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Dopo le semi-deludenti performance di mostri sacri come Stewart Copeland e Primus avevamo bisogno di tracciare una linea di demarcazione netta fra bolse band, arrivate da un pezzo, e musicisti veri ed onesti che hanno ancora fame. Per supplire a tutto ciò, mentre a roma impazza l’indie scaduto dei One Dimensional Man scegliamo di andare a vedere i Corrosion Of Conformity, band seminale in cui militarono Mike Dean e Pepper Keenan, punto d’unione fra il veccho trash-metal e lo sludge.
Oggi il trio si presenta all’Init Club di Roma con un’amplificazione cosi potente da sembrare il suono dell’Armaggeddon. E’ vero che negli anni siamo stati abituati alla rumorosità del trio ma i C.O.C. sono dei veri fuoriclasse in questo. In linea con le (cattive) abitudini del club il concerto inizia intorno alle 0.00 con buona pace di chi, il giorno dopo, deve lavorare. Siamo in un centinaio scarso all’interno della sala che, avvolta da un caldo torrido proprio come i riff della band, in poco tempo diventa una bolgia infernale, fatta di fumo, sudore e una quantità di watt che renderebbero sordo anche un Tyrannosaurus Rex. Inutili i tentativi di stare vicino al palco per ci non è munito di tappi, dopo pochi minuti il loro wall of sound costringe ad arretrare vistosamente. Spostati a metà sala la percentuale di diventare sordi, in una notte, non cambia di una virgola. Il magma sonoro, fatto di riff sabbathiani e sezione ritmica che scomoda Lemmy e soci, si abbatte sui presenti con una violenza inaudita. I tre Cavalieri dell’Apocalisse procedono spediti, come un fottuto missile inarrestabile, verso la loro meta che è, per per chi ancora non l’avesse capito, distruggerci. I loro show è un maglio sonoro, è la cosa venuta dallo spazio per annientarci, le bordate ritmiche e l’amplificazione della voce creano dolore ai padiglioni auricolari e alla mandibola sempre stretta come una morsa nel tentativo di sopportare lo sforzo. Loro sembrano non curarsene più di tanto, continuano a macinare riff su riff e assoli tanto che, ad un’ora dall’inizio, mi sembra di aver assistito all’intero Roadburn Festival d’un colpo.
Vincono per abbandono del campo i Corrosion Of Conformity, ci costringono ad uscire con le orecchie sanguinanti prima della fine; vince la loro forza bruta, la loro autentica “grezzaggine” e la loro passione aliena da ogni tecnicismo, da pose ipertrofiche e da tutto ciò che sta ammorbando oggi la musica. Schiaccianti.
Articolo del
04/07/2011 -
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