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Sospendere la ragione dentro una Londra italiana
di
Domenico Capitani
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Un titolo allegorico denso di visioni e che spero restituisca il centro di questo disco. Mi trasporta a Londra questo nuovo disco di PoST dal titolo ”Ten Little Indies", il suono come una distopia futuristica di suoni che allo shoegaze e al post-rock devono molto. Di italiano appare quella certa forma, quel rispettare regole pop, quel brano che molto però “stona” nel quadro: sto parlando del singolo “Non dirmi che”, unico frangente davvero nazional popolare. Del resto del disco ho solo sensazioni futuristiche, di equilibri nuovi, di ricerca…
Quanto mondo altro dietro questo suono. Che sia il disco della maturazione o della trasformazione? Entrambi. Negli ultimi 10 anni, con l’arrivo di Daniele nella line-up abbiamo avuto una sempre maggiore disponibilità di suoni, arrangiamenti e nuove idee che ci hanno portato a questi dieci brani. La maturazione è avvenuta in maniera naturale.
Chi sono i nuovi indiani di oggi per voi? E perché questo titolo? Abbiamo personalizzato il celebre titolo nella declinazione plurale di “indie”, per richiamare sia l’essenza del progetto PoST nel contesto musicale, sia l’intenzione di descrivere i dieci individui soggetti di fondo dei temi trattati.
Copertina emblematica anche…la confusione in un mondo dove tutto sembra non definirsi mai… La descrizione è perfettamente centrata. Abbiamo pensato che le vicende che accadono nei nostri brani (sia dai testi che nella musica) potessero essere supportate da un visual che le rappresentasse al meglio. Abbiamo così avuto a che fare col pittore Roberto Balducci, caposcuola di una tecnica chiamata “sindonismo”, che ci ha concesso una porzione di una sua creazione e successivamente rielaborata da noi stessi.
Ha senso per voi se vi dicessi che “Shine” (oltre al brano in italiano) sembra non appartenere a questo disco? “Non dirmi che” è un omaggio a diversi fan in zone lontane (Sud America, Giappone) che tuttora ascoltano il nostro album d'esordio, “Nulla da decidere”. La scelta della scaletta è stata un’attività complessa. “Shine” era tuttavia il nostro punto fermo, a chiudere un percorso di armonie ed intrecci melodici. Anche il tema trattato è forse quello più fondato su eventi storici di rilievo internazionale (Bataclan 2015), cosa che normalmente trattiamo meno.
Si chiude con un synth o un vero Rhodes (o qualcosa di simile)? “Shine” chiude tutto l'album con un finale basato sul piano elettrico: nello specifico è un set di campioni ad alta risoluzione di un Rhodes degli anni ‘70, che con i mezzi attuali possiamo suonare su strumenti maggiormente portatili, senza perdere la sensazione naturale dell'iconico strumento.
Articolo del
22/01/2025 -
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