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A sei anni esatti di distanza dalla prematura morte dell'amico di sempre John Balance (13 novembre 2004), se ne va anche Peter Christopherson, Sleazy, pare morto nel sonno, nella sua casa di Bangkok.
Così quasi un quarantennio di irriducibile immaginazione creativa si spegne. COUM Transmissions, Throbbling Gristle, Psichic TV, soprattutto Coil: una manciata di scapestrati iconoclasti (artisti performativi, per il mainstream) che vomitava una rabbia nichilista contro la nascente epoca thatcheriana. Per noi che siamo cresciuti nella solitaria e depressa provincia italiota degli anni '80 del Novecento le sperimentazioni che quella banda di geniali provocatori commetteva nella perfida Albione ci arrivavano in un ritardo che permetteva di mitizzarli, ma anche di sentirci dentro un movimento condiviso di ribellione ossessiva e anarcoide, seppure a distanza.
Anche per questo non è facile parlarne ora, quando la notizia ci raggiunge per sms, Twitter, mail, mentre noi ancora ricordiamo viaggi epocali in autobus per arrivare a Roma, quartiere San Lorenzo, Largo dei Falisci, da Disfunzioni Musicali, a spulciare e quindi accaparrarci quella copertina con croce capovolta che incornicia la foto a colori di un culo e sotto il simbolo del sole nero: Scatology, Coil, 1984. See the Black Sunrise in the Solar Lodge, urlava John Balance su una base di nastri inquietanti, percussioni ancestrali, rumorismi sepolcrali, echi abissali e distorti, tutti architettati dal compare Peter Christopherson.
La cronaca ci dice che Sleazy è stato uno degli inventori dell'industrial (Industrial Records si chiamava l'etichetta che pubblicava TG), quindi delle performance sonore e visive che devastavano gli stili di vita e pensiero di un'Europa ancora ossessionata dal perbenismo moraleggiante. A noi sembra che con la dipartita di questi solitari cavalieri della distopia artistica si chiuda la parte più creativa e immaginifica della tarda modernità: un manipolo di agitatori culturali che ha saputo fare tesoro di legami prolifici con una parte delle avanguardie storiche novecentesche (il dadaismo, di sicuro; ma a noi piace pensare in parte anche l'Internazionale Situazionista, per lo meno nel senso in cui Debord confessava che “le nostre uniche manifestazioni volevano essere completamente inaccettabili; all'inizio soprattutto per la forma e più tardi, approfondendosi, soprattutto per il contenuto”), non avendo paura di immergersi in terreni sonori sconosciuti: quasi sempre ostinatamente neri, nevrastenici, claustrofobici, malsani.
Quel crogiuolo di artisti a tutto campo ha creato uno spazio esistenziale, culturale, sociale, in cui dare forma e condividere i lati più oscuri delle nostre malferme esistenze, dando cittadinanza ai fantasmi occultati nelle nostre menti. La rete intorno a Coil (John e Sleazy) andava da Marc Almond a David Tibet, da Genesis P-Orridge a Cosey Fanni Tutti, da Gavin Friday a Derek Jarman e potremmo continuare, non dimenticando il capolavoro dedicato a Pasolini: Ostia – The Death of Pasolini, forse uno degli omaggi più toccanti in favore del poeta friulano. Soprattutto gli ultimi lavori musicali del loro progetto lasciavano intravedere squarci di un sole meno nero.
E come non pensare al tributo This Immortal Coil, che diversi artisti, a partire da Yann Tiersen e Matt Elliott hanno tributato a Coil. Quindi l'ultimo capitolo musicale di Sleazy, The Threshold HouseBoys Choir, era stato ospite di festival elettronici, come da ultimo Dissonanze 2009 qui a Roma. In mezzo decine di video da regista, passando anche per Vasco Rossi, e un lavoro da grafico di altissimo livello. Certo anche molti conflitti, spesso con i suoi amici di sempre, a partire da Genesis P-Orridge, e molte, oscure (come diversamente del resto!) leggende metropolitane. Ci mancherà Sleazy, come ci manca da molto John Balance: varrà la pena tornare a parlarne tra qualche tempo, con più calma e serenità.
Che Sleazy abbia potuto rincontrare il suo amico John già in The First Five Minutes After Death...Love Secret Domain!!
Articolo del
04/12/2010 -
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