Valentina Sguera, in arte She!Nothing (nel quotidiano lavora come make-up artist per il cinema e la televisione), racconta il proprio mondo interiore attraverso musica e testi emozionanti e sinceri.
Prodotto e suonato dall’artista e produttore Paolo Fattorini (con testi e musica di She!Nothing) ed uscito a febbraio 2021, “The Cracks Of The Soul” è un album che permane nei nostri pensieri ben oltre la sua naturale conclusione, ed in questa intervista telefonica ho cercato di comprendere, attraverso le parole di Valentina, tutte le verità che si celano dietro la maschera che questo suo progetto rappresenta.
Ciao Valentina e benvenuta su Extra! Music Magazine, come stai?
Ciao! Tutto bene grazie.
Vorrei iniziare questa chiacchierata facendo un viaggio nel tempo, nel tuo tempo passato. La nostra è una società che si nutre di maschere, a volte ce le impone, a volte scegliamo noi stessi di indossarne una a seconda della persona che ci troviamo davanti, dei contesti lavorativi e di tanti altri aspetti in cui nascondiamo il nostro vero io, la nostra verità. Quindi ti chiedo, quale è la storia della tua verità, della donna dietro She!Nothing? E quale è stato il percorso di scelte, conoscenze, che ti ha portato alla sua creazione e a “The Cracks Of The Soul”?
Il mio produttore inizialmente mi disse che indossavo molte maschere ed ha anche avuto un pregiudizio per questo, ma poi sentendomi cantare ha visto un cambio di personalità, come se avessi tolto una delle maschere. Io di lavoro faccio la truccatrice e lavorando nel cinema e nella televisione non posso mandare a quel paese tutti. Di base sono un’iraconda figurati, poi è ovvio che quando sei in società se ti comporti così non vai da nessuna parte, soprattutto sul lavoro.
E quindi quando mi trovo nel mio ambito lavorativo quotidiano io sono un'altra persona, sono educata, parlo bene, sono gentile ecc. Per carità, non perché nella vita non lo sia, ma sicuramente sono più ”aggressive”. Dunque al lavoro indosso una maschera più composta e con gli amici ne indosso un'altra che mi rende sincera, che fa ridere, si arrabbia ogni due secondi…un po' bipolare forse. She!Nothing deriva dal fatto che da piccola volevo fare sempre cose più grandi di me mentre tutti mi dicevano “No” o “Cosa Fai?”. Volevo combattere contro lo Stato, la Chiesa, le cose più assurde, anche se poi non è sempre stato così.
Sono arrivata al punto di dire a me stessa: “Va bene, visto che non sono niente, non sono nessuno per fare le cose, proviamo a fare questo progetto”. E ti dico, per il nome d’arte, che siccome non volevo usare il mio, dal momento che non mi piace, ho scelto She!Nothing. She in riferimento a lei, io sono di base una femminista alla fine, e Nothing per il niente, il nulla, un po' per sfatare quello che accennavo prima.
E’ un soprannome che ha anche una vena “Punk” molto marcata a ben vedere.
Si! E’ vero un po' lo è, e tra l’altro a me piace molto il punk. Avevo anche intenzione infatti di fare un brano al di fuori dell’album che trovo sia anche un po' punk. Quello che volevo dire con questo nome era appunto che, anche se non sono nessuno, “io creo qualcosa. E voi invece? Che fate?”.
Guardando nello specifico al tuo album di debutto, la cosa che cattura l’attenzione è prima di tutta la copertina. Un frammento di corteccia, a suo modo un’immagine che racchiude in sé fragilità ma anche tenacia. Come è nata la scelta di quest’immagine e del titolo dell’album?
Guarda ho visto un sacco di foto all’inizio. Ero in cerca di ispirazione pensando a quale potesse essere la copertina dell’album. Sicuramente non volevo esserci io, quindi ho pensato a qualcosa che potesse rappresentare al meglio il disco. Andando alle 6 di mattina a correre nelle ville di Roma, una mattina mi sono fermata di fronte ad una corteccia esclamando: “Ecco questo è il mio album!”.
Lo rappresenta per il suo essere un’immagine “vera”, “cruda”, e, visto il significato di “The Cracks of The Soul” (ovvero “le crepe dell’anima”), era l’immagine perfetta per il disco. La corteccia, il fatto di essere così reale, ecco, lì in quegli anfratti, in quelle crepe, lì si annida la verità.
Ed in quelle crepe senza fine forse non si annida solo la verità ma anche un barlume di oscurità, di male.
Certo, ovviamente si, anche perché nel riflesso della luce sulla corteccia vengono sempre a crearsi delle ombre.
Personalmente ancora prima di ascoltare l’album la foto in copertina è ciò che più mi aveva attirato. Il suo simbolismo unito a quello racchiuso nelle parole che compongono il titolo è ciò che mi aveva colpito profondamente e che mi aveva spronato poi all’ascolto.
Grazie! Sai non è facile trovare qualcuno a cui piaccia questo genere di musica. In Italia non piace molto diciamoci la verità. Quindi grazie davvero.
Andando oltre, addentrandosi nell’ascolto, ci si perde immediatamente in questo mondo grezzo, imperfetto ma autentico come è l’anima di ciascuno di noi. Voce e strumenti divengono un tutt’uno in un viaggio musicale graffiante ed intenso nei suoni e nelle parole. Si guarda al consumismo, al ruolo della verità, al tema della violenza sulle donne, a viaggi introspettivi.
Innanzitutto mi piacerebbe sapere quale brano reputi il tuo preferito e perché, e poi più in generale volevo capire come sono nati questi brani, quali pensieri ne hanno ispirato i testi.
Il mio brano preferito, che mi piace di più, è sicuramente “Rabbit Hole”.
Sai a volte si pensa che scrivendo un album non ti emozioni riascoltarlo, preferendo ascoltare le canzoni degli altri. E ci sta, non so perché, ma succede. Ed invece un brano che mi emoziona molto c’è, anche se non mi piace quanto Rabbit Hole, e questo pezzo è “I Wanna Get Rich”. Forse per il testo, poiché l’ho scritto davvero con passione.
La stessa passione che ho riscontrato in tutti i testi di questo album.
Si, diciamo che il “primo sacco” di un artista è quello interiore, che svuoti ancora prima di andare a cercare negli altri.
Ci sei riuscita bene direi.
Ho scritto 90 brani in tre mesi. Sicuramente ho un altro album pronto! (ride) Sai io ho sempre scritto, mi piace molto. Primo lo facevo su dei foglietti, ora sul cellulare. Sono testi ispirati da una riflessione nata all’inizio della prima quarantena. Mi sono detta “No, non devo deprimermi ma fare qualcosa, costruire quello che ho dentro, che sento”.
E quindi ho cominciato a scrivere i testi prima ancora della melodia, cosa che faccio sempre. E’ una cosa un po' più difficile.
Quindi per te viene sempre dopo la parte musicale rispetto al testo.
Si, io prima scrivo poi ci metto sopra la musica, correggendo spesso chiaramente. Sicuramente i temi che ho trattato in questo album sono a me molto cari.
Essendo stati scritti tutti in quarantena non ci sono avvenimenti specifici ad ispirarli, pensa che mi sono ritrovata a scrivere un testo persino quando ero in fila al supermercato! Diciamo che oltre ad “I Wanna Get Rich” anche “The Truth” ha un testo che sento molto mio, anche perché io sono una persona che dice tutto in faccia. Nel bene e nel male.
Questa è una cosa che o la ami o la odi. Vogliono tutti la verità ma nessuna la vuole sentire.
L’ultima domanda che vorrei porti riguarda i progetti futuri. Personalmente appena terminato l’ascolto dell’album la prima cosa che ho desiderato è stata quella di ascoltare dal vivo questi brani. Di sperimentare quel pizzicore e quell’eccitazione che la pelle d’oca crea quando si ascolta qualcosa che mette in connessione le tue paure con le tue speranze. Concetti agli antipodi ma entrambi cuore delle tue canzoni. Ci sono piani o prospettive in tal senso (nonostante ancora la situazione non facile) per portare in un futuro, il più prossimo possibile, “The Cracks Of The Soul” su di un palco?
Sto cercando di capire come muovermi guardandomi intorno. Volevo suonare in un paio di locali a Roma, ma tipo a pranzo e di domenica (ride). Avevo anche pensato a dei live in streaming, ma è una cosa troppo complicata da fare bene. E poi devo essere sincera non mi piace, non è emozionante e non riesce a darmi la stessa adrenalina di un pubblico dal vivo.
Quindi abbiamo bocciato l’idea insieme al mio produttore e ci stiamo informando per alcuni locali romani se si può fare, e sembra che a mezzogiorno, di sabato o di domenica, la cosa sarebbe fattibile (ride).
Spero di riuscire ad essere presente ad uno dei tuoi concerti, perché credo che queste siano canzoni che dal vivo rendono ancor di più. Son canzoni viscerali, autentiche, nei testi e nella musica.
Vero, anche se ad esempio per un brano come The Truth servirebbe una band. Uno spettacolo dove ci sono io da sola con il mio produttore non renderebbe bene.
Quindi non avete in caso intenzione di affidarvi a qualche altro musicista?
Nei piccoli locali di Roma no, non converrebbe economicamente. Il mio produttore è con me, ha abbracciato completamente il mio progetto, mentre chiamare altre persone ora significherebbe pagarle di tasca nostra e per il momento possiamo farlo.
L’epitaffio lo dedico ai ringraziamenti verso di te e alla tua musica, alla tua voce, e a me stesso, per la fortuna di essermici imbattuto. Quindi grazie Valentina e a presto.
Grazie a te Riccardo.
Articolo del
16/03/2021 -
©2002 - 2024 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|