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La serata che ha visto sullo stesso palco Nina Zilli e Baustelle, ovvero due delle realtà italiane più interessanti, è stata senza dubbio tra le più attese di quelle in programma all’Ippodromo delle Capannelle all’interno della rassegna Roma Rock Festival 2010. Gli artisti in questione hanno ripagato le attese del pubblico con ottime performance.
Alle ore 21 è stata la volta di Nina Zilli ad aprire la serata introdotta da un paio di pezzi strumentali della sua ottima band, in tipico assetto rhythm‘n’blues, capitanata dal bravissimo Gianluca Pelosi al basso, con Alessandro Soresini alla batteria, Cesare Nolli alla chitarra, Marco Zaghi al sax, Riccardo Gibertini alla tromba e Angelo Cattoni alle tastiere. La cantante piacentina ci colpisce da subito per il suo look ed il suo portamento, in perfetto stile inizio anni ’60, come se fosse una “Supreme bianca”; ma ci colpisce ancor di più la sua verve dialettica quanto mai aggressiva e provocatoria a testimoniare come il ruolo della cantante sia totalmente cambiato rispetto a quell’epoca in cui la donna era relegata ad un ruolo subalterno rispetto a quello dell’uomo (prima, cioè, dell’avvento nel pianeta rock di gente come Janis Joplin, Grace Slick, Patti Smith tanto per intenderci). Precisione, energia delle dinamiche, pulizia dell’esecuzione, limpidezza del suono: nell’afosa serata romana Nina Zilli ci avvolge con la sua anima soul ed il concerto è tutto un movimento. Lei dimostra di essere una performer nata per far ballare il pubblico spaziando dallo stile Motown di Detroit ai ritmi in levare del reggae, passando per il rhythm'n’blues. Ci propone brani del suo album di esordio Sempre lontano, come la sanremese L’uomo che amava le donne con tanto di dedica alle “donne con le palle” (che, immagino, sarà sicuramente valida per la realtà piacentina ma la Lady forse non sa che da queste parti le donne si aggirano con il santino di Thomas Milian. Basta entrare dentro un qualsiasi esercizio commerciale e provare per credere). Seguono in scaletta la hit 50 mila lacrime (famosa per essere stata inclusa nella colonna sonora del film Mine vaganti di Ozpetek) e, quindi, le convincenti Il paradiso, Tutto bene, No Pressure e “Bacio d’addio con la Zilli tutta intenta a sottolineare continuamente i passaggi musicali con movenze del corpo precise ed eleganti come quelle di una diva cinematografica. Peccato per la mancanza di originalità del repertorio proposto, una minestra fin troppe volte riscaldata nel corso di questi decenni, un manierismo che potrebbe comprometterne la durata della cantante a certi livelli a meno di un cambio di rotta che speriamo vivamente non trash-scenda in quel di Sanremo ultima versione (quella targata De Filippi ed X-Factor). Tornando al concerto, la Zilli ha affiancato una chicca come L’uomo d’oro di Caterina Caselli e doverosi tributi ad alcuni personaggi a lei molto cari che hanno fatto la storia della musica: da Ain't That Loving You di Alton Ellis a I'd Rather Go Blind di Etta James; da Twisting The Night Away di Sam Cooke a L’amore verrà cover del brano You Can't Hurry Love portato al successo dalle Supremes nel 1966 (passando negli 80’s per il Re del Plagio Phil Collins) con il testo scritto appositamente da Pino Cassia. Ad ogni modo è stato un concerto piacevole nonostante le solite frasi da concerto un pò U2-style della serie “siete-uno-spettacolo” o “Sei fantastica Roma” che stridevano non poco con la sua personalità, cosi vivace e schietta.
A seguire è la volta degli attesissimi Baustelle, ovvero Francesco Bianconi, Rachele Bastreghi e Claudio Brasini già reduci, qualche mese fa, da un sold-out all’Atlantico. Considerati come una delle band italiane che va per la maggiore, il trio di Montepulciano viaggia sulle ali dell’entusiasmo per il successo di consensi del loro ultimo disco I mistici dell’Occidente, prodotto da Pat McCarthy, artefice di molti successi di REM, U2 e Madonna. Un sound robusto ha accompagnato uno show durato poco meno due ore. Ad accompagnare la band stavolta non c’è l’orchestra ma una, bensì, dei validi turnisti in tipico assetto rock. Per la gioia del pubblico presente, la band toscana ha eseguito senza interruzioni buona parte dei brani dell’ultimo album I mistici dell’occidente (ben 7 dei 12 pezzi presenti) oltre ad alcune canzoni provenienti dai precedenti lavori. In una scenografia volutamente scarna con pochi giochi di luce su uno sfondo di drappi grigi, si comincia con I provinciali, e, a seguire, Le Rane, dal loro ultimo disco. Poi un salto indietro negli anni con La moda del lento introdotta ironicamente dallo stesso Bianconi con la frase “Questa per chi dice che i primi Baustelle erano un'altra cosa”. Sono, poi, arrivati via via brani come Antropophagus, Panico, La guerra è finita, Corvo Joe, San Francesco, I Mistici Dell'Occidente e La canzone della rivoluzione sino a Gli spietati. Lo show è proseguito con La bambolina ed En. Si approda, quindi, al medley costituito da classici come Noi bambine non abbiamo scelta, Cinecittà (tratto dal primo album Sussidiario illustrato della giovinezza riproposto dal vivo dopo moltissimi anni) e Beethoven o Chopin. Il gran finale è una dedica dei Baustelle alla città di Roma. Tornati sul palco, hanno omaggiato i circa 3.000 presenti con un medley speciale (non previsto nella scaletta del tour): “Lo abbiamo provato solo questo pomeriggio, ha annunciato Bianconi dal palco. Vediamo come viene”. Il brano in questione è Nun je da retta Roma (di Magni-Trovajoli, 1973), agganciata nel finale a Piangi Roma il brano che i Baustelle hanno realizzato per la colonna sonora del film Giulia non esce stasera.
Fa una certa impressione sentire l’ugola di Francesco Bianconi intonare in un perfetto accento romanesco “Vojo canta così fiorin fiorello...”. La risposta del pubblico entusiasta non ha tardato a venire ed il medley è stato cantato a squarciagola da tutti i presenti. La band chiude la serata con Gomma.
Articolo del
22/07/2010 -
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