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Quest'anno la “I” della prima giornata dell'I-Day Festival oltre che per “Independent” potrebbe stare anche per “Inglese”, che è la nazionalità di tutte le band in line up. Tutte tranne la prima, Heike Has The Giggles, unico gruppo italiano e unica voce femminile, che inaugurano il concerto con un sound energico e orecchiabile. Lo scenario è tipico da festival estivo, il sole picchia e si suda parecchio, ma nonostante il caldo del primo pomeriggio c'è già una piccola folla sotto al palco che sembra gradire molto la performance. In effetti i tre musicisti ci sanno fare, i pezzi sono accattivanti e soprattutto, per una volta, la giovane frontwoman canta in inglese senza far trapelare l'accento nostrano! Ottima impressione.
Stratificazioni di chitarre e synth con i successivi Morning Parade, che devono accontentarsi di un pubblico ancora scarno seppur abbastanza reattivo. Il clima frena ancora i più a buttarsi nella mischia, che invece preferiscono starsene comodi sulla collinetta che cinge l'arena e risparmiare le energie per le band in cima al cartellone. A seguire The Wombats, formazione che con soli due album sembra già godere di una discreta fanbase. Riescono a racimolare un bel numero di teste che danno al parterre un aspetto decisamente meno triste e mettono su uno spettacolo coinvolgente, complici canzoni immediate e corali. La temperatura a questo punto è perfetta per godersi il set, che si chiude tra distorsioni e lancio finale di Telecaster sul palco.
Tocca ai White Lies. Siamo al tramonto e il gruppo entra in scena come al solito in camicia, con la classe e la compostezza che lo contraddistinguono. Purtroppo però si rivelano presto l'unica nota dolente del festival. Sia ben chiaro, su di loro non c'è proprio niente da eccepire. Pagano però il fatto di essere più maturi, sofisticati e poco ballabili e, anche a causa di scelte di setlist sbagliate in questo contesto, non riescono a far dimenare i presenti, che anzi sembrano quasi annoiarsi.
E' ormai sera. Si avvicina uno dei live più attesi. Il pubblico è trepidante e l'eccitazione è palpabile. Le luci delle macchinette costellano la platea, pronte ad immortalare l'ingresso dei Kasabian. La band sprigiona energia rock psichedelico-spaziale e le luci di scena, che illuminano il palco per la prima volta, contribuiscono a creare un'atmosfera di grande impatto visivo oltre che sonoro. La gente apprezza, tanto. A riscuotere maggiore successo i singoloni, che trasformano l'arena in un grande dancefloor.
I Kasabian vincono per la scenografia, ma il cuore di molti, è chiaro, appartiene agli Arctic Monkeys. Entrano senza troppi fronzoli e iniziano a spaccare! Meno apparenza, più fatti: c'è la musica al primo posto e quella delle scimmie artiche è suonata a regola d'arte. E poi c'è il carisma di Alex Turner, con quel viso da ragazzino burlone, che si muove sicuro sul palcoscenico some se si trovasse nel salotto di casa sua. Il feedback del pubblico si sente soprattutto sui pezzi dei primi dischi, quelli che ti sbattono in faccia senza chiederti il permesso un suono ruvido, diretto, carico. Su Fluorescent Adolescent c'è un vero e proprio esodo dalla collinetta verso lo stage, un richiamo alla condivisione di uno dei momenti più intensi della serata. A pieno titolo headliners della prima giornata di festival.
Chiudo con un pensiero personale che sento il bisogno di esternare: peccato per The Vaccines!
(La foto dei Wombats dal vivo a Bologna è di Sara Pasquini)
Articolo del
05/09/2011 -
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