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Eroina del punk rock anni 80, colei che ha sposato un 16enne quando aveva 31 anni, donna con una figlia dal nome Cosma Shiva, quella che in tv mostrava le varie tecniche di masturbazione, arrivata a credere agli UFO, all'esoterismo e a tutta una serie di religioni orientali, alla fine, come molti artisti con un percorso similare, ha ritrovato la sua pace nelle braccia del suo amico Gesù, come lo chiama lei, e di suo padre Dio, che è padre di tutti, perché noi siamo figli dell'amore.
Ed è proprio così che Nina Hagen apre il suo concerto a Roma, in una Sala Sinopoli non troppo piena, ma molto calorosa, esordendo con la frase ”qui si parla di amore”. Del resto si capisce subito l'andazzo quando canta Everybody Wants To Go To Heaven, ma nessuno vuole morire; Nina riesce a essere ironica e provocatoria anche quando canta canzoni che inneggiano alla gloria del Signore. Lo si potrebbe capire anche dal fatto che stasera si è presentata sul palco come se stesse andando a un vecchio e sano concerto punk, dark fino all'osso con pizzi e balze e anfibietti, orologio verde acido con sopra probabilmente l'immagine di Gesù, cinta blu elettrico e, come da copione, impalcatura di capelli con extension tirate a ciocche come a formare due codone laterali e fiocco rigido centrale color rosa shocking con altrettanti fronzoli e sbrilluccichini al suo interno. Insomma una dicotomia vivente.
Nina questa sera ama parlare anche di Ratzinger, perché lei non è una sua grande fan, quindi tra un gospel e un altro ci fa capire che a lei il Papa-pastore-tedesco non piace e attacca, a conferma di ciò, Personal Jesus in una versione decisamente ben riuscita, mentre sul finale "reach out and touch faith" si inginocchia a terra, mette un dito in bocca e poi lo punta in alto, come a toccare effettivamente lo Spirito Santo o magari un cherubino che svolazzava da quelle parti. Forse Nina vuole dimostrare che la fede la possiamo effettivamente toccare, basta mettersi un dito in bocca e alzarlo al cielo. Funzionale sicuramente.
La Hagen lancia ancora un messaggio simile a quello iniziale “qui si parla di amore, ma l'amore dove sta? Lui è li che aspetta. Viviamone uno solo di amore del cuore”, a voi l'interpretazione; comunque la folla era in visibilio a questa affermazione, il mio vicino di banco un po' perplesso invece. Dopo questo attacca Riders On The Storm, il collegamento mi deve essere sfuggito, però l'ha fatta veramente bene. Sempre stando al fatto che Nina ha avuto un'operazione alle corde vocali e che la sua voce è decisamente dimezzata rispetto al passato, bisogna dire che la sa gestire molto bene ed ora ha una forma, potremmo dire, caratteristica e caratteriale. Infatti, con la sua mimica fantastica, ci esegue Why Should The Devil Have All The Good Music, e veramente se fossi stata nel Diavolo me la sarei posta questa domanda dopo che Nina la esegue in una imitazione di uno zombie e di Igor di Frankestein Jr a tratti Corpse Bride di Burton al limite del perfetto.
Ma il sermone non è finito. Inizialmente sembra di assistere a uno spaccato da cafè chantant filo cristiano, inframmezzato da varie ironie sul mondo e sulla vita. Poi però questa impressione cambia e ci sembra di assistere a una di quelle mass prayers dove tutti dovrebbero, in teoria, partecipare cantando, felici e contenti, la gloria del Signore e, magari, trovare anche l'illuminazione già che ci sono. Tornando al sermone di Nina ora si parla di Martin Luther King e Nina suggerisce che ci riusciremo ad avere un mondo di pace e amore, “we shall overcome”, ma le parole del brano successivo sono “we live in a beautiful dimension made not by man”, siamo ormai oltre la vita ormai e attacca There's A Land Beyond The River (that we call the sweet forever: c'è una terra al di là del fiume che noi chiamiamo il dolce eterno), della serie parliamo poco di roba post mortem subito dopo la bella dimensione che ci aspetta dall'altra parte. Ad un certo punto Nina ha un problema con il capotasto che lascia risolvere al suo chitarrista e, anche se in sala nessuno dice niente, attacca raccontando che a Bremen, in Germania, durante uno show, il pubblico si è lamentato che lei si soffiasse il naso e bevesse gin e acqua, lei commenta questa lamentela dicendo che: “ogni cane ha una ciotola d'acqua, perchè io no?”, ennesima euforia della folla. Giustamente rimane in tema post mortem con Spirit In The Sky, e, per non farsi mancare proprio nulla lassù, ci attacca When the Saints Go Marching In. A questo punto Nina racconta degli schiavi di America, di come hanno scoperto il gospel cantandosi il messaggio divino durante le ore di duro lavoro nei campi di cotone, e ironizza attaccando al botta e risposta, sempre mimato da lei, di due schiave nere, un dialogo che fa tipo: Schiava 1 cantando: Che belle le tue scarpe! Schiava 2 cantando: Grazie Signore! Schiava 1 cantando: Sono gospel shoes! (sono scarpe gospel) E via così, tra inni all'altissimo e ironia dilagante. Nina non si ferma, omaggia Elvis, che dice le ha insegnato un sacco di gospel personalmente, dai suoi cd, e, successivamente, canta una bella canzone contro i fascisti, dicendo che i fascisti sono di tutti i tipi, anche cristiani, e sono tutti cattivi. Poi ci racconta che con la sua chiesa, dove vanno tutti e di tutte le religioni - ci chiediamo che chiesa incasinata sia - stanno combattendo una battaglia per i bambini tedeschi che sono nati da madri che hanno utilizzato un farmaco pericoloso in gravidanza che in Germania non aveva l'avvertenza medica di non assumerlo durante la gestazione. Nina ci dice che lei ha 55 anni e poteva essere uno di quei bambini deformi e per questo combattono per far avere alle famiglie un risarcimento per questo danno farmaceutico terribile. Detto questo parla di liberare il mondo dai control freaks, i maniaci del controllo e, con nostra sorpresa, in tedesco e molto velocemente, insulta il nostro Presidente Del Consiglio, Silvio Berlusconi, con gioia del pubblico che ride anche se non ha capito la battuta. Subito dopo attacca il famoso canto israeliano Hava Nagila in una versione molto zingaresca alla Train De Vie, alla fine saluta anche con uno shalom Israel. Ovviamente più avanti nella nostra mass prayer officiata da Nina Hagen arriva anche We Shall Overcome, dove accenna un verso dicendo che l'amore ci salverà tutti, non Ratzinger ma l'amore e Dio, esegue anche un medley dove a un certo punto accenna, incredibilmente, Rivers Of Babylon. Detto questo, Nina esprime il suo pensiero su come il mondo possa essere un posto migliore, dove tutti si amano, dove non ci sono le guerre e lo ribadisce anche negli encore quando, dopo aver cantato TV-Glotzer, parla di quando era bambina e in televisione vedeva Woodstock e tutte le persone che si amavano in un mondo libero, mentre ora vede solo guerre e armi nucleari ovunque, anche in Germania. Il pubblico è molto coinvolto e gli applausi ormai sono intermittenti solo con i brani. Dopo Take A Giant Step, alla cui fine aggiunge un ultimo “I'm not Ratzinger”, giusto per ribadire il suo dissenso con il Santo Padre, riprende la sessione gospel di Elvis con I'm Gonna Live The Life, che chiude questo concerto con la frase “vivrò la mia vita e la canterò nelle mie canzoni”. Così il pastore Nina Hagen dopo averci detto a tutti “baci, baci,baci” lascia il palco.
La messa è finita, andate in pace.
Articolo del
07/12/2010 -
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