Dirige il “maestro” Carolina Bubbico… Sono passati cinque anni da quando Carlo Conti annunciò al festival di Sanremo che la direzione d’orchestra era nelle mani di una ragazza venticinquenne.
Notizia rivoluzionaria nel mondo della musica, in buona parte al maschile. Da quella notte di Sanremo, però, non è trascorso soltanto un lustro ma quasi un secolo perché Carolina Bubbico, cantante salentina, pianista, arrangiatrice e direttrice d’orchestra, con il disco pubblicato in questi giorni è davvero lontana anni luce dalla musica sanremese. “Il dono dell’ubiquità”, infatti, è un CD destinato a mettere in difficoltà tutti coloro che vogliono affibbiare l’appartenenza di un artista a un genere musicale.
Carolina che viene dal jazz spiazza tutti fondendo diversi linguaggi musicali con arrangiamenti articolati e armonizzazioni vocali ardite. Quindici tracce del disco pubblicato da Sun Village Records con il sostegno di Puglia Sounds Records, altrettanti quadri di vita vissuta che raccontano la complessità dei nostri anni. Un lavoro da cantautore che si muove tra ballabili groove e brani intimisti, pop, soul, funk, jazz. Carolina Bubbico ne ha parlato in questa intervista per Extra Music Magazine.
_ L’epopea dei cantautori tradizionali è offuscata in una società che sembra non avere più domande da porre agli intellettuali. C’è chi sostiene che la nuova canzone d’autore possa essere rappresentata dai rapper ma a me sembra che la scelta di cantare temi importanti con una costruzione musicale diversa dalla tradizione possa essere una terza via.
“E’ un’analisi che apprezzo. Non ritengo di essere una cantautrice classica, ho studiato la storia del cantautorato italiano che è davvero importante ma poi ha scelto la strada che mi è più congeniale perché credo nell’unicità del gesto artistico. Sì, l’intento è quello di tracciare una terza via”.
_ La canzone si basa essenzialmente su ritmo, melodia e canto ma nei tuoi ingredienti che cosa c’è di più?
“C’è il timbro, sicuramente, e poi intendo il canto in modo diverso per evidenziare certi miei tratti. Uno di questi è il modo in cui interpreto e considero la vocalità molto più vicina a uno strumento. È un modo nuovo ma non intendo sembrare presuntuosa: dico che non ho inventato nulla; la mia ricerca è fatta per arrivare a raccontare qualcosa di importante con contenuti musicali di rilievo”.
_ Tu non sei collocabile in un genere musicale e del resto le categorie sono state forse inventate nei negozi dei dischi per comodità dell’acquirente. Il disco è sicuramente importante ma, come diceva De André, assume rispetto alla musica la funzione che una stringa ha nella scarpa.
“Sul genere guarda anche De André che tu citi quanti scambi ha avuto. Per un artista è importante rapportarsi con linguaggi differenti, è un nutrimento, una linfa vitale. Certo la musica è tutto: Il dono dell’ubiquità, infatti, è un disco nato libero senza il bisogno di piacere a tutti i costi”.
_ Infatti, tu hai detto in un’intervista che il tuo target va dai 15 ai 35 anni. Ma secondo me sbagli, è musica che arriva a tutti.
“Sai cos’è? Prima mi veniva chiesto in continuazione questa storia del target; forse si erano stancati di farmi domande sul genere musicale. C’è l’esigenza di etichettare le persone. Comunque, hai ragione sbagliavo: da tutte le statistiche che hanno fatto mi seguono molto di più i trentenni che non i ragazzini”.
_ Il dono dell’ubiquità è un disco molto swingato e questo forse ti consente di scrivere versi sciolti con una metrica diseguale?
“Tu lo definisci swingato, quindi con le sincopi, è vero questo ti porta ad avere una metrica diversa dall’italiano dove gli accenti non sono sui tempi forti ma sono spostati. Beh, c’è da dire che questo ti mette un po’ in difficoltà” …
_ Per risolvere il problema avresti potuto scrivere in inglese?
“Ammetto che sono stata tentata di farlo ma poi mi sono detta: stai scherzando? Non devi manco porti la questione se vuoi fare un disco autentico. E più autentico della tua lingua che cosa c’è? La sfida era alta e per questo era uno stimolo in più”.
_ Più autentico dell’italiano ci sono i dialetti e in un pezzo, “Italianità”, sei riuscita a mettere insieme tutte le lingue del Mezzogiorno, grazie anche alla collaborazione di Sud Sound System, Serena Brancale, Davide Shorty e Speaker Cenzou.
“Ho voluto fare un omaggio ai dialetti che conservano la storia dei nostri antenati. Ogni idioma locale fa storia a sé e dev’essere preservato. È un brano corale dove ciascuno canta l’amore per la sua terra. Corale per esaltare l’importanza della collettività”.
_ Tu insegni canto al Conservatorio Tito Schipa di Lecce e dirigi l’orchestra, come sei arrivata a superare tutti i generi?
“Ho studiato jazz e insegno canto pop. Cerco di dare voce alla contemporaneità della musica perché fino a poco tempo fa questo non faceva parte del mondo accademico, ma la contemporaneità è un linguaggio che ha diritto a un suo spazio proprio come la musica classica. Ovviamente quando scrivo le mie canzoni ho la consapevolezza di quel che faccio ma tengo acceso ciò che è intuizione, ho l’istinto come approccio. Trovo che sia bellissimo far convivere queste due realtà: razionalità e istinto. Due emisferi che devono dialogare nell’arte come nel corpo umano. La musica è sempre stata importante per me che sono nata da una famiglia di musicisti”. (Il fratello Filippo ha prodotto l’album e nel disco suona basso, synth, tastiere e chitarre, NdR).
_ In questo momento i dischi si vendono in streaming, il supporto fisico meno e comunque il CD è destinato a essere propedeutico per i concerti. Mi sembra che per te, fare spettacolo sia essenziale per poterti esprimere al meglio, questo anche a giudicare dalla performance del video di Bimba, il brano che apre l’album. (Il videoclip è visibile su YouTube).
“Nonostante il Covid cerco di non fermarmi e faccio progetti per gli spettacoli dal vivo. In questo disco sono riuscita a dire chi sono, rivelando che sono ubiqua in musica cioè che cerco una connessione tra vari linguaggi. Per i futuri live voglio fare un lavoro di altrettanta sincerità portando sul palco la mia parte infantile, quella che si sa divertire, vorrei creare un canale di interazione con il pubblico. Lo farò io con la mia band quando ci sarà data la possibilità di suonare in pubblico e allora saremo allo scoperto, la prova della verità, con i colori, gli oggetti di scena, la musica. Per me il live è fondamentale, è il luogo di scambio con il pubblico”.
_ Le tue canzoni sono gioiose, quasi sempre molto ritmate, eppure a leggere bene tra le righe non si parla mai di amori felici.
“Hai ragione, c’è una luce che mi guida ma nella vita c’è anche il buio, un chiaroscuro di bene e male. È un disco luminoso perché credo che si debba essere positivi nella predisposizione di vita ma poi capita anche il tormento e questo induce alla riflessione”
_ Tornerai a dirigere l’orchestra o farai la cantautrice in giro per il mondo?
“Bella domanda! Stavo per tornare a dirigere l’orchestra con Achille Lauro ma poi mi fu tolto l’incarico. Non so possa riaccadere, l’esperienza di Sanremo fu di una bellezza straordinaria, mi ha cambiato la vita. Ora però ho capito una cosa: quando fai un disco, le canzoni che hai scritto non sono più tue ma di chi le ascolta. E se le storie che racconto in musica entrano nella vita degli altri, questa è la cosa più bella che mi possa capitare”.
Il disco
Il Dono dell’Ubiquità è composto da 13 canzoni più due intermezzi. 1) Bimba. È il vezzeggiativo di una ragazza che, passeggiando per le vie della sua città (nel video è Lecce), cerca qualcosa di nuovo da vivere e, invece, si rifugia nell’immaginario in una sequenza di quadretti notturni; 2) Hey Mama. Ispirata a una fotografia che ritrae la propria madre incinta, un dialogo di vita interiore tra mamma e figlia; 3) Il dono dell’ubiquità. Un brano autobiografico che parla di vizi, desideri, istinti e razionalità. 4) Beverly Hills.
Un dialogo di una coppia durante una sola notte per descrivere un amore fatto di silenzio e di non detto. Ospite Michael Mayo. 5) Baby. La canzone mette in risalto il senso dell’olfatto; Carolina afferma di possedere un “naso assoluto” in grado di trasformare le percezioni. È in realtà un dialogo interiore sulle relazioni sociali; 6) Amore infinito. Quasi una preghiera laica nell’amore di un padre per la figlia e una invocazione alla natura. 7) Italianità. Lingue della storia, da Trento sino a Napoli, un corale di voci sugli idiomi del Sud. 8) Margherita. Il racconto di una donna anziana incontrata in viaggio; un pezzo delicato sulla vecchiaia. 9) Respirare. Una dedica festosa ai giochi della mente che parla attraverso il corpo; 10) Jungle.
Un viaggio immaginario nella foresta amazzonica in stile cartone disneyano. Una donna alla scoperta di un mondo colorato con fiumi, lucciole e colori. 11) Tabù. Una storia d’amore che si consuma in una sola estate. 12) Santa Croce Liberata. Un amore segreto tra un clochard che vive sulle scale della chiesa di Lecce e la sagrestana. Un amore fatto di speranze e di attese. 13) Voyage. Unico brano non in italiano ma in francese, un inno a tutti i Sud del mondo. Ospite d’eccellenza la voce di Baba Sissoko, griot del Mali, che in lingua Bambara esorta al viaggio.
Articolo del
29/10/2020 -
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