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Il Il Killfest Tour 2011 sbarca a Trezzo D’Adda e al Live Club è delirio puro: concerto sold-out e una delle serate più pazze da registrare negli annali del locale. Headliner dell’evento sono gli Overkill, la band newyorchese fondata nel 1980 dal bassista D. D. Verni - tuttora titolare in formazione – e attualmente capitanata dal riccioluto e tarantolatissimo frontman Bobby Blitz. Gli Overkill sono una bandiera del thrash metal degli anni d’oro, eppure restano, insieme ai Testament, uno dei gruppi più sottovalutati nella storia del metallo. I fattori di innovazione – in particolare alcune influenze hardcore punk – di volta in volta innestati o corretti nella loro musica, in coincidenza con gli ingressi e le uscite dalla formazione di elementi più o meno importanti, non hanno incontrato il favore incondizionato di tutti i fans; inoltre, il fatto di dover coesistere con nomi di ben altra risonanza come Metallica, Megadeth o Iron Maiden, ha fatto sì che la critica fosse spesso piuttosto tiepida nei loro confronti. Ma, come tutti sappiamo, la critica, spesso e volentieri, osanna e condanna un po’ a casaccio, e ciò è particolarmente vero nel caso degli Overkill. Fidatevi: se il vostro Sacro Graal è la perfetta sintesi di incandescenti riff thrash al mille per cento e forsennati ritmi HC, shakerati da vagonate di follia, e con quel pizzico di ironia che sdrammatizza tutto e non guasta mai, gli Overkill sono la band per voi.
C’è da dire che i nostri non si sono fatti mancare nulla, e a fare gli onori di casa hanno invitato nientemeno che Heathen e Destruction (dite un po’, che effetto vi fa immaginarvi Schmier Schirmer che vi accoglie compassato all’entrata del club?!). Aprono la serata i belgi After All, niente male, forse un po’ già sentiti, e per di più alle prese con qualche problema tecnico che non trova una prontissima risoluzione, tanto da costringerli a suonare un intero pezzo praticamente privi del bassista. Dei californiani Heathen tutto si può dire, tranne che non facciano onore al luogo da cui provengano, culla del vero thrash. Gran concerto, al termine del quale il simpaticissimo cantante David White si concede un bagno di folla, posando per le foto, firmando autografi e stringendo mani a tutto spiano. Ignoriamo se dovesse farsi perdonare qualche boccale di birra o qualche vetrata mandata in frantumi dai suoi devastanti acuti. Per essere soltanto in tre, i tedeschi Destruction scatenano un pandemonio degno di un’armata degli inferi sul piede di guerra. Sommi sacerdoti, insieme a Kreator e Sodom, della grande tradizione thrash germanica, incarnano alla perfezione lo spirito del metal massiccio, sudato e roboante. L’entusiasmo del pubblico cresce, specialmente per il vecchio repertorio, che include una Bestial Invasion che scalda il cuore solo a sentirla. Si registrano i primi approdi di spericolati crowd surfers in zona transenne.
Non poteva esserci migliore presentazione per gli Overkill, che si fanno ampiamente perdonare i lunghi minuti di attesa. Da segnalare la coreografia cromatica offerta dagli utenti del forum di Truemetal, che, per rendere omaggio ad uno dei singoli più potenti inclusi nel nuovo album Ironbound, intitolato The Green And Black, si sono dipinti interamente di nero e verde, con un effetto piuttosto inquietante. E’ proprio The Green And Black, ovviamente in un turbine di luci stroboscopiche smeraldine, ad accompagnare l’ingresso in scena di Bobby Blitz e soci. Quest’uomo è incredibile: nel 2002 si è accasciato a terra durante un concerto in Germania, colpito da un ictus, ma a vederlo non lo si direbbe mai. Evidentemente, Bobby “Blitz” Ellsworth ha deciso che, se proprio deve morire, lo farà cantando e correndo come un forsennato su e giù per il palco. Del resto, D.D. Verni, i chitarristi Linsk e Tailer e Ron Lipnicki dietro le pelli stasera sono contagiosi, non c’è modo di rimanere fermi. Nel nuovo album, brani come Bring Me The Night e la poderosa Ironbound non fanno certo rimpiangere gli Eighties; ma è risaputo che noi metallari della vecchia guardia siamo degli inguaribili nostalgici, e la scossa elettrica vera e propria arriva dalle canzoni più datate. E allora basta un accordo di Rotten To The Core, e non c’è più un angolo del locale dove caviglie e ginocchia siano al sicuro: l’intera sala si trasforma all’istante in un colossale moshpit, e anche stavolta gli addetti alla sicurezza si guadagnano il pane, neutralizzando un consistente numero di incursori che tentano l’improvvisata sul palco, dopo aver attraversato tutto il club sopra le teste degli spettatori. Il pogo continua, tiratissimo, sino a poco dopo mezzanotte, tra fenomenali esecuzioni di Bastard Nation, Infectious, Blood Money e Hello From The Gutter; è un peccato l’assenza della scaletta di In Union We Stand, invocata a gran voce e con modi alquanto espliciti da più parti, ma inspiegabilmente non inserita nella setlist: magari avrebbe spezzato un po’ il ritmo, ma quel coro monumentale ci sarebbe stato troppo bene. Il pubblico non ha però la possibilità (né il fiato, d’altronde) di lamentarsi, anche perché a frenare i mugugni arriva un finale esplosivo, con la divertentissima Old School, uno dei pezzi più punk e più folli firmati Overkill, e Fuck You: al grido di “We don’t care what you say – FUCK YOU!!!”, ovviamente con contorno di gesto dall’universale e inequivocabile significato, gli Overkill ci augurano la buonanotte in modo decisamente poco ortodosso e ci danno appuntamento alla prossima.
Speriamo presto, perché serate come questa ci vogliono ogni tanto, a costo di rimediarci svariate ammaccature!!
Articolo del
11/03/2011 -
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