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Una buona serata di hard rock elettrico e di reminiscenze psichedeliche datate anni Ottanta, un concerto guitar oriented che rende felice il pubblico romano, composto più da affezionati che da nuovi fans. Questo il ritorno a Roma dei Cult di Ian Astbury, voce solista, e di Billy Duffy, chitarra elettrica, gli unici due componenti rimasti rispetto alla line up originaria, passata negli anni attraverso due scioglimenti e diversi avvicendamenti. Accanto a loro Mike Dimkich, alla seconda chitarra, Chris Wyse, al basso, e John Tempesta, di origine italiana, alla batteria.
Si parte subito al massimo dell’accelerazione, grazie alle esecuzioni di Lil’Devil e di Electric Ocean, ma è sulle note della successiva Rain che la gente impazzisce e si mette a pogare sotto palco come ai vecchi tempi. Questa miscela di riff chitarristici potenti e di venature “acide” costituisce la formula fin qui indovinata dei Cult, che non deludono neanche sulle successive Sweet Soul Sister e Revolution. Sono molto belle anche The Witch con quel "She’s got what you need” che risuona perverso ed invitante, e Spirit Walker, ma è solo con Edie (Ciao Baby) che arriva la prima rock ballad, intensa e struggente come la ricordavamo. Certo che la mole di Ian Astbury è diventata a dir poco impressionante! Forse ricorderete che lui si ritiene discendente di un dio indiano, del dio Scoiattolo per la precisione, ed ha ancora la coda di quel simpatico animaletto allacciata ai pantaloni... Però a guardarlo bene, adesso sembra essere diventato l’erede del dio Orso! Più in forma di lui, e sempre preciso nei suoi interventi chitarristici, risulta invece Billy Duffy, un vero talento, che alterna citazioni Zeppelin a echi Stooges, ed è davvero un bel sentire! Il frastuono psichedelico di Nirvana accende nuovamente le micce , e poi ancora Fire Woman, Wildflower e Love Removal Machine in un crescendo portentoso, a volte non sostenuto però dalla vocalità malferma del gigantesco Astbury, che non è più in grado di chiedere alla sua voce quello che faceva una volta.
Si chiude alla grande però, con She Sells Sanctuary, uno dei primi singoli della band, un brano maledettamente simile a Rain, ok, ma chi se ne importa, perché questo “Love Live Tour” dei Cult ci ha riconsegnato emozioni e pulsioni che avevamo un po’ messo da parte, quando invece l’elettricità sana di certo hard rock contribuisce di certo alla nostra salute, fisica e mentale!
Articolo del
04/08/2010 -
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