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L’ultima edizione del Flippaut è un festival per modo di dire, provate a chiedere a chiunque degli oltre 5 mila presenti nel suggestivo piazzale del Castello Sforzesco di Vigevano, la realtà è che sono venuti tutti per celebrare il ritorno degli Strokes, tutto il resto... non è noia, ma semplicemente contorno alla portata principale.
Tra i “contorni” più prestigiosi spiccano sicuramente i Glasvegas, che però alla lunga risultano monotoni e ripetitivi, mentre i Verdena adottano una selezione di pezzi molto frizzante ed adatta alla situazione, infatti la platea nonostante sia in impaziente e spasmodica attesa dei cinque yuppies newyorkesi apprezza. Anche la penultima band, i Chromeo, porta a termine la sua scaletta, tutto sembra pronto, la tensione è alle stelle, i moscerini che infestavano la piazza durante le ore del giorno hanno dato il cambio alle zanzare, ma nella concitazione non si pensa ad altro che al momento in cui gli Strokes saranno sul palco di Vigevano.
Ma gli Strokes sono altrettanto pronti? Albert Hammond Jr ha concesso da tempo le interviste di rito, Fabrizio Moretti coglie l’occasione per passare del tempo con i suoi famigliari italiani, mentre Nick Valensi e Nikolai Fraiture rimangono nel camerino. E Casablancas? A quanto pare Julian in giornata era andato a fare il turista a Venezia e la preoccupazione inizia vagamente a serpeggiare nel backstage quando i Chromeo abbandonano il palco ed il leader della band non si è ancora palesato, ma la paura è infondata perché proprio cinque minuti prima che scocchi l’orario previsto in scaletta alla voce “The Strokes on stage” ecco che come un supereroe arriva Julian, già pronto con la sua divisa d’ordinanza da palco, sneakers, skinny pants, t-shirt, chiodo di pelle stile Ramones e una bottiglia di birra ormai vuota in mano. Tutto è pronto, i fotografi sono schierati e si parte subito forte con New York City Cops, dal primo lavoro Is This It che ormai risale a una decade fa, un classico che manda il pubblico in delirio. Il concerto prosegue con Alone Together e Reptilia, sicuramente una delle più famose, anticipata da un buffo intermezzo di Casablancas che improvvisando qualche parola in italiano infila in mezzo ai vari “grazie”, “prego” e “buonasera” anche un “Berlusconi” così a caso, come se ormai si trattasse di una macchietta tipica del Belpaese, come i “pizza”, “pasta” e “mandolino” di una volta, il tutto naturalmente tra l’ilarità generale. E’ ora la volta di Machu Picchu, primo pezzo eseguito dall’ultima fatica Angles, brano in cui si avverte tutto il deciso cambio di rotta o meglio delle sperimentazioni applicate durante la lavorazione di quest’album, che non ha riscosso un enorme successo a livello di vendite ma che tuttavia non ha influenzato negativamente i fan che, come ha ribadito anche Albert in più interviste, sono sempre numerosi e calorosi in ogni occasione. Dal nuovo al classico, forse il più classico di tutti, la festaiola Last Nite, quasi un inno al divertimento ed alla spensieratezza che, nonostante gli anni passino, gli Strokes continuano a trasmettere. Da questo momento è un continuo avvicendarsi tra brani del primo e dell’ultimo album, quindi dal singolo di recentissima uscita, Taken For A Fool, a Is This It, passando poi per Under Cover Of Darkness e The Modern Age.
Tutto sembrerebbe procedere per il meglio, quando ecco che l’impianto audio del palco cede e la musica viene interrotta. Problema tecnico, ok ci può stare, dopo un momento di impasse che parrebbe essere stato risolto i cinque ricominciano la canzone, per poi passare a Whatever Happened, dal secondo album Room On Fire, ma qualcosa continua a non andare e il problema si ripropone. Lo sconcerto e l’imbarazzo tra pubblico e palco inizia a sentirsi, Julian, che già solitamente non si distingue per una spiccata vena oratoria, prediligendo di gran lunga l’andare a trangugiare birra tra una canzone e l’altra, stavolta non sa davvero cosa dire. Appena la situazione pare nuovamente ristabilita Casablancas e soci iniziano ad eseguire Life Is Simple In Moonlight. La vita per gli Strokes non sembra però essere affatto semplice nel chiarore della luna di Vigevano, perché non essendoci due senza tre l’impianto salta nuovamente e adesso tutti iniziano a spazientirsi. I minuti volano, chi conosce bene gli Strokes sa che non fanno show lunghi e con la deadline per quanto riguarda i concerti all’aperto nei centri abitati fissata a mezzanotte (argomento che tra l’altro è meglio prendere con le molle visti i noti trascorsi dell’organizzazione, la Barley Arts di Claudio Trotta, promotore del festival, che ha avuto a che fare con un’annosa ed antipatica causa per un concerto di Springsteen a S.Siro protrattosi per una manciata di minuti in più del tempo stabilito), la situazione è “drammatica”. La performance degli Strokes ricomincia, ma al contrario dei precedenti brani interrotti e poi eseguiti nuovamente, Life Is Simple In The Moonlight viene accantonata, si riparte con Someday, altro classicone amatissimo, seguita da You Only Live Once dal penultimo disco First Impressions Of Earth. Su You’re So Right, pezzo contraddistinto dalle forti tinte radioheadiane, però ecco che l’energia ricomincia a fare i capricci, la band si sente abbandonata a se stessa ed evidentemente spazientita appena il problema è nuovamente risolto (chissà per quanto ancora lo sarebbe stato però) decide di tagliare corto e saltare alla conclusione, ultimo pezzo, Take It Or Leave It e nessun bis, prendere o lasciare in tutti i sensi, bypassando ben quattro dei brani previsti prima di questa nella setlist (You’re So Right accantonata, Automatic Stop, Gratisfaction e Juicebox).
I novanta minuti previsti si sono ridotti ad un’ora scarsa, tra la delusione del pubblico e la rabbia di management della band e organizzazione, visto che è (e probabilmente continuerà ad esserlo) un mistero di chi sia la colpa di tutto ciò. Viene da pensare che nessuna delle band di supporto abbia avuto problemi e che quindi forse il dito sia da puntare verso i tecnici della band newyorkese, anche perché è difficilmente ipotizzabile che un’organizzazione della storia e dell’esperienza della Barley si metta in una situazione degna nemmeno di una sagra paesana. Ad ogni modo quella che doveva essere una festa è stata inevitabilmente una brutta pagina da ricordare, l’unica speranza è che con la scusa di rifarsi si colga l’occasione per riproporre nuovamente un concerto degli Strokes magari per la stagione invernale.
(Nella foto: Julian Casablancas con l'autore dell'articolo)
Articolo del
20/07/2011 -
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