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Qualche giorno fa, presentando le date del tour italiano dei Jethro Tull, avevamo consigliato di non perdere l’occasione di vedere dal vivo questa storica band, che viene dai lontani anni 70 (il loro primo album, This Was, è addirittura del 68). E avevamo ragione: chi l'altra sera era presente nella splendida cornice del Teatro Romano di Ostia Antica, non potrà che darci ragione: i Jethro Tull continuano, nonostante l’età avanzata dei componenti, a meritare un posto d’onore nell’Olimpo delle rock band degli ultimi 40 anni. Cosi, quando mercoledì è apparso sul palco, con la band già schierata, quel pifferaio magico di Ian Anderson con l’immancabile bandana e ancora in ottima forma, intonando con il flauto le note di Nothing Is Easy, i fortunati presenti hanno subito capito che avrebbero assistito non solo ad un concerto rock ma ad una vera lezione di musica.
Inizia dunque il viaggio in un mondo musicale ampio, che tutti hanno sempre sintetizzato con l’etichetta del progressive rock ma che in realtà si arricchisce sempre, grazie alla genialità di Anderson, di influenze molto varie che vanno dal jazz al blues, dalla musica etnica alla musica classica. E già dal primo pezzo suonato il pifferaio magico dà spazio agli assoli dei componenti della sua band, che fanno subito capire la loro grandezza. Volano via Beggar’s Farm, A New Day Yesterday, applauditissima, poi Pastime With Good Company, Life Is A Long Song, poi finalmente uno dei loro capolavori assoluti, Thick As A Brick, quando il pifferaio magico inbraccia la chitarra e, anche con il nuovo strumento, dimostra la sua grandezza come musicista. Poi altri sei brani, intrisi come sempre di musicalità e sonorità assolutamente originali (Songs From The Wood, Bourèe, The Hare In A Wine Cap, A Change Of Horses, Cross-eyed Mary, Farm On The Freeway). Poi è il momento dell’assolo del chitarrista storico del gruppo, Martin Barre: un giovane sessantaquattrenne che con il suo strumento sembra parlarci. Uno che, tanto per ricordare un po’ di passato, è con la band dal 1969 ed ha suonato in periodi di concorrenza con gruppi come i Led Zeppelin, solo per citarne uno, dove il chitarrista era un certo Jimmy Page: e lui, Barre, è ancora li, sul palco, ad intonare il leit motive più famoso del repertorio della band, quello di Aqualung che è storia del rock.
Il pubblico, composto prevalentemente da giovani che forse non conoscevano l’intero repertorio della band, riconoscono però la buona musica, che non ha età, e si lascia definitivamente travolgere. Tanto da richiamarli fuori per il bis, e dar modo all’istrionico Anderson di riprendere il suo piffero magico, intonare le note di un altro capolavoro storico, Locomotive Breath, e mandarci cosi a casa tutti contenti.
Serata magica, quindi, in una caldissima estate romana, un contesto finalmente degno per ascoltare bene la musica (vista la scandalosa carenza ormai storica di luoghi adatti per i concerti che riguarda la nostra Capitale), con una rock band che viene dal passato. Che nel passato ha vissuto i suoi momenti di gloria e che forse non conquisterà nel futuro nuove platee o nuovi scenari musicali, ma che ieri sera ha dimostrato una volta di più che la musica di qualità, al di là delle etichette, al di là delle tendenze del momento, al di là esigenze di mercato, è sempre un punto di riferimento insostituibile per chi ha orecchie sensibili per riuscire ancora a distinguere il rumore dalla vera musica.
Articolo del
19/07/2010 -
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