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C’è un bosco in un paese incantato, come nella tradizione delle favole. Nel bosco un ragazzo corre spaventato perché inseguito da un mostro: il ragazzo è Tamino, che stremato dalla fuga sviene, ma viene salvato da tre Dame che uccidono il mostro. Le tre Dame lavorano per la potente Regina della notte, che ha una figlia rapita dal cattivo Sarastro... C’è un narratore, che ci racconta la storia dell’opera di W.A. Mozart, portata ora in scena al teatro Olimpico di Roma dall’Orchestra di Piazza Vittorio. Forse, ancora molti non conoscono questa Orchestra, ed è un peccato. Composta per l’occasione da oltre venti elementi di nazionalità varie, è a mio parere uno degli esperimenti musicali meglio riusciti negli ultimi anni.
Nata da una idea di Mario Tronco, componente della Piccola Orchestra Avion Travel, e di Agostino Ferrante, documentarista, per la riqualificazione dello storico cinema Apollo di Roma, che sarebbe altrimenti divenuto una delle tante sale bingo della capitale, l’Orchestra ha rappresentato nel corso degli anni una delle realtà musicali più interessanti. Si è esibita in oltre 300 concerti in tutto il mondo, ha riunito (e non poteva essere diversamente, provenendo da quella Piazza Vittorio multietnica) componenti delle più svariate nazionalità, che spesso non parlavano neanche la stessa lingua e che, influenzati dal proprio background musicale, hanno saputo creare splendide miscele di sonorità attraversando i più diversi generi musicali senza in realtà fermarsi, per appartenenza, a nessuno di loro. Già, perché questo è a mio avviso il merito più grande dell’Orchestra: quello di sapere interpretare ogni genere, di saper suonare ogni strumento, di saper parlare in ogni lingua, ma di non appartenere a nessun genere: loro fanno Musica, e la Musica è uno straordinario veicolo di comunicazione che, quando riesce ad unire genti cosi lontane, strumenti cosi diversi, lingue cosi apparentemente incomprensibili, vuol dire che è riuscita a creare una magia che non può più essere etichettata, ingabbiata, schematizzata.
Ora l’Orchestra sta proseguendo il suo percorso di sperimentazione, e per l’appunto esibisce un riadattamento dell’opera di Mozart con il suo consueto approccio: la rappresentazione inizia con uno splendido assolo di tamburi, come a simboleggiare gli albori della musica, nata quando l’uomo ha cominciato a battere su qualcosa. Si finisce con la lirica, evoluzione al massimo livello della musica stessa. In mezzo pezzi reggae, pezzi rock, pezzi folk, pezzi dalle forti influenze arabeggianti, pezzi di musica classica. Pezzi cantati in spagnolo, in portoghese, in inglese, in arabo, in tedesco, e narrati da un istrionico, enorme nero (Omar Lopez Valle) che racconta gli accadimenti in spiccato accento napoletano. Geniale! E chi, come me, ha avuto la fortuna di vedere già l’Orchestra esibirsi nei suoi concerti, sa che l’atmosfera che la banda riesce a creare sul palco è sempre quella giusta: quella che ti fa ballare anche se non conosci la canzone; quella che ti fa viaggiare nel mondo anche se sei fermo li, sotto un palco; quella che ti fa capire, anche se chi canta parla un'altra lingua che non conosci; quella che ti fa applaudire, quando loro ironicamente alzano tutti le mai, ti salutano e se ne vanno.
Insomma, se non conoscete l’opera di Mozart, non preoccupatevi: l’Orchestra ve ne darà una rappresentazione digeribile per tutte le età, allegra, gioiosa, ironica, lontanissima dalla concezione della musica classica come musica di nicchia per soli intenditori. E se ancora non conoscete l’Orchestra di Piazza Vittorio, beh, questa è una buona occasione per farlo. Non perdetevela!
Al Teatro Olimpico di Roma fino al 2 ottobre 2011.
Articolo del
24/09/2011 -
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