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Anche in questa serata arriviamo troppo in ritardo: i nuovi (assai precisi!) orari ci fanno perdere la performance dei Bachi da Pietra, che alle dieci è già conclusa, quando noi siamo appena approdati al bancone!
E dopo neanche un quarto d'ora ecco salire sul palco Emidio "Mimì" Clementi, Egle Sommacal, Vittoria Burattini e Stefano Pilia, mentre il Circolo si riempie, ci pare al limite della sua capienza. È la formazione della reunion Massimo Volume, che avevamo già visto un paio di volte gli scorsi anni, sempre dentro queste mura; da ultimo una serata in cui Vittoria era influenzata ed il set fu costretto ad essere più breve del solito, ma di un'intensità sconvolgente.
Stasera Massimo Volume sembrano molto concentrati, a tratti anche tesi, probabilmente emozionati, come in parte il pubblico, immobile, in versione adorante. E l'attacco è subito Robert Lowell: “...Chi l'avrebbe mai detto/di ritrovarci qui...”; “Consideriamo questo/piuttosto che il resto/il peso/di cose fatte male/e fatte in fretta”; primo pezzo del nuovo, straziante e formidabile capitolo dell'epopea Massimo Volume: Cattive abitudini (La Tempesta, 2010). E immediatamente si capisce che il concerto sarà una esplicita e puntuale presentazione live al pubblico romano del lavoro appena uscito, che le nostre orecchie e mente necessiterebbero ancora del giusto approfondimento. Così il concerto procede in una meticolosa riproposizione dei 12 pezzi, con i grandissimi Egle e Mimì che sembrano particolarmente coinvolti nel riprodurre fedelmente il suono e le parole dallo studio al live, mentre la potente Vittoria pesta dietro alla batteria e l'ottimo Stefano Pilia si ritaglia inserti da chitarra solista. Il suono è pieno e avvolgente, a tratti le due chitarre sconfinano in intrecci quasi shoegaze, sicuramente da navigati post-rocker, mentre il primo “grazie” di Mimì arriva dopo Litio, hit che ci ricorda di Leo: “sembravi un De Niro allucinato/capitato lì per caso”. Poi un saliscendi tra poetica riflessione del sempre presente passato provinciale (Avevi fretta di andartene, Via Vasco de Gama), aperture melodiche da ballata di incontri mancati (La bellezza violata) e rabbia poetica (“Scuoti i tuoi angeli drogati Fausto”). E si capisce come Cattive abitudini si inserisca appieno nel solco della storia antica e oramai classica dei Massimo Volume, sapientemente raccontata da Andrea Pomini in Tutto qui. La storia dei Massimo Volume (Arcana, 2010), su cui avremo occasione di tornare.
Poi arriva il momento dei bis, che noi aspettavamo con ansia! E siamo ripagati: è un tuffo nella memoria splendente di Lungo i Bordi, a voce spiegata: l'Emanuel Carnevali del Primo Dio: “Rimbaud, preghiere, cose più belle di me...”, “La vita scorre lungo i bordi” e poi “Leo, ti ricordi di Fuoco Fatuo?”: “Leo, è questo che siamo?” Quindi l'ultimo rientro per la suite dalle origini: Vedute dallo spazio legata ad Ororo. Ed è srotolato il filo rosso che lega il post-punk e la new wave sporca, rabbiosa e crepuscolare dei primi anni '90, alla consapevolezza che è “ancora troppo presto/ per organizzare il proprio/ sgargiante declino/ ma non abbastanza da/ non averne un'idea” (Le nostre ore contate). Per questo continuiamo ad amare Massimo Volume, dopo l'assenza negli anni doppio zero, dentro le loro “cattive abitudini/ quasi sempre appagate”, che sono anche le nostre, seppure gli anni passino, perdendo in giovinezza, guadagnando in disincanto e poesia, da non riconciliati.
Dopo un'ora e mezzo ci si accalca al banchetto, dove il refrain pauperistico della crisi economica sembra non essere di casa, a vedere fans scalmanati che acquistano decine di magliette e vinili dei Massimo Volume. “Io non ho speranza, io ho fede”.
Quindi si esce, fuori piove, ancora: “E' nella pioggia oggi il vostro grido!”
Live: tutto Cattive abitudini; Bis: Il Primo Dio, Il Tempo Scorre Lungo i Bordi, Fuoco Fatuo. Bis conclusivo: Vedute dallo Spazio + Ororo
Articolo del
09/12/2010 -
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