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Electric Wizard
Electric Wizard + Doomraiser live @ Init Club - Roma, 11 marzo 2011
Roma
11/03/2011
di
Giuseppe Celano
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Il metal non è mai stato cosi figo, il metal non mai stato cosi fuori dal mucchio, il metal è vita(le), lunga vita al metal.
È passato quasi un anno dall’ultima volta che abbiamo visto i Doomraiser sullo stesso palco degli Electric Wizard in occasione dello Stone Hand Of Doom. Oggi a pochi mesi dalla nuova edizione del festival le due band si presentano all’Init Club per un concerto a dir poco travolgente. La band di Andrea B.J. sale sul palco verso le 22.15 ed piacevole notare sin dall’inizio che niente è cambiato. I nostri producono un doom potente, a volte progressivo, fatto di chitarre sature. Il basso di B.J. detta i tempi con stacchi pesanti, come colpi di una clave chiodata, rendendo il loro groove ammaliante. La voce passa dal “rantolo” a toni acuti senza nessuna difficoltà, mentre la presenza scenica si è ormai consolidata nel tempo permettendogli di magnetizzare l’attenzione del pubblico. Nella capitale i Doomraiser sono un culto in crescita che richiama molti appassionati.
Poco meno di un’ora di musica e dopo il cambio palco, che ci permette qualche birra e due chiacchere, con l’umiltà di cui solo i fuoriclasse sono dotati ecco salire i luminari del doom, freschi dell’ultimo Black Masses. Sono solo in quattro gli E.W. ma sprigionano un suono che sembra uscire da sei chitarre. Si parte a razzo a dimostrazione che su questo terreno non ce n’è per nessuno. Jus Oborn oltre alla leadership impugna saldamente la Gibson Sg, o se preferite diavoletto, distorta e bluesy nei soli, sostenuta dall’altrettanto potente ascia della bionda dea Lis Buckingham. Durante questo percorso di “masse plumbee” si macinano una quantità mostruosa di riff “rubati” ai Black Sabbath, modificati e risputati come un materiale granitico, eroso da un bollente magma blues che lo rende unico. La sezione ritmica di Shaun Rutter non conosce abbellimenti, non ha tempo da perdere con ghirigori tecnici, è li per abbattere qualunque cosa si frapponga fra la loro musica e voi. Niente avrebbe potuto resistere a quell’impatto. Infine il basso mammut, dell’inquietante e tatuatissimo Tas Danazoglou, funge da spinta propulsiva, ausiliaria, permettendo quell’ispessimento del sound wizardiano che rende questa band un monolite scuro e impenetrabile, segnato da bellissime venature blues che a differenza delle prove in studio qui emergono prepotentemente. Nessuno stacco fra un brano e l’altro, tutti indissolubilmente legati dal continuo feedback. A partire dal Lis ogni singolo membro della band lascia il palco destrurando l’ultima canzone che rimane in piedi sostenuta solo da basso e batteria per un finale degno di una band unica.
Nessun encore è roba per mediocri, gli Electric Wizard viaggiano una spanna sopra tutti. Austerità doom.
Articolo del
15/03/2011 -
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