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David Crosby, classe 1941: 70 anni. Graham Nash, classe 1942: 69 anni. Apparentemente, due vecchi babbioni bolliti. E invece, live sabato 29 a un Gran Teatro Geox di Padova stimatissimo nei suoi 2500 posti, complice una band stellare (il funambolico Shayne Fontaine alla chitarra, capace di eseguire filologicamente assoli ormai storici, figli perlopiù delle corde di Stephen Stills o Neil Young, come di rivelare decisa personalità; Kevin McCormick al basso, già con Jackson Browne; Steve DiStanislao alla batteria, rubato, come racconta Nash in un gustoso siparietto, a David Gilmour; il figlio di Crosby James Raymond alle tastiere, autore di uno spettacolare assolo jazz su Déjà Vu), questi due nonnetti dei fiori fin dal primo pezzo dimostrano di saper pettinare il pubblico con un volume di fuoco probabilmente più potente e definito di quello di cui erano in possesso a 25 anni.
L’apertura è una inaspettata e potentissima Eight Miles High, marzo 1966, pescata dal repertorio Byrds, prima band di Crosby. Platea e tribune, affollate in gran parte da coetanei dei due, over & over “anta” (ma ci sono anche degli “enti” e degli “enta”, provenienti per lo più da Slovenia ed Austria, come dimostrano le targhe nel parcheggio), sono da subito stregate e conquistate. Il secondo pezzo chiarisce subito la struttura del live: un brano di Crosby, uno di Nash. È Wasted On The Way, 1982, dall’ultimo ruggito degno di nota su vinile di CSN, Daylight Again. Long Time Gone e Marrakesh Express stendono letteralmente il pubblico. Dato ai fans ciò che vogliono, Crosby & Nash inseriscono un po’ di brani per loro meno consunti dal tempo come Lay Me Down (2004) o Old Soldier (1998), pregevoli, ma sicuramente più deboli dei grandi classici. Il concerto vive un po’ in tono minore per una ventina di minuti (va detto che si tratta comunque di brani per cui i Fleet Foxes darebbero più di qualcosa per averli scritti loro), fino a quando i due esperti prestigiatori estraggono dal cappello a cilindro perle come Wind On The Water (1975), Almost Cut My Hair (1969) e l’impareggiabile Déjà Vu, potente ed immaginifica come non mai, capace di alternare grinta rabbiosa e sovrumani silenzi dell’anima, in una versione persino migliore di quella storica, in grado di virare sul jazz per poi planare in placide atmosfere alla Gilmour. Forse il momento più alto dei tutto il concerto, che induce ingenuamente a chiedersi se è proprio tutto mestiere o se magari loro due, là sopra, si emozionano ancora a suonare la Storia del Rock, e se gli vengono in mente, a sprazzi e barlumi, quei momenti in cui componevano queste autentiche pietre miliari della musica dell’ultimo secolo. Ingenuità beate, indotte dal potere ipnagogico della psichedelia californiana, e che si placano nell’abbondante pausa di tre quarti d’ora che la band si concede: ché loro due sono vecchietti, si sa, ma anche gran parte del pubblico non scherza, come detto. La ripresa segue lo stesso schema: una manciata di classici da brivido (Lady of The Island, Guinnevere, Pur House), seguita da brani minori, complimenti agli italiani per aver votato no al nucleare, denuncia delle multinazionali U.S.A. che non vogliono pagare le tasse (che scatena il commento degli spettatori, tra l’amaramente ironico e il saggiamente vissuto, “I xé tuti compagni dapartuto!”, che in veneto vuol dire “Sono tutti uguali dappertutto”, per chi non è stato a Oxford). Poi è la volta di Orleans (dal mitico If I Could Only Remember My Name di David Crosby, uno dei più grandi album di sempre), Cathedral, Wooden Ships. Quindi, i bis, dopo omaggi di fiori, con tutti che si alzano dalle sedie e corrono sotto il palco: Chicago e Teach Your Children.
Mancano all’appello The Lee Shore, Triad, Cowboy Movie, Simple Man, Immigration Man, Page 43, Pre-Road Downs, I Used To Be A King, Mama Lion, Music Is Love: ma probabilmente il Cappellaio Matto e il Babbo Natale psichedelico le tengono in serbo per altre date, tanto per alternare e non annoiarsi troppo. Data l’età, forse questo potrebbe essere l’ultimo tour. “Mai visti così in forma, però!” si sentiva dire a diversi vecchietti non nuovi alla frequentazione dei due, sabato sera. Sarà bene non perderseli.
Articolo del
02/11/2011 -
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