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Con una produzione “a braccetto” firmata Sporco Impossibile e Partyzan, il Settembre Rendese allarga, quest’anno in occasione della sua 46esima edizione, il proprio orizzonte con una rassegna dedicata al cantautorato indipendente italiano. Una novità che da una parte rinfresca il panorama culturale di un hinterland sempre due-tre passi indietro rispetto al resto d’Italia e, dall’altra, concede ai curiosi avventori di riscoprire le bellezze di un borgo caratteristico e genuino come quello di Rende paese.
Due giorni di intimismo acustico che grazie alla pochezza offerta dalla opaca e fiacca performance di Dente permettono persino di rivalutare, in piccola parte, la figura di Paolo Benvegnù. Esaltato a dismisura da certa critica italiana, avvezza a facili entusiasmi, ed in realtà mediocre compositore e cantore. Cosa riconfermata puntualmente dalla prova fornita sabato sera nella suggestiva piazza del Municipio, risolta come al solito da Benvegnù puntando tutto sull’ironia, sulla falsa modestia e sul più becero cabaret, il tutto con la netta impressione di voler celare (consapevolmente) l’evidente pochezza dei brani proposti. Intendiamoci: Paolo è una bravissima persona, simpatico e probabilmente anche molto umile, i suoi testi possono anche piacere ed emozionare, ed ha pure una voce niente male. Ma le canzoni sono melodicamente nulle e davvero poco convincenti, per quanto in veste acustica riescano ad essere leggermente più apprezzabile che al solito. Solo in Italia siamo capaci di esaltare ed esaltarci per artisti di questo spessore. Prima ho parlato di rivalutazione di Benvegnù rispetto a quanto offerto da Dente, lascio a voi, perciò, immaginare in base alle parole spese nei confronti del suo più famoso collega in cosa possa essere consistita questa offerta della “nuova promessa” del cantuautorato italiano. Senza scendere nei particolari. E’ meglio.
La seconda sera, causa labirintico assetto topografico di Rende e assenza di parcheggi, mi perdo la performance di Umberto Palazzo (fondatore dei Massimo Volume e attuale leader dei Santo Niente), ma i commenti piuttosto freddini trapelati tra il pubblico al mio fianco non lasciano particolari strascichi di rimpianto. Federico Fiumani, leader degli storici Diaframma, non fa in tempo ad attaccare il jack della sua rosa Telecaster che già si gioca uno dei suoi cavalli di battaglia Siberia. Il suo è un set piuttosto tirato e particolarmente apprezzato dal pubblico, il quale appare decisamente più ricettivo rispetto alla serata precedente, anche se la mancanza di basso e batteria sembra inficiare la qualità di brani che si basano troppo su una esecuzione vocale monocorde. Bello quanto si vuole, di caratura superiore rispetto a tutti gli altri partecipanti della rassegna rendese, ma l’impressione è sempre quella che si tratti di un autore che ha costruito la sua intera carriera su tre-quattro pezzi azzeccati, tra cui Diamante Grezzo e Gennaio. Eccellenti anche nella nuova veste “solo chitarra”.
Un’esperienza da ricordare più per l’affluenza di pubblico assetato di musica e per l’atmosfera generale che per l’effettiva qualità della musica proposta.
Articolo del
16/09/2010 -
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