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La terza edizione del Mi Odi prevede un roster di tutto rispetto, anche oltre le nostre aspettative. Sono ben sedici le band che si esibiranno sui tre palchi del Magnolia avvolto da un caldo pesante e da una nuova specie di zanzare al cui confronto anche lo “sciame assassino” di Swarm risulta docile.
È letteralmente impossibile seguire tutte le band che si accavallano ma, correndo da un palco all’altro, cerchiamo di non perdere i punti salienti dell’evento. I primi ad essere inquadrati dal nostro mirino sono i progressivi e micidiali Russian Circles che in tre (sia benedetto il trio) producono un suono potente e ben distinto, grazie ad un’acustica quasi perfetta. Il loro batterista potente, e fantasioso, è un motore instancabile su cui si avvita il rifferama del chitarrista, con diavoletto rossa. Per godere al meglio dell’evento però siamo costretti ad attaccarci alle transenne perche il volume risulta davvero troppo basso.
Subito dopo è la volta degli italiani Valerian Swing, autori di un buon disco che dal vivo viene violentato dagli effetti delle chitarre e da una batteria schiacciasassi. Il loro show piace tanto ai presenti che, nonostante il caldo della saletta interna, non perdono un singolo passaggio di una mezz’ora al fulmicotone.
Non facciamo in tempo a respirare e si corre dai Boris che soffrono dello stesso problema di volume. Da sotto il palco però il loro sound è compresso e corrosivo, il funambolico batterista dirige la baracca in modo eccelso, assoli taglienti e basso mammuth fanno il resto. C’è tempo per una pizza, anzi no, per metà pizza che mi costa mezzo show dei The Secret. Questi mostri sacri del metallo sfoggiano una pesantezza sonora quasi insostenibile. La sala stracolma dimostra che sono molto attesi. Il cantante produce urla belluine, sembra per un momento che la bocca dell’inferno si sia spalancata lasciandosi sfuggire tutto il proprio dolore. Il pogo è violentissimo, la distorsione al limite della denuncia per lesioni interne. Anche i membri degli Ufomammut sono li, quasi meravigliati dalla violenza di quel sound.
Poco dopo mi divido fra Eyehategod e Kylesa, i primi sul palco centrale spazzano via ogni dubbio con un sound mostruoso, il singer è in perfetta forma e interagisce con il pubblico aizzandolo come si farebbe con una fiera. I Kylesa invece scelgono uno show più dilatato, se cosi si può dire, è tutto quasi perfetto tranne la sezione ritmica, un po più fiacca che su disco. Forse è solo una nostra sensazione perche il concerto sembra avere un effetto magico sul pubblico, minore di numero ma altrettanto compatto, uno zoccolo duro che la band si saputa costrutire attraverso i loro album.
Perdo i Church Of Misery, una cosa che mi perdonerò solo fra qualche anno quando la memoria fallirà miseramente, ma torno a casa soddisfatto, aiutato dalle Super Tennents che costavano solo tre euro, meraviglia delle meraviglie!
Articolo del
09/07/2011 -
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