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Romanticamente sopra le righe e tecnologico, intimo e profondamente politico. Un artista e un uomo dove l’uno convive intensamente nell’altro nella ricerca di assaporare la vita facendo un mestiere ad alto livello. Le dote vocali non sono quelle eccelse che ti spalancano il cuore, ma tutto il resto sì! E allora anche la voce diventa uno strumento che plasma nelle sue performance per fare arrivare il suo cuore al pubblico come qualcosa che arriva dalle profondità siderali dello spazio interstellare o degli abissi. Emozioni, doti comunicative e passione, flusso di energia e amore per la vita fanno di Lorenzo Cherubini un grandissimo artigiano della musica, che con il lumicino dei minatori va a scavare nell’intimo dell’umano per fare qualcosa di più che sia semplicemente suono che riempie i silenzi tra le incombenze del vivere quotidiano. Il suo darsi nelle canzoni e sul palco vuole essere un inno alla vita, una grande festa, dove sono bandite ogni superficialità e banalità. In ogni pezzo c’è ricchezza e sovrabbondanza di slanci per connettersi col pubblico e allargare, nella condivisione, le sue visioni artistiche e della vita. Come tanti piccoli led collegati dalla sua musica, si accendono gli animi delle 5 mila persone al primo dei concerti organizzati da Mantova.com al Palabam.
Sembra di essere ad una grande festa, alla quale tutti sono richiamati dalla una grande forza vitale che Lorenzo attira da fonti arcaiche, dalle stelle dell’universo. Tutto è gioco. Come per i bambini. Tutto è ‘Illuminato’ dalle sue canzoni che stillano energia vitale. Ogni concerto, ogni album per lui è una partita che gioca al massimo delle sue possibilità, esponendosi al rischio più grande possibile per giocare la sua scommessa nella ricerca della pienezza. E lo dice in maniera essenziale ed inequivocabile nel titolo dell’album e del tour Ora. Non nel senso filosofico, magari distante dai confini quotidiani delle nostre vite, ma esattamente dentro al vivere di ogni giorno, di ogni attimo. E ha ragione quando canta ‘Non c’è montagna più alta di quella che non scalerò, non c’è scommessa più persa di quella che non giocherò.’ La sua è un’attitudine vitale e coinvolgente, come un virus che si moltiplica nelle cellule e contagia chi sta attorno con una potenza travolgente e benefica. Lui come un surfista sull’onda che monta, trasmette attorno al palco la forza delle molecole dell’acqua e dell’aria che fanno vibrare anche quelle dei presenti. Ed è incredibilmente generoso Jovanotti, non si risparmia e salta come un matto. Sembra uno sciamano in preda a visioni di mondi paralleli che si spalancano da un’intuizione alla quale risponde senza reticenze e della quale vuole mettere a parte quante più persone possibili. Il pubblico sembra galvanizzato, da un’elettrolisi umana e musicale senza alcuna forzatura. E’ l’effetto della luce che entra in una stanza e spalanca il visibile permettendo di scoprirvi tutte le cose. E lui è una persona, un’artista, con lo sguardo profondo ed attento che sa far leva sulla sua innata semplicità per mandare un messaggio molto concreto. Nel concerto di Mantova, così come senza dubbio in tutti gli altri del tour del 2011, quello che arriva è molto semplice e folgorante: ‘Ogni cosa ha una sua miracolosa meravigliosa forza e sentire le cose davvero, innamorarsi, è l’unica via alla conoscenza, il desiderio è la forza evolutiva principale’.
Un video di Piero Angela introduce lo show e Lorenzo sale sul palco con un ascensore e fa andare tutti in orbita con MegaMix. Completo nero, giacca bianca e cravatta rossa. La musica tace e suonando il palco con i piedi si porta al limite del lungo proscenio e inizia Le tasche piene di sassi e poi Come musica. Ogni nota è una goccia di sudore, un salto, un moto di gioia, un inno alla vita. Continua a salutare il pubblico e la città. ‘Avete sogni e progetti?’ chiede ai presenti, ‘riuscite a bilanciare quello che vi fa incazzare e quello che vi fa entusiasmare? Riuscite a starci dentro? E’ una lotta di resistenza. Per quanto siano incasinati, questi sono i nostri tempi. Ne hanno fatti di casini, ma... Oggi noi che facciamo?’ E continua: ‘In quel punto lì dove si incrociano tutti i destini, in quel punto lì che si può chiamare...’ E il pubblico lo anticipa in un’ovazione ‘Ora’ e parte la canzone.
Oltre alle visioni musicali il concerto è ricco di immagini che accendono i video wall enormi dietro il palco. Tutte raccontano dell'intenzione di Lorenzo di andare al nocciolo, di scavare, di lavorare per sottrazione alla ricerca della pepita d’oro più pura. Nei pixel che trasformano la giacca come un esperimento genetico e nella musica sparata a mille dalle casse c’è il volo, la caduta, il colore, la velocità, il riflesso, la fuga, la struttura. Tutto questo poi si condensa nella più evocativa delle immagini: pelle umana. Il microscopio la svela sempre più, fino ai dettagli più piccoli e minuscoli per arrivare all’essenza della cellula e di lì perdersi nell’infinito. A quel punto la ragione si ferma ed esplodono i pixel e la musica come in un nuovo Big Bang. E’ tutto in movimento. Le scarpe di paillettes argento sono un’infinita scia di traiettorie. Lorenzo è sempre pronto ad ogni sollecitazione come un boxer che deve portare la pelle e la vittoria a casa, profondamente in linea con la genesi dell’album che a sua volta è sincera fedeltà al suo spirito, al suo essere. Continua a cambiarsi e in un omaggio all’unità d’Italia si veste di bianco rosso e verde per cantare Io danzo. Le telecamere sul palco diventano delle protesi che amplificano il suo essere, e gioca tra effetti speciali da Guerre Stellari e Super Classifica Show. Ma in questo profondo senso dell’autoironia, quello che rivelano i primi piani del suo volto sono intensità e autenticità. La stessa che troviamo in ogni salto, in ogni nota, in ogni goccia di sudore che impregna all’istante le giacche colorate che cambia durante lo show. Sul palco la band è compatta e potente, anche loro si divertono. Ci sono tre postazioni di percussioni che diventano 4 con quella che sale con l’ascensore. Prende le bacchette e si trasforma in batterista che introduce L’ombelico del mondo. Profondamente calato nel suo ruolo sembra un eroe epico che va in battaglia e sa che deve dare tutto se stesso per salvare il regno, la vita sua e quella degli altri. Lotta per un sogno, lotta per l’energia vitale che vuole espandere. E alla fine, giacca argentata e spada in mano, è un perfetto eroe pop.
Senza rimpianti o nostalgie offre con altrettanta generosità gradita anche da quanti lo conoscono dagli esordi, ballate come Piove e A te, Penso positivo, Bella, Ragazzo fortunato, Ciao mamma mentre il concerto si avvia alla fine. E’ un continuo trionfo. Poi raccoglie i musicisti a bordo del lungo proscenio in un angolino che diventa una balera dove la band suona come un’orchestra confidenziale che partecipa intimamente delle energie ridate dal pubblico, come in un grande abbraccio dal quale non vuole staccarsi. Cerca il pubblico con lo sguardo, con le mani e tutte quelle che può le afferra, scambia battute e sorrisi. Lorenzo crede nella parola, cantata, scritta o parlata non fa differenza quando ha qualcosa che vale la pena dire.
A fine serata dopo numerosi bis si rivolge nuovamente al pubblico ‘Abbiamo cercato di semiare un po' di entusiasmo, di energia e di raccoglierlo moltiplicato dall’energia che mi avete dato coi vostri occhi. Vi lascio con tre parole: "la Bella Vita"’. E con i ritmi africani che girano nella testa ed amplificano le onde positive nel palazzetto, saluta il pubblico.
Articolo del
06/06/2011 -
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