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Come una calda notte di novembre, per assurdo questo ossimoro mai così realistico, visto lo strano clima che viviamo in questo mese, rispecchia la “temperatura” dell’esibizione di Apparat al Circolo degli Artisti. Il freddo di una sala, quella dei concerti del Circolo, si rischiava di avvertirlo quando durante l’esibizione della band di apertura, i Warren Suicide, l’affluenza era parecchio scarsa, poi come d’incanto ecco che il “sold out” che veniva pronosticato alla vigilia dell’evento prende forma e sostanza, complice anche il traffico capitolino e la precisione (tedesca come non mai) degli orari.
La performance di Apparat (a.k.a. Sascha Ring), ormai sempre più musicista, non si distacca di molto da quella che fece al Meet In Town (Cavea dell’Auditorium a Roma) quest’estate, con la differenza che l’atmosfera più intima e racchiusa del Circolo forse si presta di più al suo tipo di show, molto minimalista a livello scenografico. I lumini sparsi sul palco, molto simili a quelli usati anche negli ultimi tour dai Blonde Redhead, sono uno di quei dettagli minimali che, senza dover ricorrere a trucchi pirotecnici, riescono a dare l’impatto visivo adatto alla situazione, in alternanza con le luci soffuse e soffocate dal fumo. Atmosfere fosche, suoni sintetici e voce calda, sembra quasi la ricetta che portò i Depeche Mode al successo anni fa, troppi anni fa, ora i suoni e le tendenze sono cambiati ed il buon Apparat, ottimo come dj producer, ma ancora acerbo come artista a tutti gli effetti, deve ancora crescere, ma non è detto che non possa in un domani raccogliere l’eredita del trio inglese. Lo show nel suo complesso è godibile, sebbene l’atmosfera raccolta che avvolge il pubblico del Circolo non diventi in alcuni casi un boomerang, che costringe lo stesso musicista tedesco ad invocare il silenzio in maniera anche poco cortese “Please, shut the fuck up…!” La resa della band è complessivamente convincente e smentisce coloro i quali temevano il verificarsi di un’accozzaglia di suoni non amalgamati a dovere; si vede che c’è studio, lavoro e dedizione, ma allo stesso tempo grandi margini di miglioramento. La maggior parte della scaletta è incentrata sull’ultima fatica, The Devil’s Walk, prodotto dalla Mute e non più dalla sua etichetta originale la Shitkatapult, con la quale avevano visto la luce tutte le sue altre produzioni. Il desiderio di voltare artisticamente pagina però risente di un’adeguata esperienza in materia e non è un caso infatti che i pezzi del più recente album “suonato” non riscuotano lo stesso apprezzamento rispetto ai classici, Arcadia e Fractles su tutti, che risalgono invece ai tempi gloriosi di Walls, insieme naturalmente all’altro brano che ormai può dirsi insignito del grado di “classico”, ovvero Rusty Nails, dal repertorio Moderat (Modeselektor + Apparat). Non una semplice “chicca” bensì vero e proprio valore aggiunto è stata l’introduzione di due membri dei Warren Suicide che si sono aggiunti in qualità di violinista e violoncellista per gran parte dello spettacolo aggiungendo spessore allo show.
In definitiva non è assolutamente un male che uno dei più attivi e propositivi esponenti della musica elettronica europea si sia votato alla musica “suonata”, l’importante è che questo sia un punto di inizio e non di arrivo, perché le capacità sono innegabili e saranno senza dubbio i lavori e gli spettacoli futuri a dirci con certezza di che pasta è fatto Apparat.
Articolo del
11/11/2011 -
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