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Ormai è tempo per il salto di qualità, quello alla fama vera, seppur il Circolo degli Artisti sia casa loro e loro vi suonino con la disinvoltura di chi prova nel garage di casa propria, ma mettendo da parte la gelosia che si prova nell’essere ammiratore di una band non troppo conosciuta e che quindi sente propria, in particolar modo perché non è ancora parte di quel mondo mainstream che inflaziona tutto e tutti, i Bud meritano di arrivare in alto e lontano, altrimenti c’è evidentemente qualcosa che non va. Non penso di esagerare infatti quando dico che i BSBE sono un patrimonio per la musica italiana, in grado di far innamorare anche chi è sempre stato più esterofilo. Gli esterofili, quelli che separano la musica italiana dal “resto che conta”, come se fossimo un paese musicalmente di serie B, dimenticano l’esistenza delle frontiere, abbattute dal sound travolgente di questa band che non conosce limiti di velocità e che investe chiunque la ascolti come un Freccia Rossa in piena corsa.
Salvo contattare direttamente l’Accademia della Crusca per creare nuovi aggettivi, non ci sono più termini per descrivere quanto portentosi siano i Bud Spencer Blues Explosion dal vivo, Adriano Viterbini ha i quattro cavalieri dell’Apocalisse uno dentro alla chitarra, uno nell’amplificatore, uno nei pedali e l’altro nel plettro, Cesare Petulicchio invece è come una dea Kalì con in mano i martelli di Thor. La platea invoca il loro nome, urla i testi delle loro canzoni, l’atmosfera del Circolo degli Artisti ha qualcosa di magico per i Bud, ma ormai inizia a diventare stretto e non mi riferisco solo al fatto che la tanta gente che accorre a vederli stia effettivamente stretta e stipata, ma al fatto che questa band è destinata a condurre la musica italiana a una dimensione superiore, come portabandiera di un nuovo corso che possa dire qualcosa a livello internazionale, anche un semplice “noi ci siamo” a nome di tutta una nazione, in cui i talenti ci sono, ma sono resi invisibili dal malvagio regno dei talent-show televisivi e di un rimanere esclusivamente ancorati ad una cultura musicale obsoleta e che rappresenta sempre meno giovani o che cavalca mode e tendenze usa e getta con interpreti miserabili. Una volta ho visto un libro sui White Stripes che si chiamava “Il blues spiegato ai ragazzini”, o qualcosa di simile, è stato tanti anni fa, ma se ancora me ne ricordo un motivo c’è e si chiama Verità. Come Jack e Meg White (ma non pensate solo a Seven Nation Army) possono fungere da traghettatori con i loro riff e le melodie veloci e catchy dalla modernità alle radici, quelle vere, così i BSBE possono assumere quest’onere in Italia, dicendo addio ed “è stato bello, ma ora devo andare” al mondo underground. L’album in uscita il prossimo 4 novembre, Do It, sarà il disco che segnerà questa svolta? Non c’è ancora dato saperlo, la performance del Circolo, purtroppo resa breve dalla comunque interessante finale del concorso musicale indetto dalla Jack Daniel’s, ha regalato qualche assaggio come la folgorante Più del minimo, caratterizzata da repentini cambi di tempo, ma anche un saggio di quella maestria nel non fermarsi alla semplice cover, ma di riadattare fino quasi allo stravolgimento pezzi di altri artisti di riferimento, come nel caso di Killing In The Name, firmata Rage Against The Machine, contenuta anche nell’Ep live Fuoco lento, registrato sempre al Circolo nemmeno troppi mesi fa. Ma l’aspetto più intrigante tra le anticipazioni di Do It, sono le ballate blues, tipicamente Delta, influenzate (come sospettavo, ma poi ho avuto la conferma dallo stesso Adriano) dal progetto parallelo di Viterbini, i Black Friday, specializzati in cover blues; ballate Delta che hanno preso il posto di quelle più italiane che invece erano presenti nel precedente lavoro. C’è stato spazio naturalmente anche per alcuni pezzi che ormai sono dei veri cavalli di battaglia, come Mi sento come se e Frigido, cantatissime dal pubblico ed anche Hamburger, che in realtà esiste già da un po’, ma che vedrà anche lei la luce dell’ufficialità con l’uscita del nuovo lavoro.
Quella del Circolo si può definire come una “sveltina” vista la durata della performance, ma quello che è stato assodato con certezza è che questa band non fa che incrementare il suo livello di sicurezza e consapevolezza dei propri immensi mezzi ad una base di talento ed energia che riesce a sconvolgere ogni volta anche chi li ha già visti altre volte sul palco e senza dover ricorrere a scenografie pirotecniche o altri aspetti che esulino dalla musica, pura e semplice.
Articolo del
20/10/2011 -
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