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Degli assassini veri. Niente da aggiungere, ben poco da commentare se intendiamo con le parole rivolgerci a qualcuno in cerca di spiegazioni. L’Inferno in musica, ecco tutto: chitarre che urlano nel mezzo di sirene lancinanti e densi fumi di guerra, polvere da sparo che esplode e si mescola al rombo degli aerei in prossimità della non distante pista di atterraggio di Ciampino.
Segnali di morte, lugubri e neri, a cominciare dal telo che copre il palco e sul quale campeggio il macabro teschio simbolo della band. Severi moniti di un mondo sempre più falso ed ipocrita che deve essere combattuto fino all’ultima goccia di sangue e le chitarre elettriche, che Zakk Wylde per venti anni chitarrista di Ozzy Osbourne, alterna in modo frenetico e folle, assumono le sembianze di altrettanti strumenti di morte. Questa la serata che ci regalano i Black Label Society, altro che una “domenica al mare a mostrar le chiappe chiare”, siamo nel Regno del Male, nel covo dei Sacerdoti Metallici della negazione della modernità e del progresso, selvaggi esecutori di una tradizione fatta di sudore e di sangue, di polvere e di sesso, di selvaggina ed alcool, come dimostra la quantità di boccali di birra ingerita da Zakk durante lo show. Un gigante che caracolla sul palco in jeans e stivali di cuoio, sulle spalle ricadono le penne di un copricapo indiano originale, pesantissimo e ingombrante con cui esegue Crazy Horse, “Cavallo Pazzo”, per l’appunto, il primo pezzo della serata. Il tour era stato messo in dubbio dai malanni di Zakk Wylde, fondatore tredici anni fa dei Black Label Society, dall’etichetta del suo whiskey preferito, ma poi l’allarme è rientrato e la sua confraternita metallica si presenta regolarmente sul palco. Accanto a John De Servio, il fedele bassista, che ha prodotto anche l’ultimo album dei BLS, riconosciamo un altro ben noto italoamericano, Nick Catanese, alla seconda chitarra, mentre è la prima volta che siamo testimoni dal vivo della furia distruttiva di Mike Froedge, il nuovo batterista. Bleed For Me, Overlord e Parade Of The Dead si susseguono con una intensità spaventosa e con un fragore che investe un pubblico che sinceramente mi aspettavo più numeroso (dovevate risparmiare forse per il concerto dei Dream Theatre che però vengono a suonare qui ogni 6 mesi?). La chitarra Gibson di Zakk Wylde produce suoni lunghi e perforanti, eseguiti ad una velocità folle: c’è di che stordirsi! Una montagna di muscoli, non c ‘è che dire, che maltratta il suo strumento ogni volta che lo sfiora, capelli lunghi e una barba folta che quasi gli copre il volto, Zakk già gronda di sudore dopo mezz’ora di concerto! Ciò nonostante caracolla da una parte all’altra del palco per regalare a tutti i suoi riff mozzafiato. Darkest Days è l’unica rock ballad presente in scaletta: per il resto una serata di heavy metal allo stato puro, roba da far invidia ai Metallica ed ai Megadeth, roba dell’Altro Mondo, brani come Fire It Up e Suicide Messiah sono per stomaci di ferro, frutto di uno strofinio elettrico smodato, aggressivo, che non conosce limiti e compromessi. Certo, dall’ascolto dei dischi, avevo avuto modo di apprezzare il lato blues e gli elementi di southern rock presenti nel repertorio della band. Ma di tutte queste cose qui, dal vivo, non c’è traccia: solo bordate fulminanti come quelle di Godspell Hellbound, come The Blessed Hellride, Concrete Jungle e Stillborn. Dall’asta del microfono di Zakk Wylde pende un orsacchiotto di pelouche, morbidamente impiccato ad una croce di legno. Yeah!
Suoni minacciosi, grida infermali, le liriche dei singoli brani sono quasi vomitate sul pubblico pagante, molti gli sconvolti sotto palco che non resistono, che stanno male, che sono trascinati via da infermieri che vogliono essere buoni, ansiosi come sono di rendersi utili. Certo, al mare era meglio, c’era il sole, l’acqua era blu, c’era chi ti spalmava la crema protettiva anti UVA, e l’insalata di riso era buona, ma il mio pensiero era uno solo: non tirare le cuoia almeno fino alle 21 e 45 sopravvivere ai raggi solari e al traffico domenicale per poi andare incontro a una notte da trascorrere con il Diavolo in persona, con il mefistofelico Zakk Wylde e la sua chitarra elettrica. Dopo quasi due ore di un concerto che non ha conosciuto pause, i Black Label Society salutano il pubblico, offrono in sacrificio al cielo i loro strumenti, si battono il petto, si abbracciano felici di aver dato tutto, come al solito, e spariscono nel backstage dal quale non riemergono più. Una bombardamento metallico senza uguali, la festa della chitarra metal, uno show memorabile!
Articolo del
05/07/2011 -
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