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Forse non è del tutto raro qui a Roma incontrare una tribute band dei Deep Purple, ma il concerto dei Purple Six merita una segnalazione all’interno dei nostri live sia per la bravura dei componenti che per la scelta del repertorio. Infatti il gruppo si dedica per gran parte del concerto ad una rilettura di brani degli ultimi Deep Purple, non soltanto quindi ad una rivisitazione dei classici dei primi anni Settanta. Li accoglie un Jailbreak rimesso a nuovo e decisamente più accogliente, un locale che sembra fatto apposta per l’Hard Rock , situato come è in mezzo ai depositi e ai capannoni industriali della Tiburtina Valley.
I Purple Six sono una band romana che è attiva da un paio di anni e che si avvale dell’ugola portentosa e della forte presenza scenica di un Marco Castellani che muore dalla voglia di essere Ian Gillan, che presenta alla chitarra elettrica il talento e la grande preparazione sia tecnica che stilistica di Nicolò De Maria, un chitarrista molto giovane ma di sicuro avvenire, che si ispira a Steve Morse e a Andy Timmons, che può contare sulla bravura e sull’esperienza dell’altro chitarrista Angelo Santoro e di Leo Cuomo, al basso elettrico (perfetta copia di Roger Glover), sull’apporto del giovane Paolo Castellani all’organo Hammond e sull’esordiente Mattia De Santis, alla batteria. Si parte subito alla grande con l’esecuzione di Pictures Of Home e di Strange Kind Of Woman, brani che riscaldano l’atmosfera all’interno di una sala che si va ben presto riempiendo. La band mette in evidenza una buona intesa, tanto entusiasmo e una considerevole emozione nel riproporre le sonorità di una band seminale per tutto il movimento Hard Rock. Chi scrive è cresciuto con quei suoni capaci di mettere insieme melodia e tritolo, epica e granito, senza mai trascurare la cura e la ricerca di passaggi stilisticamente efficaci. I primi brividi cominciano ad arrivare sulle note di I Feel Like Screaming, una hard rock ballad bellissima che non si allontana molto dall’originale grazie alla chitarra di Nicolò De Maria, assolutamente perfetto nell’esecuzione della sua partitura solista. Molto bella anche Rapture Of The Deep, l’altro pezzo preso in prestito dal repertorio più recente dei Deep Purple. Sostenuti dal pubblico presente in sala i Purple Six non perdono un colpo, si alternano in assolo gustosi, di stampo anni Settanta, e si scatenano sulle note di Fireball e di Into The Fire. Altro momento topico della serata è l’esecuzione di Perfect Strangers, il brano che segnò la reunion dei Deep Purople dopo una lunga stagione di screzi e divisioni. C’è molta energia, tanta tecnica e molta passione in ogni esecuzione dei Purple Six a tal punto che viene la voglia di chiedersi se abbiano già scritto, oppure no, qualcosa di originale. Ma forse, per il momento, va bene così, e allora giù con Space Truckin’, Highway Star e Smoke On The Water, i classici tratti da Machine Head, brani molto conosciuti, ma che non nvecchiano mai!
Da segnalare, a pochi giorni dalla morte di Gary Moore, l’indimenticabile chitarrista irlandese dei Thin Lizzy, l’intervento come special guest di Debby, chitarra e voce della Nessie Scream Tribute Band di Gary Moore. La ragazza ha eseguito una splendida versione di Walking By Myself, un rock blues appassionato e potente, con cui Gary Moore era solito aprire tanti suoi concerti. Il live act dei Purple Six si conclude con la stessa esplosività con cui è cominciato per merito dell’energia contagiosa di Black Night e di Speed King, due brani che ci hanno riportato proprio agli albori dell’epopea dei Deep Purple.
Articolo del
20/02/2011 -
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