»
Dubeast nasce nel 2016 da tre ragazzi siciliani (classi ’89, ’90 e ’94). Il progetto musicale si concretizza l'anno seguente con la pubblicazione del primo EP dal titolo Blooming on a Barren Ground, mixato e dubbato da Paolo Baldini DubFiles presso Alambic Conspiracy Studio di Pordenone. Dal 10 dicembre disponibile su tutti gli store e le piattaforme di streaming digitali il loro nuovo EP, una nuova bellissima sfida. Si chiama Dubious Road e ce ne parlano qui su Extra!
-Inizierei con una domanda sul nome del progetto che svela subito una chiara identità musicale. Mi piacerebbe sapere in che modo vi siete avvicinati alla sound system culture e cosa vi ha spinto a voler creare un progetto tutto vostro.
La cultura sound system ci ha catturati sin da subito, ma non è stata la prima cosa che abbiamo conosciuto. Direi che in primis c’è stata la reggae music, l’hip hop, il rock... Da piccoli abbiamo sempre avuto modo di convivere con la musica, chi in un modo, chi in un altro. Dubeast infatti è il risultato di tutti gli input che abbiamo assorbito e di tutta l’esperienza musicale che abbiamo fatto. Siamo tre ragazzi siciliani, cresciuti in città diverse: Ragusa e Messina. Le nostre strade si sono incrociate qualche tempo dopo. All’inizio ci siamo avventurati formando delle band (con la tipica formazione voce, chitarra, basso e batteria), oppure creando dei piccoli progetti musicali dove producevamo riddim e beat in modo da poter cantare sopra.
È stato grazie a queste esperienze che ci siamo conosciuti. Ragusa e Messina purtroppo erano carenti di cultura sound system; eventi del genere erano rarissimi e questo ci portava a viaggiare in Sicilia. Per chi è del posto sa quanto non sia semplice muoversi da città in città. L’amore vero e proprio è iniziato dopo, durante il periodo universitario a Bologna: gli eventi sound system erano più numerosi, gli artisti che si esibivano altrettanto e viaggiare era molto più semplice. Quando capitava di tornare nelle nostre rispettive città in Sicilia, specialmente durante i periodi festivi, la mancanza di questo tipo di eventi si faceva sentire. Questo direi che è il motivo principale per cui abbiamo sentito il bisogno di costruire un nostro sound system e di iniziare a organizzare i nostri primi eventi. Pian piano, session dopo session, dal gruppo di amici siamo passati ad essere un gruppo sempre più numeroso di persone. Di conseguenza, un ulteriore bisogno è stato anche quello di creare delle nostre produzioni da far sentire durante questi eventi e, visto che alla gente piaceva, abbiamo deciso di raccogliere queste tracce e inserirle in un EP.
Come accoglie l’Italia oggi la cultura sound system rispetto ad altri Paesi? Che poi, lo ricordiamo, si tratta di una questione ampiamente sociale e non esclusivamente legata alla musica, no? “The only good system is a sound system” recitavano i muri delle periferie londinesi.
Beh, questo probabilmente è il tasto dolente della situazione (risate). L’Italia credo sia ancora leggermente indietro da questo punto di vista. Non dico che non sia pronta ed è innegabile che in Italia questo fenomeno si stia diffondendo in maniera sempre più capillare ma credo solamente che il nostro paese sia un po’ più lento nell’avvicinarsi a questo genere di cultura. In fondo, l’obiettivo di base è semplicissimo: attirare gente per ballare e riunirsi in strada, andando alla ricerca di suoni sempre nuovi. Come ci raccontava Bredda Neil di King Shiloh Sound System, in un’intervista fatta da noi per il format Radici e che potete trovare su YouTube: “Babylon non vuole questo perché la nostra musica è una musica di protesta [...] e se le persone protestano contro Babylon può accadere di tutto”.
La condivisione è un must per il genere di musica che fate: si sente inevitabilmente la necessità di condividere le stesse vibes con una comunità fisicamente reale di persone. Ecco, quali sono le vostre emozioni quando il vostro sound system suona?
La condivisione è importantissima e la si può sentire sulla pelle durante una dub session. Come dicevamo prima, l’obiettivo di base è attirare gente per ballare, riunirsi e divertirsi tutti insieme. Non si può spiegare in maniera adeguata quanto sia incredibile un sound system e a maggior ragione quanto sia speciale vedere la gente che si diverte davanti all’impianto che hai costruito tu personalmente. Fai sentire della musica, la gente riceve quelle vibrazioni e prova qualcosa di unico che lo influenza e lo ispira.
Ho avuto il piacere di partecipare ad una Dubeast music selection. C’è qualche grande artista in particolare che ha influenzato il progetto?
È molto bello che tu abbia definito un piacere partecipare a una nostra selezione musicale. Le nostre selezioni sono itineranti nel tempo e nei generi musicali. Il prerequisito fondamentale è che sia buona musica, niente di più semplice (risate). Ci sono molti artisti che ci hanno ispirato e ci continuano a ispirare, per citarne alcuni: il mitico Jah Shaka, il leggendario J Dilla, i vecchi Joy Division, i Cure, Gang of Four… Noi la avvertiamo molto la loro influenza nelle nostre produzioni. Ci piace molto la scena francese per quanto riguarda l’uso del digitale, ci piacciono le batterie, le chitarre in levare e le bassline in stile UK.
Il 2017 si chiude con l’uscita del primo EP Blooming on a Barren Ground. Un titolo particolare che sembra celare dietro una bellissima sfida. Posso chiedervi quale?
Tutto è iniziato nel 2016, come raccontavo prima, quando sentivamo l’esigenza di creare produzioni nostre da far sentire durante le dub session. Abbiamo notato che alla gente piacevano le nostre tracce, le ballavano e addirittura chiedevano se potevano averle. Ci siamo accorti in quel momento che dal nulla, da un “terreno sterile”, stava “germogliando” quella cultura musicale che mancava e che noi volevamo tanto.
La sfida adesso sta nel tenere tutto in vita. Da questo ragionamento è nato il concept del nostro primo EP che viene concepito come un fiore che nasce da un terreno sterile. La prima traccia, infatti, intitolata Canyon, infatti proietta l’ascoltatore in una landa rocciosa, quasi priva di vita; con il progredire delle tracce si assiste ad un vero e proprio risveglio della natura; particolare poi è il punto di vista esterno di Out of Space Man, interpretata da Juba Lion, che racconta di un uomo stanco delle ingiustizie terrene, ma speranzoso riguardo il futuro dell’umanità.
Sui social non mostrate la vostra identità. Perché la scelta del teschio come mascotte di Dubeast?
Il teschio nasce proprio dal concept di Blooming on a Barren Ground e noi lo vediamo come un ossimoro: qualcosa di morto che in realtà aspira alla vita, senza lasciarsi sconfiggere dalla rassegnazione e senza mai abbandonare la speranza. Inoltre sottolinea il fatto che in fondo siamo tutti uguali e al contempo serve a lanciare implicitamente l’invito alla pura conoscenza fisica che può avvenire solo nella realtà. Ci sentiamo molto vicini alla reggae music, tranne dal punto di vista spirituale. Per rimarcare la lontananza dalla spiritualità tipica di questo genere, abbiamo deciso di celare la nostra identità nel mondo virtuale dei social network dietro a questo simbolo.
Il 10 dicembre esce il nuovo album in digitale dal titolo Dubious Road, anche questa volta mixed by Paolo Baldini del progetto solista DubFiles, nonché importante produttore discografico, musicista e artista legato a nomi ormai noti come Tre Allegri Ragazzi Morti, Africa Unite e Mellow Mood, per citarne alcuni. Ecco, com’è lavorare con un dub master di fama internazionale come Baldini e com’è nata la vostra duplice collaborazione?
Lavorare con Paolo Baldini è stata una delle esperienze più belle e soddisfacenti che potesse capitarci. Per noi è come un maestro ed è solo grazie a lui se le nostre tracce hanno preso una determinata forma. Quando abbiamo prodotto inizialmente le tracce, pensavamo di condividere il nostro lavoro con qualcun altro e avevamo già qualche idea. Non appena abbiamo individuato le tracce che potevano essere racchiuse in un EP, abbiamo inviato la nostra demo all’indirizzo mail de La Tempesta poiché eravamo fan dei loro lavori e soprattutto perché siamo cresciuti con la loro musica.
E come non potevamo non apprezzare la sublabel La Tempesta Dub? Il buon Davide Toffolo ci rispose da lì a poco e ci indirizzò a Paolo Baldini. Qualche tempo dopo eravamo in contatto con Paolo, ci disse che era molto contento delle nostre produzioni e che avrebbe con piacere collaborato con noi. Ancora adesso siamo in collaborazione con lui e abbiamo infatti pronto per la pubblicazione il nuovo EP Dubious Road. Ovviamente speriamo sia il secondo di una lunga lista.
Son passati tre anni dal primo EP. Da dove nasce l’idea di una nuova produzione e cosa dobbiamo aspettarci da Dubious Road?
Purtroppo Dubeast non è il nostro unico progetto e siamo dispiaciuti che il tempo di produzione tra una release e l’altra sia così lungo. Dubious Road aveva preso già forma nel periodo immediatamente successivo al primo EP. Noi lo consideriamo infatti il continuo del cammino, per quanto possa essere difficile e “dubbioso”. Il nuovo EP è collegato al primo, ha una struttura molto simile ma si trova uno step più avanti: l’esperienza adesso è maggiore e quindi abbiamo osato un po’ di più. Abbiamo sperimentato molto, correndo anche il rischio di allontanarci dal genere ma senza perderlo mai di vista. “Sperimentiamo o no? Rischiamo o no? Piacerà questo EP alla gente? O lo odierà? La vita è tutta un dubbio!” (risate)
L’ultima: da novembre inizia la raccolta fondi per le stampe in vinile. Diteci un po’ come funziona e grazie per essere stati con Extra Music Magazine!
Questa volta abbiamo deciso di stampare Dubeast in vinile. Quale modo migliore per condividere la propria musica? Chiunque potrà ascoltarlo a casa alla vecchia maniera, ma soprattutto chiunque potrà farlo suonare sul proprio sound system. La campagna crowdfunding si svolgerà su Kickstarter dal 1° novembre al 10 dicembre e ci saranno varie ricompense: oltre al contributo libero, saranno disponibili, secondo opzioni diverse, le versioni digitali dei singoli EP e l’acquisto del vinile con ritiro a mano o con spedizione verso tutto il mondo.
Il finanziamento su Kickstarter è del tipo “tutto o niente”. Se il progetto riesce a raggiungere l’obiettivo del finanziamento, viene effettuato l'addebito sulle carte di credito dei sostenitori allo scadere del tempo. Se il progetto non raggiunge l’obiettivo non viene addebitato nulla a nessuno. Noi ovviamente speriamo nel primo caso. Grazie mille a tutti voi per questa splendida intervista.
Articolo del
23/10/2020 -
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