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Ci si ritrova sempre fra amici quando a presenziare sono gli Offlaga Disco Pax. Le facce della platea sedute rigorosamente ‘a seggolino’ - come dice Max Collini dal palco - sono talmente assettate e ordinate nell’attesa di qualche bachelite tascabile che si potrebbe proiettare un documentario naturalistico stile Discovery Channel. In realtà però siamo alla Casa del Jazz e l’occasione del festeggiamento è Soluzioni Semplici Festival. La serata è di quelle fresche, che poco hanno a che fare con il lessico dei filmati naturalistici. Ma lo scenario quando di mezzo ci sono loro è perennemente il medesimo: microscopico mondo locale non eccessivamente affollato, fruitori affezionati pronti a recitare pezzi sul senso delle cose, dei fatti, delle vicende umane, troppo. In coro, con mani levate ad accentuare i classici sommovimenti pubblici dall’alto di una presenza socio-politica ancora oppressiva. Testi che andavano bene vent’anni fa, ma valgono ancora oggi. Lungimiranza.
La competenza dell’autore non si discute, perché la faccenda qui è più ideologica che semantica, di certo più pragmatica che idealistica. Gli Offlaga buttano sempre giù il muro dell’inattendibilità ordinaria con mazzetta e scalpello. Rivendicano l’atavico silenzio delle città italiane premiando l’attualità della parola, o del processo insurrezionale. Cultura, storia, credenze forti e sensibilità necessarie ad effettuare un’accettabile traduzione dopo la una bianca. Neosensibilismo, le difficoltà rendono evidente la complessità del fenomeno e le implicazioni etiche correlate. C’è da stabilire dei limiti, soprattutto per ‘l’uso sconsiderato e irresponsabile del vocabolario’, pensiamo che ha ragione Collini a ribadire sempre ciò che riesce a ricordare. Enver, Cinnamon, Onomastica, Venti Minuti, Robespierre, Dove Ho Messo la Golf? La totale riformulazione di luoghi, tempi, sentimenti e sensazioni. Ė a Collini che bisognerebbe dedicare una piazza davanti a qualche ipermercato, se non altro per quel suo modo di fare al contempo schivo e disponibile, riservato e libero dai soliti schemi culturali.
Subito dopo Paolo Benvegnù. Bravo, intonato ma davvero tutt’altro scenario di voce, di visione, di senso. Il pubblico adesso preferisce stare in piedi, sotto al palco, in adorazione si direbbe per qualche rockstar dai capelli lunghi e bianchi che canta di dilanimanti fisici e amori impraticabili. Come al solito per tutte le vere rockstar. Un marquage sexual generalmente cruento e socializzabile, il catechista che votava Pannella visto ciò che racconta e date le macchinette pronte ad immortalarlo nel suo perenne antagonismo fra i due sessi. Semplice come la foratura delle orecchie, effettivamente. Come dire che adesso verrebbe quasi da imputare alla mente, e non al corpo, di non rispondere.
Articolo del
08/07/2011 -
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