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Questa sera Varsavia è particolarmente bella. Il cielo è stellato e la temperatura è mite. L’occasione giusta per mettere il naso fuori di casa e recarsi al concerto dei Whitest Boy Alive cercando, in qualche modo, di provare a scrollarsi di dosso l’uggia di questo inizio d’autunno. Non perdiamo tempo, quindi, e alle ore 20:00 siamo già dentro al Centrum Artystyczne Fabryka Trzciny, piccola fabbrica dismessa riconvertita magnificamente a “Centro Artistico e Culturale” situata nel vecchio quartiere di Praga. Il luogo e il personale sono davvero accoglienti: uno dei più bei locali finora conosciuti qui a Varsavia. Visto il largo anticipo abbiamo anche il tempo di bere tranquillamente una birra (ovviamente polacca) e di accomodarci ad ascoltare, assieme a uno sparuto numero di persone, i Twilite, gradevole duo acustico di Poznań che ci promettiamo di tornare ad ascoltare quanto prima. Mezz’ora abbondante di buona musica che ci accompagna fino all’attesissimo concerto dei Whitest Boy Alive, formazione con base a Berlino capitanata dal ben più noto Erlend Øye dei norvegesi Kings Of Convenience, sagoma di spicco che già da qualche ora si aggirava solo soletto tra il pubblico. Un pubblico questa volta molto più numeroso ed entusiasta che parte a razzo saltellando sulle note iniziali di Keep A Secret e subito dopo di High On The Heels, e che dà l’impressione di essere lì proprio per divertirsi con le sonorità leggere di questi quattro bravi ragazzi. Un gruppo davvero affiatato che rallegra, ma soprattutto che si rallegra, attraverso un sound brillante che, inconsciamente, ti fa dimenare le braccia e le chiappe pur restando incollati con i propri piedi sul pavimento. È il caso di Burning, Fireworks, Courage, Island e via discorrendo, canzoni di una piacevolezza assoluta che tuttavia riescono anche a incantare, come nel caso di Intentions, Gravity e Don’t Give Up, in grado come poche di toccare le corde del cuore. Malgrado l’intensità di questi brani, Erlend & soci scherzano, ridono e improvvisano piacevolissimi siparietti e intermezzi strumentali che ci mettono di buonumore e che, straordinariamente, ci catapultano nel bel mezzo di una discoteca dove una volta tanto, vivaddio, si può ballare dell’ottima musica dance. Composizioni in grado di fondere alla perfezione pop, elettronica e funk e che, oltremodo, riescono anche a colorarsi di spassosi quanto discreti effetti lounge. Insomma, quella di questa sera è una bella serata di indie pop che ci trastulla per un’ora e mezza e nella quale i Whitest Boy Alive eseguono gran parte del loro repertorio tratto sia da Dreams, debutto del 2006, che da Rules, ultimo lavoro datato 2009. Il concerto sta quasi per terminare. Ci guardiamo attorno e notiamo una sala gremita con la gente che canta, che danza e che porta il ritmo con le mani. Erlend non resiste alla tentazione e decide di scendere tra la folla a cantare e a ballare l’ultimo brano della serata: una versione caotica e poco ortodossa (ma decisamente trascinante) di Show Me Love di Robin S. Spettacolare! Varsavia sembra Rio de Janeiro.
(pubblicato per gentile concessione di www.musicletter.it)
Articolo del
07/10/2010 -
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