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Il sold out per questa prima data del Teatro degli Orrori al Circolo degli Artisti era stato annunciato già da domenica. È giovedì sera e, considerando ormai l’esperienza in fatto di live del gruppo rock veneto, mi aspetto di tutto e di più. Ma quando arrivo di fronte al botteghino non c’è nessuno, nel cortile poca gente che chiacchiera tranquilla e all’interno della sala gli scatenati e febbricitanti giovani fan del Teatro sono già appostati in modo relativamente ordinato sotto il palco. Scopro con estremo dispiacere che il guardaroba non aprirà (chissà perché...) e già mi vedo durante il concerto sdraiato per terra che collasso dal caldo con addosso la mia felpa e la giacca di pelle.
Ad ogni modo, ad aprire le danze c’è questo gruppo di Perugia, i Fast Animals And Slow Kids. Mai sentiti prima di quel momento, a fine concerto mi ritroverò a constatare la loro bravura tecnica e di intrattenimento live. Offrono uno spettacolo come non se ne vedono più in giro ultimamente: il frontman folleggia sul palco come un Caparezza più rock e meno rap, suona un rullante con il microfono, al primo pezzo si lancia sul pubblico con tutta la chitarra e fa battute una dietro l’altra su amore, odio, la cioccolata e la loro città, Perugia. Dietro di lui i rimanenti tre suonano un rock’n’roll alla Mc5 da cui è impossibile non farsi catturare: si meritano veramente il successo.
Il pubblico già entusiasta e fomentato dai Fast Animals inizia ad aumentare pericolosamente nei tre quarti d’ora che servono al Teatro per preparare il palco. Sembra che la sala stia per esplodere quando si spengono le luci ed entrano Gionata Mirai, Francesco Valente, Tommaso Mantelli, Nicola Manzan e Pierpaolo Capovilla. Salutano a gesti e partono subito con È colpa mia un pezzo “lento” che comunque permette a tutti di iniziare a scatenarsi fino a metà sala. C’è da dire che la scaletta offerta per questo concerto è stata cambiata di molto, nell’ordine dei brani e nella scelta di eseguire più pezzi lenti rispetto alle altre volte. Per esempio si giocano subito A sangue freddo per poi arrivare al pericolosissimo Due e poi continuare con due pezzi vecchi ma tra i più potenti, ossia Vita mia e Dio mio. Il pubblico si stanca subito, il fomento è alternato a momenti lenti e così nessuno si fa male. Uno spettacolo del genere è una goduria anche a livello visivo: luci solo sul palco, loro cinque avvolti nel fumo artificiale, distorsioni noise e tempi di batteria estremi, Capovilla chinato su un pubblico delirante che si schiaccia da una parte all’altra della sala, gente che cade e che salta, qualcuno addirittura si incazza. I buttafuori sono fermi e attenti e quando possono distribuiscono bottiglie d’acqua. Altri brani sono Padre Nostro, Majakovskj leggermente disturbato nei momenti di pausa che Pierpaolo Capovilla sa “capovolgere” a suo favore rispondendo per le rime ai disturbatori. Praticamente eseguono tutto il loro repertorio tranne una manciata di brani. Mancano infatti all’appello Direzioni diverse, E lei venne! o Maria Maddalena. Sono presenti invece brani che non suonavano da molto tempo come Carrarmatorock!, Scende la notte e Nostalgia, quest’ultimo con tanto di intermezzo registrato tratto da qualche film che non ho saputo riconoscere, ma che mi ha fatto pensare subito allo zampino di Bologna Violenta. Eseguono anche La vera prigione, praticamente la celebre poesia di Saro Wiwa musicata nel loro stile. Per il resto è tutto come al solito: gli stage di Capovilla (come anche il sesso orale col microfono, la commozione e i bei discorsi su Ken Saro Wiwa), la sigaretta sulla chitarra di Mirai, gli occhi “flesciati” di Valente, il collo lungo di Mantelli e lo sculettamento di Manzan.
A fine concerto tra la gente e i gruppi che si riposavano nel cortile c’erano molti “ospiti” tra cui Davide Toffolo e Enrico Molteni dei Tre Allegri Ragazzi Morti nonché fondatori della Tempesta. Vasco Brondi e Niccolò Fabi. Qualche saluto qua e là e poi tutti a casa felici e contenti di aver sudato come dei maiali.
Articolo del
19/11/2010 -
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