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Parlare di Fleurs (2009) e New Love (2010) restituisce alla mente un sacco di roba, tutta disseminata lungo una squillante gemma cromatica dai grovigli ricciuti, a metà tra la wishlist di Ian Curtis e la tacita esasperazione degli Xiu Xiu, i versi di Rimbaud e la difesa proiettata dei New Order. Un’ascensione anelata sopra una spazio di contesa sonora che gareggia con una manciata proto-punk forse non cerebrale come quella dai progenitori, ma altrettanto fine, gelida e accorta già nei titoli o nelle stesse copertine degli album. Meglio ancora, poi, se il cantato conciso e strozzato inizia a pendere da una scrittura recisa che piglia fiato solo quando boccheggia attraverso convulsioni programmate, stratificando il suono e il riverbero.
A proporla è Freddy Ruppert (ex This Song Is A Mess And So Am I) che raggira ora la sua sonata elettronica sotto le spoglie più ravvedute del progetto Former Ghosts, impilando dentro le collaborazioni di Jamie Stewart (Xiu Xiu), Nika Roza Danilova (Zola Jesus) e Yasmine Kittles (Tearist). Nomi di certo pescati non proprio a caso. Un assembramento di personaggi diabolici in continuo stato di shock, col fantasma vittoriano da minacciare dietro l’angolo, che ti dà i brividi oscuri, grandi, monumentali. Signori indipendenti e angosciati almeno quanto i loro ‘massimizzatori’ teorici. Questa lezione non è stata studiata a tavolino, e la sua battuta non è mai da sbadiglio ma è sentita sulla pelle, roba diversa. Così come non è marginale sul palco la presenza di Jamie, una schiacciante prova percussiva che struttura battiti e droni raggelanti con l’umiltà di chi sa che racimolare attenzione e stima è tutt’altro che scontato (potremmo anche fermarci qui).
Prima di loro, a bissare l’atmosfera ci pensano Trouble Vs Glue, un insediamento marziale di batteria firmato da Toni Cutrone (Hiroshima Rocks Around) nonché nuovo progetto ormeggiato in sala dall’etichetta No=Fi Recordings. Una padronanza ritmica forsennata quella di Trouble e Mrs Glue, altrimenti increspata da chitarre e campionatori nervosi che bacchettano insudiciati da una scioltezza spokenword di natura up-tempo. Un inno alla creatività imparentata ad un’estetica punk di quotazione cosmica (sono di Roma? Si, ma li credevamo di Brooklyn).
È così che la serata deve andare, tra spasmi paranoici, fagotti e cacofonie vocali di ‘ieri e oggi’. La cassa elettronica detto ritmo e incuriosisce i presenti rimasti ad ascoltare solo degli spifferi freddi che lasciano bloccati come uno spasimo a terra. Lo dice la parola stessa, in fondo, i Former Ghosts sono un fenomeno di regressione dell’ascolto, dotato di un solidissimo impianto melodico dalla fisicità stabile. È come se i pezzi eseguiti in scaletta riavvolgessero tutta la loro magniloquenza, ammettendo di barattare il simulacro con il talento. Quaranta minuti di torsione del pensiero innescano programmaticamente dei feticci dai solidi riferimenti culturali: il piegarsi e il dispiegarsi della wave su più punti dello spazio. La tramatura della serata è carica di rinvii e considerazioni mistiche fatte per suonare libere giusto un po’. New Orleans, Us And Now, Dreams dettano la tecnica esasperatamente violenta, decadente, ossessionata dal rumore e rievocata con una certa attitudine no wave. La voce di Feddy è strangolata dal di dentro, e tra mix e tastiera si muove a serramanico sul palco raschiando il fiato dalla gola metodicamente, quasi a cercare un Curtis che alla fine, però, non trova. Se Choices, And When You Kiss Me, Hold On sono, infatti, un tributo di amore e odio al cimitero monumentale di Manchester, Mother sfiora enormemente il plagio a Leave Me Alone dei New Order. Un cerimoniale sfocato, adeguatamente bello e ibrido, ma dagli esiti poetici banali e viziati alla stregua dei ‘friends with benefit’ di cui il progetto si arricchisce a vista d’occhio. La scrittura è il solo grande (enorme) empasse di Freddy Ruppert, lo scarto di senso più grande che campeggia alla calcagna del Maestro.
Resta una perfetta attitudine. Perché l’espressione qui non muta la forma, altera solo la sostanza di un talento eccezionale in studio ma un po’ scarno sul palco, dove la presenza di qualche personaggio in più aiuterebbe ad oltrepassare lo spolvero minimale dei live. Ciò nonostante il trasporto d’animo dei Former Ghosts brulica di fiori e angeli, glorifica la formula e riordina la voce attraverso una veglia lunga e beata, non fosse altro per la costellazione di visioni oneste che ci ha donato.
Articolo del
06/04/2011 -
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