Dietro il nome polveroso da scenario western dei Dead Bandit ci sono Ellis Swan e James Schimpl e il loro ipnotico sound strumentale. Nei loro album “From The Basement” e “ Memory Thirteen”, entrambi usciti per l'italianissima Quindi Records, mescolano strumenti ed elettronica, chitarre e drum machine, paesaggi sonori rarefatti e rumori distorti, all'interno di una sorta di dicotomia del suono. Li abbiamo intervistati per scoprire il loro ricco e variegato universo sonoro, che dal post-rock lambisce territori che vanno ben oltre il genere, con un tocco di visioni dal sapore cinematografico.
Il nome del vostro progetto, Dead Bandit, a cosa si riferisce, come nasce e in che modo rappresenta il riflesso della vostra musica?
Jim: Ellis ha inventato il nostro nome. È lui il paroliere.
Ellis: non ricordo da dove provenga il nome, forse qualcosa che ho attinto da un giornale o da un libro, forse da Le opere complete di Billy the Kid di Michael Ondaatje. Non credo che rifletta la nostra musica; è stato scelto in maniera intenzionale senza alcuno scopo. Magari così la gente si aspetta una band post-rock, country e western.
Come nasce il vostro sodalizio musicale?
Ellis: Ho visto James per la prima volta, con la sua band di adolescenti punk, i Jesus Tractor, nell'auditorium del nostro liceo. Il cantante del suo gruppo prestò a mio fratello maggiore una cassetta dei Dead Kennedys e una volta ascoltata, ho deciso di fare il musicista. Qualche tempo dopo ho fatto parte di una band con James.
Jim: Ellis e io siamo cresciuti nella stessa piccola città canadese, chiamata Vernon, e abbiamo suonato insieme in una band punk nei primi anni '90. Entrambi ci siamo trasferiti a Vancouver alla fine degli anni '90 e abbiamo iniziato a registrare insieme su cassette a 8 e 4 tracce. Ellis poi lasciò Vancouver per gli Stati Uniti e io tornai a Vernon, dove continuammo a scambiarci vecchie registrazioni su internet, aggiungendo nuove parti a vecchie canzoni e registrando nuovi brani che furono inseriti in From the Basement.
Come siete entrati in contatto con l'etichetta Quindi Records?
Jim: Ellis conosce la storia.
Ellis: Circa quattro anni fa Rufus ci ha inviato un messaggio tramite soundcloud. Ci aveva ascoltato per la prima volta in una playlist che quel gentiluomo inglese di Paul Williams aveva messo insieme. Rufus è stato molto generoso nel pubblicare i nostri due album.
Strumenti ed elettronica, chitarre e drum machine, paesaggi sonori rarefatti e rumori distorti, all'interno di una sorta di dicotomia del suono. In che modo coesistono tutti questi elementi nella vostra musica?
Ellis: Penso che rifletta le nostre molte influenze, le differenze e il nostro sentirci a nostro agio nel registrare insieme. Un mix agrodolce.
Jim: Ellis e io registriamo e suoniamo musica da così tanto tempo che siamo sulla stessa lunghezza d'onda quando si tratta del nostro suono e degli strumenti che usiamo. Quasi tutto ciò che produce un buon suono può essere gettato nel mix.
Siete stati inseriti nel filone del post rock. È il genere giusto per definire la vostra musica?
Jim: Credo che tu possa sentire maggiormente l'influenza del post-rock in From The Basement, perché, quando abbiamo registrato molti dei brani, eravamo particolarmente interessati a gruppi come Slint, For Carnation, Tortoise, Bedhead ecc. Con Memory 13 mi sembra che abbiamo mescolato e amalgamato una o due di queste influenze post-rock, mettendole in un contenitore con altri artisti che abbiamo ascoltato negli ultimi 10/20 anni, creando una nebbia di paesaggi sonori che ci piace.
Ellis: Personalmente, non credo che il post-rock sia il genere giusto per noi, non siamo molto tecnici o matematici. Ma come sottolinea James, il post-rock è certamente nel nostro DNA.
Quale è la vostra personale definizione del vostro sound?
Ellis: Post-Hillbilly.
Jim: Strade Perdute.
Nel vostro sound ci sento anche un po' di quella forza ipnotica e immaginifica tipica delle visioni cinematografiche. Non è così?
Ellis: Con le nostre registrazioni, creiamo una sorta di caos sonoro fatto di loop e strati, spesso sepolti piuttosto in basso nel mix. Questo ambiente torbido è ciò che contribuisce al suono ipnotico e cinematografico che si sente. È qualcosa che ci viene naturale.
Jim: Secondo me le immagini in movimento e il suono si fondono incredibilmente bene e mi piace pensare che la nostra musica possa produrre una sorta di immagine nella testa dell'ascoltatore.
Ci raccontate un po’ la genesi del vostro bellissimo ultimo album “Memory Thirteen”?
Ellis: Rufus ci ha incoraggiati a completare un altro album per la sua etichetta Quindi. Per fortuna c'era una scadenza, senza la quale avremmo fatto ben poco.
Jim: Molte delle canzoni di questo album sono state create durante un tour europeo che abbiamo fatto l'anno scorso. Dopo quel tour abbiamo seguito la stessa formula: creare canzoni da soli e mandarle l'un l'altro per manipolarle e aggiungerle.
Anche la copertina del disco è davvero molto evocata. Chi l'ha realizzata e come si collega all'immaginario sonoro dell'album?
Ellis: Il design e il layout sono stati creati da Karolina Kolodzie. Rufus, io e James abbaiamo davvero apprezzato il portfolio di Karolina. Speravamo che l'opera riflettesse i colori della notte e la distorsione/deterioramento della memoria, che credevamo fosse legata al suono del disco. Il lavoro di Karolina l'ha fatto brillantemente.
Jim: Molte delle immagini dell'album sono state scattate mentre eravamo in tour l'anno scorso, quindi si adattano allo stato d'animo dei brani che stavamo scrivendo e che sono poi diventati parte di Memory Thirteen. Mio figlio Leo Calder ha fatto dei bellissimi collage, e tutte le foto e le opere d'arte sono state messe insieme dalla straordinaria e talentuosa Karolina Kolodziej.
Affinità e differenze tra il vostro debutto “From The Basement” e “Memory Thirteen”.
Ellis: Memory Thirteen è molto più coeso, colorato, denso ed è stato registrato e mixato in pochi mesi. From the Basement è stato ricavato da varie registrazioni di molti anni, vecchie cassette di Radio Shack, tagliate e modificate. È un documento molto polveroso e disarticolato.
Jim: La differenza principale tra questi album risiede nella produzione e nella creazione. From the Basement era una raccolta di registrazioni che coprivano un arco di anni, fatte con tecnologie vecchie e di solito con un solo microfono, mentre Memory Thirteen è stato realizzato nell'arco di un anno con alcuni microfoni in più, in modo che le registrazioni avessero più consistenza.
Quali sono i pro e i contro, se ce ne sono, nel fare musica strumentale?
Ellis: Non ci sono contro nel fare musica strumentale, è particolarmente piacevole suonarla dal vivo. Forse avere un cantante aiuterebbe nelle vendite.
Jim: I vantaggi sono che non c'è una formula da seguire e abbiamo spazio per muoverci in ogni brano. Inoltre, non dobbiamo fare a pugni su chi è Simon e chi è Art. Entrambi vorremmo essere Art. Non ci sono contro.
Progetti Futuri? È in cantiere qualche data live anche in Italia?
Ellis: Attualmente stiamo lavorando al nostro prossimo album e saremo a Roma il 28 luglio per l'Half Die Festival. C'è anche la possibilità di un ritorno in Italia a novembre.
English version
Dead Bandit: “the colors of night and the deterioration of memory”
Behind the dusty western name of Dead Bandit are Ellis Swan and James Schimpl and their hypnotic instrumental sound. On their albums "From The Basement" and " Memory Thirteen," both released by the Italian label Quindi Records, they mix instruments and electronics, guitars and drum machines, rarefied soundscapes and distorted noise, within a kind of dichotomy of sound. We interviewed them to discover their rich and varied sonic universe, which goes from post-rock to territories far beyond the genre, with a touch of cinematic-flavored visions.
What does the name of your project, “Dead Bandit”, refer to? How did it come about and how does it reflect your music?
Jim: Ellis came up with our name, he is the wordsmith.
Ellis: I don't recall where the name came from, something I lifted from a newspaper or book, maybe Michael Ondaatje's The Collected Works of Billy the Kid: Left-Handed Poems. I don't think it reflects the music; it was intentionally picked with no intention. Perhaps people are expecting a post-rock, country and western band.
How did your musical partnership come about?
Ellis: I had first seen James in his teenage punk band Jesus Tractor in our high school's auditorium. The singer in his band lent my older brother a Dead Kennedys cassette, and once I heard that, I wanted to become a musician. Sometime later I was in a band with James.
Jim: Ellis and I grew up in the same small Canadian town in BC called Vernon and played in a punk band together in the early 90’s. We both moved to Vancouver in the late 90’s and started recording together on cassette 8 and 4 track machines. Ellis left Vancouver for the US and I moved back to Vernon where we continued to trade old recordings over the internet, adding new parts to old songs and recording newer songs which became From the Basement.
How did you get in touch with Quindi Records?
Jim: Ellis knows the lore.
Ellis: About four years ago Rufus sent us a message through soundcloud. He first heard us on a playlist the kind gentleman from England Paul Williams put together. Rufus has been very generous to release our two albums.
Instruments and electronics, guitars and drum machines, rarefied soundscapes and distorted noises, within a sort of dichotomy of sound. How do all these elements coexist in your music?
Ellis: I think it just reflects our many influences, differences, and comfort in recording together. A mix of sweet and sour.
Jim: Ellis and I have been recording / playing music for so long now that we are on the same plane when it comes to our sound and the instruments that we use. Just about anything that makes a good sound can be thrown into the mix.
You've been included into the post-rock scene. Is it the right genre to define your music?
Jim: I think you can hear quite a bit of post-rock influence on From the Basement because we were really into bands like Slint, For Carnation, Tortoise, Bedhead etc when a lot of the songs were recorded. With Memory 13 I feel as though we have blended and mashed one or two of those post-rock influences and thrown them in the pot with other artists that we have each been listening to in the last 10/20 years creating a soundscape soup that tastes good to us.
Ellis: Personally, I don't believe post-rock is the correct genre for us, we are not very technical or mathy. But as James points out, post-rock is certainly in our DNA.
What's your personal definition of your sound?
Ellis: Post-Hillbilly.
Jim: Lost Highway
I also hear in your sound some of that hypnotic and imaginative force typical of cinematic visions. Isn't it so?
Ellis: With our recordings, we make a mess of loops and layers, often buried quite low in the mix. This murky ambience is what contributes to the hypnotic and cinematic sound that you hear. It's something that comes naturally to us.
Jim: In my opinion moving images and sound pair incredibly well and I like to think that our music might produce some sort of image in the listener’s head.
Tell us a bit about the genesis of your beautiful last album “Memory Thirteen”.
Ellis: Rufus encouraged us to complete another album for his label Quindi. Thankfully there was a deadline, without one, we'd accomplish very little.
Jim: A lot of the songs from this album were created on a European tour that we did last year. After that tour we followed the same formula of making songs on our own and sending them to each other to manipulate and add to.
The artwork is also very evocative. Who made it and how does it connect to the sound imagery of the album?
Ellis: The design and layout were created by Karolina Kolodzie. Rufus, James and I really admired Karolina's portfolio. We hoped the artwork would reflect the colors of night, and the distortion/deterioration of memory, which we believed was connected to the sound of the record. Karolina's work did that brilliantly.
Jim: Quite a few of the images on the album were photos taken while we were on tour last year, so they fit the mood of the songs we were writing that became Memory Thirteen. My son Leo Calder made some beautiful collages, and all the photos and artwork were put together by the amazing and talented Karolina Kolodziej.
Affinity and differences between your debut “From The Basement” and “Memory Thirteen”.
Ellis: Memory Thirteen is much more cohesive, colorful, dense, and was recorded and mixed in a matter of months. From the Basement was taken from various recordings spanning many years, old radio shack cassettes, chopped and edited. It's a very dusty and disjointed document.
Jim: The major difference between these albums is the production and creation of them. From the Basement was a collection of recordings spanning years, made on older technology with usually one microphone, and Memory Thirteen was made in the space of a year with a few more microphones so the recordings have more texture.
What are the pros and cons, if there are any, of making instrumental music?
Ellis: There are zero cons in making instrumental music, it is especially enjoyable to play it live. Maybe a singer would help sales.
Jim: The pros are that there is no formula to follow, and we have space to move in each song. Also, we don’t have to have a fist fight over who is Simon and who is Art. We would both want to be Art. No cons.
Future Projects? Are you planning any live shows in Italy?
Ellis: We are currently working on our next album and will be in Rome on July 28th for the Half Die Festival. There is also a possibility for us to be in Italy sometime in November.
Articolo del
23/05/2024 -
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