Chapel Club Chapel Club live @ Circolo degli Artisti - Roma, 9 aprile 2011
Roma  09/04/2011 di Claudio Biffi

I Chapel Club hanno da poco pubblicato il loro primo album "Palace" e già dal primo ascolto si ha l’impressione di qualcosa “costruito” per durare, nel senso che 5/6 brani del disco sono potenzialmente dei singoli e questo giova molto ad una band all’esordio, specie se curata ed annunciata in maniera particolare dai media del settore e pertanto la prova live era particolarmente attesa.
Al Circolo degli Artisti di Roma i 5 ragazzi londinesi salgono sul palco alle 11.15 dopo l’esibizione della band locale dei Montecarlo\Fire e si capisce subito dalle parole del cantante che non si aspettava certo tanta affluenza che sarà una serata speciale, a dire il vero abbastanza normale per un sabato inserito nella programmazione di Screamadelica ma sembra che Lewis Bowman la stessa frase l’abbia pronunciata nell’esibizione di Milano al Magnolia "Ci avevano detto che se fossimo venuti qui in Italia non sarebbe venuto nessuno... e invece siete in tantissimi, grazie”. Lasciando da parte i convenevoli, quello che in sostanza la band ha fatto vedere è una sostanziale coscienza del saperci fare sul palco ma senza concedere troppo, della serie “noi abbiamo i numeri ma non li vogliamo scoprire tutti assieme” e allora il concerto è scivolato via sulla riproposizione dei brani contenuti nel loro disco d’esordio proposti sapientemente per soddisfare l'attesa degli ‘inaspettati’ fan accorsi.
L’apertura con "Surfacing" fa risaltare la voce profonda di Bowman e serve per mettere subito in chiaro chi è il ‘faro’ della band, autore anche dei testi. “Blind” riesce a mantenere intatta la forza pulsante di basso e batteria del duo Mitchell/Arklie anche nella versione live mentre è molto bella l’esecuzione del brano "Roads", contenuto nel loro primo Ep, "Wintering", decisamente più dark e acida dei brani contenuti in “Palace”. ”Fine Light” e ”O May Be I” seguono linearmente la tracklist del disco e ripropongono la classica diatriba di “chi imita chi” e via alla ricerca dei riferimenti passati, chi ci vede sprazzi di Morrissey o degli Echo & The Bunnyman, ma non mancano i Cure, i My Bloody Valentine e Jesus and Mary Chain, senza dimenticare necessariamente i Joy Division, poi ci sono quelli più attuali come i White Lies, gli Interpol e gli Editors, insomma una grande famiglia a cui si aggiungeranno nei prossimi anni anche gli stessi Chapel Club.
C’è un grande via vai di cambio chitarre tra un pezzo e l’altro con il cantante che nel frattempo si intrattiene con il pubblico e non si capacita di tutto questo entusiasmo e che si spinge a dire “vorrei che questa serata non finisse mai” e così la seconda parte scorre sulle note di ”Bodies” anche questa estratta dall’Ep e di “Paper Thin” ritmata e altanelante che fa da preludio alla hit “All The Eastern Girls” danzereccia al punto giusto da far sussultare la platea che non manca occasione di incitare ed applaudire la band.
Il concerto però si avvia verso l’epilogo con due dei pezzi più significativi dell’album, ”Five Trees” dagli echi smithiani ma con forti accenti shoegaze e ”The Shore” che esalta il frenetico lavoro dei due chitarristi Michael Hibbert e Alex Parry, una lunga cavalcata malinconica e acida al punto giusto di quasi sette minuti, allungata rispetto all’originale e vero biglietto da visita dal punto di vista musicale dei Chapel Club che concludono la loro esibizione dopo ben ‘45 minuti senza neanche un bis. Ebbene sì questa è la dolente nota, come se il ‘compitino’ fosse stato svolto come da copione e per una band alle prime armi non è proprio il massimo, così la serata si conclude allo scoccare della mezzanotte e la nostra speranza è una sola, speriamo che la carrozza non si trasformi in zucca!