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Ogni ritorno a Roma dei Van Der Graaf Generator è atteso come un rendez vous davvero speciale, quasi come se il legame che si è instaurato negli anni Settanta con questa leggendaria band del Rock Progressivo inglese non si fosse mai interrotto, nonostante lo scorrere del tempo e l’avvicendarsi di orientamenti musicali diversi. Abbiamo ancora negli occhi e nel cuore l’ultimo live dei VDGG, quello dell’estate 2005, prima dello scioglimento della band. Un’esperienza unica e indimenticabile, con un pubblico commosso che implorava brani su brani sotto palco e che veniva puntualmente accontentato da un gruppo che in Italia ha sempre trovato la sua seconda casa.
Molto tempo è passato da allora: il gruppo ha dovuto salutare David Jackson, il sassofonista della band, figura memorabile, il contraltare delle partiture soliste della chitarra e del pianoforte. Sono rimasti soltanto in tre: Peter Hammill, chitarra, piano e voce, Guy Evans alla batteria e Hugh Bunton all’organo, tutti membri comunque del nucleo storico (non primordiale) dei Van der Graaf Generator. Dal 2007 in poi hanno pubblicato ben tre album Present, Trisector e il recentissimo A Grounding In Numbers, dischi dignitosi, a tratti molto belli, che però segnavano il passaggio dalle lunghe suite funamboliche e sperimentali degli album del passato ad una più rassicurante forma canzone. Questa sera dal vivo alla Sala Sinopoli, immancabilmente affollata da un pubblico forse un po’ avanti negli anni, ma affezionato ed entusiasta, i VDGG hanno giustamente fatto riferimento a quello che sono adesso più che al loro passato. Magari qualcuno sarà anche rimasto deluso, ma non si può pensare ad un concerto come ad un “juke box” dal vivo in cui inserisci un gettone per ogni brano che desideri. Si parte con Interference Patterns da Trisector e comincia il duetto fra Peter Hammill al pianoforte e Hugh Banton all’organo che si scambiano di continuo le partiture soliste. Ecco poi che arrivano due brani nuovi, che non avevamo mai ascoltato dal vivo, due perle assolute tratte da A Grounding In Numbers: Mr Sands e la melodia intensa di Your Time Starts Now. La voce di Peter Hammill è miracolosamente sempre la stessa, inattaccabile dall’età. Possiede il timbro del Rock, ruggisce, si dispera, diventa calda e sommessa per poi ripartire con bordate di natura cosmica! Canta dell’Uomo moderno che non riesce più a trovare se stesso, perso all’interno di un mondo che ha fatto della banalità una sua nuova religione. Urla di un mondo codificato del quale Mr Sands (l’alter ego di Peter Hammill) non conosce la password, ma vuole comunque viverci dentro, anche se tutto sembra pronto ad esplodere. Quando poi Hammill impugna la chitarra elettrica, il suono dei VDGG diventa improvvisamente duro e il ritmo si fa incalzante. In perfetto italiano Peter si avvicina al microfono e spiega “perché quando un brano è calmo, è proprio calmo, quando invece è forte, è proprio forte”. Molto bello il lirismo melodico di Lifetime e di Bunsho, seguiti dalla prima citazione tratta dal passato: Childlike Faith In Childhood’s End, da Still Life del 1976, un brano incantevole, lungo più di dodici minuti dove i VDGG disegnano armonie che hanno radici lontane dalla musica classica al blues, dal rock alla musica contemporanea. Altre due composizioni drammaticamente intense come All Over The Place e Over The Hill e infine sul finale, il brano forse più atteso, quello che ha segnato un’epoca ed è rimasto impresso nel cuore e nella mente dei presenti. Man-Erg tratto da Pawn Hearts, album leggendario del lontano 1971. Eppure quando Peter Hammill intona “The killer lives inside me” un brivido corre lungo la schiena, il tempo si ferma, ci accorgiamo di come quel passato che abbiamo vissuto fosse in realtà un lungo interminabile presente, che quelle note abitano ormai dentro di noi e che lo sdoppiamento di cui canta Peter ci appartiene, così come quei suoni così melodici, così potenti, così veri. Nelle liriche della canzone Hammilll racconta l’eterna lotta fra Bene e Male, cita Shakespeare (“the tempest in my mind” tratta da Re Lear) e ci ricorda come si possa continuare a fare musica senza ricorrere a falsi miti o a figure eroiche ("I’m just a man”). Il pubblico è tutto in piedi commosso, intento ad applaudire.
Il concerto sta per finire, non ce ne eravamo accorti. I VDGG ritornano solo per eseguire una buona versione di Scorched Earth da Godbluff del 1975 prima di ricambiare i saluti e congedarsi. Serata da ricordare.
SETLIST: Interference Patterns Mr Sands Your Time Starts Now All That Before Lifetime Bunsho Childlike Faith In Childhood’s End All Over The Place Over The Hill Man-Erg Encore Scorched Earth
Articolo del
05/04/2011 -
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