The Selecter The Selecter + The Oh Sees live @ Circolo degli Artisti - Roma, 18 maggio 2011 Roma  18/05/2011 di Giuseppe Celano

Con un disco cosi forte alle spalle era lecito aspettarsi molto dai The Oh Sees e come per magia, cosa che accade raramente ormai, le attese sono state addirittura superate.
La band di San Francisco (sia benedetta la California per tutti i suo doni che vanno dalle prugne ai Tool, senza tralasciare Baywatch) sale sul palco qualche minuto prima delle 22.00, di fronte a pochi spettatori, iniziando a spalmare il suo garage psicotico. Bastano i primi due brani per capire che i ragazzi hanno stile e personalità oltre che i razzi al culo. Il cantante (John Dwyer) ha una pettinatura fra Federico Fiumani e George McFly di Ritorno al futuro, la sua furia è incontenibile si piega e rialza molte volte, cambia chitarre che suona ad un’altezza ascellare, come i pantaloni dl ragionier “Ugo Fantocci”. Le chitarre ipersature, i ritmi ossessivi e il basso ipercinetico sono il propellente di questa band dal tiro micidiale.
Quarantacinque minuti, pregni di rumore lisergico, infuocano il pubblico che, nel frattempo, si è moltiplicato come un virus aggressivo, tutto attento a non perdere un solo passaggio della sezione ritmica che pompa fluido garage da ogni “pelle”.

Seguito da un veloce cambio palco ecco il ritorno della band più attesa della serata. I Selecter guadagnano il palco intorno alle 23.00 mentre il numero dei presenti in sala aumenta vertiginosamente, per fortuna Roma è ancora abbastanza fresca di notte per vedere un concerto al chiuso.
Mentre le prime note, in levare, echeggiano per la sala i corpi lentamente si ammassano, in sei sul palco i beniamini dello ska sparano una serie di classici che vanno a solleticare il pubblico ottenendo, per tutta risposta, una massa infernale di anime che si contorcono in una danza scatenata soprattutto nelle prime file.
È musica per corpi snelli e organi caldi, per menti libere e coscienze alleggerite dall’alcool in corpo e dal fumo nei polmoni.
Pauline Black e Dave Barker sono incontenibili. Carica energetica e classe fasciate da vestiti neri con tanto di cravatta e cappello creano un’atmosfera magica, la band procede per più di un’ora senza interruzioni conquistando definitivamente Roma e la sua calda risposta alla british invasion of ska.