Davvero interessanti, queste due prime parti di una trilogia dedicata alle origini occulte della musica. Intendiamoci: si può benissimo pensare che occultismo, esoterismo e quant’altro siano panzane colossali, ma questo non scalfisce il fatto che si tratti comunque di prodotti culturali della tradizione occidentale (e non solo) e che svariati musicisti in queste teorie ci abbiano creduto più o meno fermamente. Il che ha influenzato potentemente la loro musica.
È su questo che fanno luce questi due bei volumi di Enrica Perucchietti, che da brava torinese è esperta di occultismo (Torino è storicamente considerata uno dei vertici tanto del triangolo della magia bianca assieme a Praga e Lione, quanto di quello della magia nera con Londra e San Francisco), ma da ancor più brava dottoressa in Filosofia col massimo dei voti, prende criticamente le distanze e si limita a informare sulle credenze di cui tratta. Quando una diceria è indimostrabile, non si fa scrupolo di dirlo esplicitamente. Per dire.
Con una simile impostazione e a fronte della mole di informazioni sul lato oscuro della musica, specialmente rock, si passa sopra volentieri a qualche svarione, che il più delle volte si rivela un refuso: il nome del tale musicista, citato sbagliato alla tale pagina, a quella seguente è corretto e così via. O a qualche termine tecnico della musica usato scorrettamente (l’overdrive è un tipo di distorsione del suono, non uno stilema musicale). Perché i musicisti parlano delle proprie credenze esoteriche nelle proprie creazioni? Ma è ovvio: perché costituiscono, in parte o in tutto, la loro visione della realtà e della vita. E, in secondo luogo, per fare proselitismo, come qualsiasi credente. Il che è espresso da Perucchietti nella metafora del pifferaio di Hammelin, che apre entrambi i volumi.
Il primo, uscito a fine 2014, tratta del cosidetto “Sentiero oscuro”, ovvero la magia nera, da Mozart agli anni 70. Per la verità l’apertura è affidata a un caso più recente e che c’entra indirettamente con la musica: quello della morte per overdose di Peaches Geldof, figlia di Bob Geldof e Paula Yates, la cui morte (anch’essa per overdose), avvenuta quando Peaches aveva 11 anni, traumatizzò fortemente la bambina. Prima di morire, Peaches si avvicinò a diverse organizzazioni occulte, pubblicizzando ampiamente il fatto, per poi distanziarsi da esse e lanciare accuse pesanti anche contro il padre. Un caso drammatico, che serve da introduzione forte all’opera. Che entra quindi nel vivo con un capitolo dedicato all’influenza delle tematiche occulte su Mozart, Tartini, Paganini e Wagner e alle dicerie su di essi. Tocca quindi a Elvis Presley, sostenitore convinto dell’esistenza degli UFO (ne avvistò, a suo dire, moltissimi) e appassionato della teosofia di Madame Blavatski. Il capitolo principe è il terzo, dedicato all’approfondita illustrazione delle teorie dell’occultista Aleister Crowley su Jimmy Page e i Led Zeppelin: sono pagine da brividi, in cui – sorprendentemente – saltano fuori pure gli ABBA, il che lascia sospettare che la decisione di registrazione 'In Through The Outdoor' abbia avuto altre motivazioni oltre a quelle ufficiali. Ad esempio la comune passione per Crowley. Più leggeri i capitoli dedicati ai presunti patti col diavolo di tanti bluesman, da Robert Johnson in poi, per arrivare a Bob Dylan (che ha dichiarato ripetutamente di averne stipulato uno), all’interesse per gli UFO di Pink Floyd e Jimi Hendrix, alla passione per i vampiri di Elton John e Aaliyah. Inedita la passione di Robert Fripp per la religione Wiccan e le teorie di Gurdjeff, legata in qualche modo all’interesse per l’occulto di Dario Argento e dei Goblin. Si passa ai Beatles, al loro viaggio in India e alle numerose superstizioni di John Lennon, quindi a Charles Manson e agli Stones. Molto interessante il capitolo su Bowie, così come quello sui Jerry Garcia dei Grateful Dead e su Zappa: il primo era informatore dell’FBI; entrambi affascinati dalle teorie di Crowley. Si chiude con l’immancabile Jim Morrison.
Il secondo volume parte dai Queen, del cui leader Freddy Mercury vengono rivelati gli interessi occulti (e molto occultati), si ripassa per Bowie e il comune interesse per 'Metropolis' di Fritz Lang (film in cui chi avrebbe mai sospettato un pesante fondo esoterico?) per giungere a Lady Gaga. Il capitolo su Bono Vox ha il merito di chiarire pienamente le accuse di ipocrisia rivolte al cantante degli U2 per il suo impegno terzomondista (che non sarebbe affatto sincero, viste le sue frequentazioni e le soluzioni proposte ai problemi delle nazioni in via di sviluppo). Si segnala il capitolo su Michael Jackson, ossessionato da tematiche complottiste e dalla clonazione. Un crescendo satanista si snoda dalle prime band a portare queste tematiche in scena, Coven, Black Widow e Black Sabbath (questi ultimi però sono cristiani convinti), per passare a Marilyn Manson (ex sacerdote della Chiesa di Satana di Anton La Vey) e raggiungere il culmine con Genesis P-Orridge di Throbbing Gristle e Psychic Tv e David Tibet dei Current 93.
L’essere stato il paroliere di una rockstar brasiliana in gioventù permette a Perucchietti di parlare del romanziere new age Paulo Coelho: scoprire tematiche pesantemente sataniste (lo stesso Coelho ha più volte affermato di aver fatto parte di una setta satanica in gioventù) dietro ai romanzi consumati avidamente da tante casalinghe con pretese intellettuali vi farà sorridere non poco. Di Santana si affronta tanto il periodo in cui seguì il guru Sri Chinmoy, quanto le più recenti credenze gnostiche (peraltro già presenti prima che Santana si affidasse alla saggezza indiana, dato che il suo secondo album è intitolato 'Abraxas', come il Dio Oscuro della tradizione gnostica). Due gli italiani trattati: Rino Gaetano, su cui la Perucchietti riferisce scetticamente l’ipotesi di Bruno Mautone, che lo crede affiliato alla massoneria e ucciso da essa (“indimostrabile”), e Antonello Venditti, di cui vengono riferite le numerose dichiarazioni sui contatti UFO, premonizioni, percezioni della presenza del demonio, che illustrano un lato meno conosciuto del cantautore romano. Si conclude con la morte di Kurt Cobain: Perucchietti illustra le motivazioni che hanno spinto molti a credere che sia stata la moglie Courtney Love ad ucciderlo.
Consiglio a tutti questi due libri, sia per l’atteggiamento equilibrato e critico della Perucchietti nei confronti della materia, sia per i retroscena spesso sbalorditivi sulle cose in cui credono o hanno creduto, facendone spesso sostanza delle propria musica, tanti autori. Nessuna pretesa di dimostrare la loro verità o la loro falsità (tranne quando esistono prove documentali, come il rapporto FBI sulle informazioni fornite da Jerry Garcia, facilmente reperibile anche in rete su https://vault.fbi.gov/Jerry%20Garcia). Solo informazione su ciò in cui molte persone, incredibilmente, credono. Notevole.
Articolo del
05/09/2015 -
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